“La Stranezza”: realtà e finzione nel film di Roberto Andò, commento di Carmelo Sciascia

Ci sono dei film che finiscono coi titoli di coda, ce ne sono altri che invece iniziano proprio dai titoli di coda. O meglio, non finiscono mai. I primi finiscono con le luci che si accendono in sala, uscendo se ne è già dimenticato, dimenticato di tutto e di tutti, cioè del regista, degli attori, della trama e perfino del genere stesso.

Altri,  che spesso ci tengono inchiodati allo schermo, non finiscono mai, continuano a presentarsi costantemente nella nostra vita quotidiana anche nei momenti meno opportuni.  Questi film faranno parte della nostra formazione culturale perché entrano in rapporto diretto col nostro modo di vedere il mondo. 

Mi è capitato di vedere “Stranezza” di Roberto Andò, di restare seduto durante i titoli di coda e di avere la sensazione che il film non fosse terminato. Ho avuto la sensazione di guardare un film già visto e nello stesso tempo vedere un film in lavorazione, come se si dovesse  continuare a girare. Assistere alla visione di  un film,  conoscere i luoghi dove è stato girato, conoscere le storie narrate è  coinvolgente, ci rende maggiormente partecipi, quasi comparse insieme ad altri personaggi dello schermo.

Ho visto il film “Stranezza” a Girgenti, la terra di Pirandello, un film ispirato in qualche modo da Leonardo Sciascia e realizzato oggi “a futura memoria”: e la memoria ha un futuro come ne avrà questo film. Pirandello ed Agrigento, un inscindibile binomio da cui non si può prescindere. Come è logico per ogni scrittore sincero, ma in maniera particolare, per un autore come Pirandello.  Ca va sans dire, ciò è vero, per ogni autore siciliano. La stranezza per chi arriva ad Agrigento è vedere l’estrema bellezza  convivere con l’estremo degrado.

La bellezza del paesaggio convive in stridente armonia con l’immondizia nei cigli delle strade, la bellezza del passato, come i santuari nella valle dei templi, convive con fatiscenti  fabbricati vuoti, scheletri in cemento che stanno a testimoniare un atteso sviluppo industriale ed economico di là da venire (è un’edilizia che  aspettando Godot testimonia la precaria staticità immobiliare). Così come nella realtà territoriale anche nel film convivono due anime, ma in questo caso due anime belle: il teatro ed il cinema, la comicità e la serietà. O meglio ancora: la vita reale e la finzione scenica. “I sei personaggi in cerca d’autore” con il loro comparire in teatro ed irrompere sulla scena hanno rivoluzionato il teatro, hanno dissolto la quarta parete. Sono personaggi reali che casualmente intrecciano relazioni (si incontrano e si scontrano) con i personaggi veri del teatro.

Sono persone reali che reclamano un ruolo di personaggi, sono, come ci suggerisce Pirandello e ce lo ricorda Andò, personaggi in cerca di un autore. Diventare personaggio vuol dire non solo sopravvivere ma diventare addirittura immortale. Un’opera insignificante, come la recita di dilettanti in uno sperduto paese siciliano, diventa la premessa per creare un’opera universale: questa è la letteratura! La comicità riesce a volte a rendere comprensibile e leggera un’opera che facilmente comprensibile e leggera non è. Già riuscire in questo è opera difficilissima e perciò meritoria, il regista in quest’operazione è stato perfetto. Si guarda il film ed è come  assistere a scene che si sono viste nel teatro di un qualche sperduto oratorio di paese (o di città).

Da spettatore, avviene una metamorfosi, si diventa attore.  La comicità a volte sfocia nella  tragedia,  nel teatro come nella vita reale. Rimanda questo film ad un altro che ha vinto l’Oscar, mi riferisco a “Nuovo cinema paradiso”. C’è nel film di Tornatore la ricostruzione di un cinema, un cinema dove gli attori non sono i personaggi della scena ma gli spettatori.  Gli spettatori  si scambiano battute, la platea si anima, si scalda  il loggione, l’atmosfera si surriscalda ma tutto finisce in una comune e condivisa ilarità. Ed allora il cinema diventa teatro, ed il teatro cinema.  Questa è la magia di ogni spettacolo che rapisce lo spettatore e lo risucchia sulla scena, lo rende attore: protagonista o comparsa è secondario. 

Grazie al regista Roberto Andò, a Toni Servillo (Luigi Pirandello) , a tutto il cast da Salvatore Ficarra (Sebastiano Vella) a Valentino Picone (Onofrio Principato), a chi compare in poche scene come Luigi Lo Cascio (capocomico) o Giulia Andò (Santina) che con poche battute hanno modo di confermare la loro bravura. Non fanno fatica gli attori siciliani ad indossare le maschere, sanno cogliere bene lo spirito del personaggio loro assegnato in questo film  perché nei loro paesi, conoscono bene la tragica comicità della vita  quotidiana dell’isola. Grazie soprattutto a Luigi Pirandello che tornando nella sua Girgenti ( e nel 1920 realmente andò anche a Catania per fare personalmente gli auguri a Giovanni Verga per il suo ottuagenario) dà l’incipit a questo film.

E grazie a Leonardo Sciascia che avendo regalato un libro (la biografia di Pirandello curata da Gaspare Giudice) al nostro regista gli ha dato, anche se involontariamente, l’idea per realizzare questo film. In effetti, quella biografia, come ci suggerisce lo stesso Andò, si rivelò una lettura cruciale e gli diede una visione folgorante del labirintico intreccio di vita e arte di cui si compone il tortuoso universo pirandelliano. È la letteratura, bellezza!

Carmelo Sciascia (fonte: ilpiacenza.it )

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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