La scissione di Livorno del 1921, la nascita del Partito Comunista d’Italia in conformità con i 21 punti definiti da Lenin per essere ammessi alla Terza Internazionale, l’espulsione nel 1922 dei riformisti e la nascita del Partito Socialista Unitario

Il 15 gennaio 1921 a Livorno si aprì il XVII Congresso Nazionale del Partito socialista che terminò con la scissione della componente comunista che il 21 gennaio diede vita al Partito comunista d’Italia. Tra i fondatori del nuovo partito vi furono personaggi di spicco messisi in evidenza durante i moti come Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci.

In pratica nello stesso anno le diverse anime del movimento socialista si separarono a seguito della rivoluzione russa e della nascita dello Stato sovietico, dando vita a tre differenti partiti. Nel Congresso di Livorno, dopo giorni di dibattito serrato, i massimalisti unitari di Giacinto Menotti Serrati raccolsero 89 028 voti, i comunisti puri di Amadeo Bordiga e di Antonio Gramsci 58 783 e i riformisti concentrazionisti di Filippo Turati 14 695.

I comunisti di Bordiga uscirono dal congresso e fondarono il Partito Comunista d’Italia (PCD’I), al fine di adeguarsi ai “21 punti” dell’Internazionale Comunista. Lenin aveva invitato il PSI a conformarsi ai suoi dettami e a espellere la corrente riformista di Turati, Claudio Treves e Camillo Prampolini, ricevendo tuttavia il diniego da parte di Menotti Serrati, che non intendeva rompere con alcune delle voci più autorevoli, seppur minoritarie, del partito.

I 21 punti di Lenin per essere ammessi alla Terza Internazionale comunista

I 21 punti della Terza Internazionale erano le condizioni da rispettare per essere ammessi in quest’ultima, approvate il 7 agosto 1920. Il documento, ispirato in massima parte dal leader bolscevico Vladimir Lenin, è una pietra miliare nella storia del socialismo perché sancisce in modo inequivocabile e definitivo la frattura tra le sue versioni moderate e quella comunista. La stessa organizzazione si chiamava ufficialmente “Terza  Internazionale Comunista”, dopo le prime due “socialiste”. Una differenza non da poco.

Comunismo contro socialismo riformista

La differenza tra socialismo e comunismo è spesso molto difficile da afferrare. Entrambe le parole, in generale, designano una filosofia che ha il fine di socializzare i mezzi di produzione, cioè di renderli proprietà della collettività anziché dei privati. Nel sentire collettivo, il comunismo è spesso visto come una forma estremista del socialismo. Quanto c’è di corretto in questa frase?

La risposta possono darcela proprio i 21 punti. Infatti, essi sono pervasi da una netta contrapposizione tra il comunismo della Terza Internazionale da un lato e il socialismo e la socialdemocrazia dall’altro. Con questi ultimi due termini, infatti, si identificano i partiti riformisti che, secondo i comunisti, hanno abbandonato la via della lotta rivoluzionaria e tradito, così, la classe proletaria.

Per capire questa accusa, dobbiamo ricordare che alla versione estremista del socialismo, così come propagandata dai bolscevichi e dalla Terza Internazionale, si erano quasi da sempre contrapposte sue interpretazioni più moderate, che non rifiutavano a priori, ad esempio, l’esistenza dello Stato o il dibattito parlamentare. Basti pensare che la Seconda Internazionale (“Socialista”, non a caso) aveva espulso, a suo tempo, coloro che invece mantenevano tali posizioni oltranziste.

Dalla Seconda alla Terza Internazionale

Si tratta di un riformismo che, per i bolscevichi, non aveva nulla a che vedere con il vero socialismo. Essi, dunque, dopo che la Seconda Internazionale si sciolse in seguito alla prima guerra mondiale, ne convocarono una Terza nel 1919. Questa volta, però, avrebbe dovuto prevalere la loro interpretazione del socialismo: una filosofia oltranzista, rivoluzionaria e anti-legalista cui diedero, per differenziarla dalla tradizione precedente, il nome, appunto, di “comunismo”.

Quanto appena detto emerge molto bene leggendo proprio i 21 punti fissati dai bolscevichi per l’ammissione, adottati al Secondo Congresso. Per analizzarli al meglio, è possibile suddividerli in due gruppi principali: quelli dedicati alla lotta contro il riformismo e quelli, molto meno numerosi, che danno indicazioni su come organizzare l’attività rivoluzionaria.

I 21 punti contro il riformismo

I 21 punti colpiscono tutte le caratteristiche della tradizione riformista. L’1, ad esempio, chiede che ogni forma di propaganda abbia carattere schiettamente comunista e che tutte le pubblicazioni dei partiti siano subordinate ai loro organi direttivi. Il socialismo, al contrario, ammette da sempre molta più dialettica interna. Contro di esso, i 21 punti chiedono l’espulsione di tutti i riformisti anche revisionando periodicamente gli iscritti, l’abbandono di qualunque forma non solo di patriottismo, ma anche di pacifismo (6) e, in generale, di tutta la tradizione centrista (7). Quest’ultimo punto fa una serie di nomi espliciti, tra i quali figura anche Filippo Turati, uno dei fondatori del nostro Partito Socialista.

A tal proposito, il punto 17 impone, per sottolineare anche dal punto di vista onomastico la rottura con il passato, di adottare come nome “Partito comunista del tale paese – sezione dell’Internazionale comunista”.

Uno degli elementi più contestati della tradizione riformista sono le sue organizzazioni decentralizzate. Basti pensare che la Seconda Internazionale era più una federazione che un vero centro di coordinamento. La Federazione Internazionale dei Sindacati, ad esempio, ne era completamente indipendente. Il comunismo, al contrario ritiene che la guida della lotta operaia debba essere il più unificata possibile.

I 21 punti condannano allora la suddetta “internazionale di Amsterdam dei sindacati gialli” (10) e chiedono ai partiti membri di subordinare tutti i loro parlamentari ai loro organi direttivi (11), avere organizzazioni centralizzate (12) e, coerentemente, essere del tutto sottomessi alle Terza Internazionale. Essa deve approvare i loro programmi (15), può prendere decisioni per essi vincolanti (16) e tutti i suoi documenti ufficiali devono sempre essere pubblicati dai loro organi di stampa (18). Il punto 21 è ancora più categorico: “Quei membri del partito che respingono (…) le condizioni e le tesi esposte dall’Internazionale comunista debbono essere espulsi”.

Gli altri punti

Il secondo gruppo dei 21 punti affronta questioni di natura organizzativa. I partiti vengono esortati a crearsi una rete illegale per prepararsi alla rivoluzione che, all’epoca, sembrava imminente in tutta Europa. Viene, inoltre, ricordato il valore della propaganda e dall’agitazione non solo tra le fila dell’esercito ma anche tra i contadini. Quest’ultimo è un punto che differenzia il comunismo leninista dalle teorie di Marx che, invece, assegnavano un ruolo privilegiato alle avanguardie operaie.

Degli ultimi quattro punti, due, il 19 e il 20, trattano delle modalità tecniche di ammissione dei partiti, mentre i restanti, cioè l’8 e il 14, vertono su temi centrali per la storia della dottrina comunista. Il primo, infatti, parla dell’imperialismo e di come esso debba essere contrastato in ogni maniera.

Questo argomento è da sempre uno dei più discussi dalle filosofie socialiste, e in particolare dalla tradizione leninista. Il punto 14, infine, è una sorta di profezia, in quanto anticipa perfettamente il futuro del comunismo. Esso, infatti, impone ai partiti dell’Internazionale “appoggio incondizionato alla repubblica sovietica nella sua lotta contro le forze controrivoluzionarie”. Una spia di quella che sarà la successiva identificazione tra il comunismo e un Paese specifico, per l’appunto l’Unione Sovietica.

Fonte: lacooltura.com (articolo di Francesco Robustelli)

Il XIX Congresso del Partito Socialista nel 1922, l’espulsione dei riformisti, la nascita del PSU

Abbiamo visto che il segretario del Partito al Congresso di Livorno rifiutò l’espulsione dei riformisti ma nell’estate del 1922 Turati, in contrasto con la disciplina del partito, si recò dal re Vittorio Emanuele III per le rituali consultazioni in occasione della crisi di governo, nella quale non fu possibile raggiungere un accordo fra i socialisti e Giolitti, per cui il re diede l’incarico di presidente del Consiglio a Luigi Facta.

Per aver violato il divieto di collaborazione con i partiti borghesi, nel corso del XIX congresso del 3 ottobre 1922 la corrente riformista venne espulsa dalla maggioranza massimalista, pochi giorni prima della marcia su Roma di Mussolini.

Turati e i suoi diedero quindi vita al Partito Socialista Unitario (PSU), di cui fu nominato segretario il deputato del Polesine Giacomo Matteotti.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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