Piacenza: “Il tempo di Rosa Luxemburg, tra riforme e rivoluzione”, incontri sulla vita e l’impegno della Rosa Rossa

Cento anni fa veniva uccisa con un colpo di pistola alla testa la Rosa rossa della sinistra che aveva dedicato tutta la sua esistenza alla lotta per l’emancipazione dei lavoratori

Rosa Luxemburg nacque in Polonia nel 1871, anno della Comune di Parigi. Nel corso della sua breve vita, conobbe tre grandi rivoluzioni e prese parte ai più importanti dibattiti tra i socialisti internazionali che erano alle prese con il problema dei lavoratori e del come essi avrebbero dovuto lottare e prendere coscienza del bisogno di cambiamento della società. Rosa fu marxista, creativa e ragionevole, pronta a difendere le idee di Marx ed Engels ma predisposta a svilupparle, se necessario. All’età di 18 anni, una repressione di Stato la forzò all’esilio presso Zurigo. Quando si trasferì in Germania, nel 1898, si era già affermata tra i socialisti internazionali come pensatrice marxista. Si attivò all’interno del partito socialdemocratico tedesco, il più grande partito a favore della classe operaia del mondo. Schieratasi fermamente nel 1914 contro l’adesione della Socialdemocrazia alla guerra, abbandonò il partito, giudicandolo ormai un “cadavere maleodorante”; e nel 1915 fondò insieme a Karl Liebknecht la Lega di Spartaco, un movimento collocato sull’estrema Sinistra e che prendeva il nome da quello Spartaco che aveva condotto la rivolta degli schiavi a Roma e che tanto caro era a Marx stesso. Proprio la Lega di Spartaco, dopo il conflitto, promuoverà la fondazione del Partito comunista tedesco. Quando nel 1919 partecipò all’insurrezione operaia, la Luxemburg fu brutalmente massacrata dai soldati inviati dal governo socialdemocratico a soffocare tale insurrezione. Mentre veniva condotta in carcere, il suo cranio fu sfondato a colpi di calcio di fucile e il suo corpo fu gettato in un fiume, per poi ricomparire parecchio tempo dopo.  Al cuore della riflessione della Luxemburg sta il problema di come stia evolvendo il capitalismo nella cornice della nuova epoca, caratterizzata dall’imperialismo più sfrenato, dalla politica coloniale condotta ferocemente dalle potenze europee, dalla sempre più forte tendenza alla formazione di monopoli. Questi tratti peculiari del capitalismo novecentesco, portano la Luxemburg a trarre le seguenti conclusioni: la crisi definitiva del capitalismo, che lo porterà inevitabilmente al crollo, è rappresentata dall’imperialismo, che s’impadronisce gradatamente di sempre nuove aree di mercato nei paesi che ancora non conoscono lo sviluppo capitalistico. Questa dinamica, però, determina al tempo stesso il limite di sviluppo del capitalismo, che a un certo punto si trova privo di possibilità di espansione del mercato: in questa situazione diventa non possibile, ma necessario il crollo del capitalismo di fronte alla rivoluzione proletaria. La transizione dal regime capitalistico al socialismo non può secondo la Luxemburg avvenire mediante il dibattito parlamentare ma soltanto per via rivoluzionaria, mediante la sollevazione spontanea delle masse e non attraverso la guida dall’alto di un partito. Proprio per questa ragione, nel 1917, la Luxemburg saluterà dapprima con grande entusiasmo la Rivoluzione Russa per la sua spontaneità, ma ben presto ne condannerà gli sviluppi dittatoriali, già embrionalmente presenti nel fatto che essa era stata guidata dall’alto da un partito e non dalla base delle masse spontaneamente organizzate. Nell’attenta analisi della Luxemburg, viene dato molto peso al militarismo: esso ha svolto, da sempre, un ruolo decisivo nello sviluppo del capitalismo, rendendo possibile la conquista manu militari di interi continenti e la proletarizzazione degli indigeni; il militarismo ha poi giocato un ruolo decisivo come arma della lotta di concorrenza fra paesi capitalistici per il controllo di aree non ancora capitalisticizzate. Il militarismo è dunque il più fruttuoso alleato del capitalismo. Sicché, secondo la Luxemburg, è la guerra (come esito necessario del capitalismo), ancor più delle crisi economiche, a rendere necessaria la rivoluzione. Il marxismo della Luxemburg rifiuta l’idea dell’inevitabilità del socialismo, il quale è a suo avviso una possibilità all’interno della storia; e però accetta l’idea dell’inevitabilità del crollo del capitalismo: quando il capitalismo sarà (e lo sarà necessariamente) crollato, si potrà scegliere tra l’alternativa del socialismo o quella dell’anarchia, intesa negativamente come degenerazione. L’alternativa si configura allora come “socialismo o barbarie”, secondo un’espressione cara alla Luxemburg. nche se non “destinale”. Ciò significa che nella storia non c’è nulla di fatale, ma neanche nulla di arbitrario. Proprio per questo motivo, è necessaria una lotta quotidiana del proletariato per favorire il crollo del sistema capitalistico. La Luxemburg si trova (seppur solo provvisoriamente) d’accordo con Lenin nel propugnare la versione rivoluzionaria e dialettica del marxismo: come abbiamo detto, quando la Rivoluzione Russa si capovolgerà in dittatura sul proletariato, ella dissentirà dal rivoluzionario russo. Ma ella si era già schierata apertamente contro Lenin allorché ne aveva aspramente criticato l’opera Che fare?. Contro le tesi di Lenin, ella aveva sostenuto che nessun comitato centrale del partito è in grado di supplire all’assenza o all’immaturità di un movimento operaio sviluppato. Perché ci possa essere una rivoluzione, ci vuole un movimento operaio ben organizzato: non basta (come s’illudeva Lenin) un ben organizzato partito fatto di pochi intellettuali. La Luxemburg fa sempre e di nuovo leva sulla spontaneità del movimento operaio, dalla cui iniziativa dipende la rivoluzione. Dopo lo scoppio della rivoluzione del 1905 in Russia, ella sostenne a più riprese che si trattava di far sviluppare il più possibile i soviet, da lei intesi come espressioni di una più alta forma di democrazia rispetto a quella borghese. Nello scritto La rivoluzione russa (1918), composto in carcere, la Luxemburg conduce una sferzante requisitoria contro il leninismo, accusandolo di essersi presto capovolto in una dittatura e di aver erroneamente inteso come reciprocamente elidentisi democrazia e dittatura: si tratta invece di coniugare queste due componenti, dando vita ad una dittatura di classe caratterizzata dalla massima partecipazione delle masse popolari in una “democrazia senza limiti”.    

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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