“Fate in Blu, Fate Infermiere”, firmacopie alla Fahrenheit 451 per un libro complesso, non di solo Covid, come sottolinea Alessandro Pavese

4 febbraio 2023: Firmacopie alla libreria Fahrenheit

Sì, “Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid“, come ha commentato Alessandro Pavese dopo averlo acquistato e letto, è un libro complesso. Perché racconta del contagio, dei lunghi terribili giorni in bilico tra la vita e l’abbraccio della Nera Signora, dei tanti che non ce l’hanno fatta in quei primi mesi nei quali nessuno sapeva come affrontare quello che chiamo il Tigre. Racconta poi del dopo, del recupero, dell’impegno per salvare il salvabile e infine per riflettere, rivivere, recuperare il proprio essere, il mio passato per riappropriarmi del presente orientato ad un futuro possibile.

Respiro, illustrazione di EA (Edoardo Arzani)

Come racconto nel libro, in quel febbraio 2020 ero pronto per la pubblicazione di un libro pensato innanzitutto come saluto a colleghi e colleghe in occasione della pensione prevista per il 2 maggio. Ero il Direttore della direzione amministrativa della rete ospedaliera dell’Asl piacentina, definito un ‘Direttore anomalo’, perché prima di tutto – mi piace pensare – dalla parte dei lavoratori.

Pier-Paola Molinari, tra le prime acquirenti di
“Fate in Blu, Fate Infermiere”

Semplicemente perché consideravo importante il servizio che ciascuno, a prescindere dal ruolo svolto, rendeva ai cittadini. Ma come mai questa che appunto veniva definita un’anomalia? Niente più che la storia e la sintesi di tutta la mia vita, la scelta di da che parte stare nel nostro mondo. Ecco, e in proposito avevo pronto un libro – “Nelle fauci degl’Agnelli – Cronache in versi e in prosa dell’incontro con un Re, Sua Maestà il ’68. A seguire le ballate del ’77, le storie dei Quadri Fiat al servizio del padrone, il far di conto con i miti che si rivelano di seconda mano” – che, narrando dei miei trascorsi politici sin dal tempo del Movimento Studentesco e della mia esperienza nella grande Fabbrica Italiana Automobili Torino negli anni ’80, doveva essere stampato entro quel 2 maggio e rappresentare innanzitutto un momento di quella che doveva essere la festa di saluto dopo tanti anni di lavoro nella sanità pubblica.

In dialogo con Maria Teresa Lazzara

Bene, il Covid aveva bloccato tutto questo, il 2 maggio quando é arrivato mi ha trovato dopo 40 giorni dal ricovero d’urgenza ancora ospedalizzato nel chiuso di un reparto visite vietate, medici e infermieri bardati come a Chernobyl e di giorni, prima di tornare a casa da Dalila, ne dovevano passare ancora più di altrettanti, per l’esattezza 47.

L’autore in vetrina con Fausta e Carlo Molinari

Da quel 17 giugno sono iniziate le settimane e i mesi di recupero, le continue visite di controllo, le cure infinite e l’assistenza anche domiciliare necessaria e garantita: alla prima uscita da casa – a fine luglio – con un deambulatore accompagnato da Isabella e Valentina, due terapiste che venivano a casa, un amico commenta “ti conosco, ti sei ammalato per avere intorno due belle ragazze, non cambi mai, sei proprio tu“. Certo, anche questo è stato necessario per l’avvio del lungo recupero, l’assistenza fatta di cure al fisico, all’anima, alla vista, quell’insieme che garantiva la forza di vivere, di crederci, di non abbandonarsi al cane nero, la depressione, nonostante non poche difficoltà, l’insorgere di nuovi problemi, gli strascichi del Tigre che non smetteva mai di mordere. Così “Nelle fauci degl’Agnelli” è rimasto al palo fino al novembre di quel 2020 per infine essere disponibile per colleghi e colleghe ma senza quella festa di saluto che sarebbe arrivata solo a dicembre 2022, oltre due anni dalla pensione.

Una tisana per Concetta Alberici

Ma attenzione: in quello stesso novembre il governo decretava il divieto per tutte le manifestazioni pubbliche per cui non solo niente festa ma anche niente presentazioni pubbliche in presenza e, in assenza di pubblico, sostenere adeguatamente un libro diventa difficile. Anche questa iettatura è stato un effetto del Tigre che, fino a giugno 2021, ha costretto tutti in “libertà limitata e vigilata” ma bastava crederci e aspettare. Ripeto: non cedere, mai, al cane nero (così gli inglesi definivano la depressione). Post vaccino e con l’arrivo dell’estate il Tigre, anche se non sconfitto e tantomeno completamente domato, non era più letale come all’inizio così tutti liberi, con cautela la liberi tutti.

Kella Tribi, autrice di una delle prime recensioni di
“Fate in Blu, Fate Infermiere”

Sono iniziate così le presentazioni, l’andar di contrada in contrada incontrando gente, disquisendo del passato, dei problemi del presente, del futuro. Come eravamo, come siamo, dove siamo arrivati, dove vogliamo andare. Meglio investire milioni di euro in un ospedale nuovo che soppianti quello attuale inaugurato nemmeno 30 anni fa oppure, anche in base a quanto insegnato dalla terribile pandemia, ristrutturare il “vecchio” e investire nella medicina del territorio e soprattutto nell’assistenza domiciliare? Continuiamo a sviluppare gli insediamenti della logistica con quel che ne consegue in termini di traffico e di inquinamento dell’aria ricordando che siamo trecentesimi tra le migliaia di Comuni in Europa? Pensiamo che inviare armi serva alla pace e non ad alimentare la guerra?

Luigi Bassi, già Direttore Risorse Umane Asl Piacenza

Non solo Covid, dunque: “Fate in Blu, Fate Infermiere” diciamo va oltre, non si limita al racconto individuale ma diventa espressione del vivere sociale ed è questo l’aspetto che Alessandro leggendolo ha colto portando la sua testimonianza di vissuto in quegli anni ’80 tirandone le fila e riflettendo a sua volta di quale possa essere il futuro ancora una volta dalla parte della gente, dei lavoratori. Riflessione e testimonianza del quale lo ringrazio.

Bernardo Carli, Presidente
dell’associazione di volontariato “Fabbrica&Nuvole

LA NOTA DI ALESSANDRO PAVESE DOPO LA LETTURA DI “FATE IN BLU, FATE INFERMIERE

“Caro Claudio, Mi chiamo Alessandro Pavese e ci siamo incontrati alla tua presentazione di Fate blu, alla Postumia, avevo appena conosciuto Francesco Bonomini. Ho letto il tuo libro quasi d’un fiato (diciamo in 3 sessioni) , devo dire che mi ha sorpreso positivamente: scrivere di un’esperienza così dura (all’incontro in libreria era difficile per me immaginare un calvario simile, il tuo, seppur le poesie, nella loro essenzialità, raccontarono bene il terrore per l’Altr/Ove) senza indugiare su dolore, sofferenza e paura in senso classico, un esercizio complesso il tuo, su te stesso: la tua attitudine di consumato cronista, nel raccontare questo “problema” ha centrato il taglio da dare a questa storia e l’ha resa, dal punto di vista narrativo, scorrevole ma densa di pathos, e anche di ethos, per fortuna. Ho ritrovato nel testo i 3 riferimenti a Francesco B. ed ho altresì capito il perché del numero da circo di Bonzo sulla sedia anche alla Postumia! Cercherò di leggere le altre tue cose, forse partirò da quello sulla Fiat … mi piace il tuo modo di narrare: essendo io torinese, questo è un tema che mi sta a cuore, non sono ortodosso come te nel giudicare gli Agnelli, sicuramente sono stati dei “reali”, antesignani e posatori in opera del capitalismo de facto. Pensa che nell’80 facevo prima superiore a TO e il 2 e 4^ giorno eravamo in sciopero contro i licenziamenti fiat, la marcia dei 40k … Provengo da una famiglia langarola, i miei emigrarono a TO nel 59, erano contadini con poche opportunità e senza una cascina di proprietà … mai l’avrebbero detto che le Langhe e il cuneese in generale avrebbero soppiantato la Brianza nel ranking del reddito medio pro-capite nazionale. Famiglia, ti dicevo, con 2 partigiani, profondamente intrisa di ateismo e anticlericalismo, sono stato naturalmente influenzato da questo ambiente, poi la città era proletaria per antonomasia. Credo di avere una decina di anni in meno di te, sono un ’66, mio fratello maggiore, un ’58, è stato in Lotta Continua fino ai 18 anni per poi passare a Lotta Comunista, ove “opera” ancora adesso che è in pensione, è tutta la vita che passa al circolo di Via Bardonecchia e non so quanti giornali abbia venduto door-to-door … Sono sempre stato critico con lui, sugli obiettivi dei loro studi, … devo dirti che forse alla fine aveva ragione mio fratello, prima o poi una nuova rivoluzione violenta ci sarà… Mi sono sentito di raccontarti queste ultime cose perché il tuo libro mi ha indotto riflessioni anche su questa parte della tua vita/professione. Rinnovo i miei complimenti per il tuo libro, non sono in grado di scrivere decenti recensioni (solo di dischi !!!) e Francesco aveva ragione, la tua esperienza è importante e questo libro è da leggere, covid a parte, perché è paradigmatico di un qualsiasi evento come quello e di quello che l’uomo vive in quel frangente. Ti saluto calorosamente, un saluto a tua moglie Dalila, a presto Alessandro Pavese”

In vetrina alla Fahrenheit 451 con l’autore in dialogo con Luigi Bassi s‘affaccia Enrico Forelli

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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