E anche in tempo d’auguri, gli Agnelli erano lupi e gli operai … licenziati: “Nelle fauci degl’Agnelli”, Pontegobbo edizioni

Sembrava che la sconfitta del padronato industriale fosse nei fatti, nella logica della politica. Ma non era così: gli Agnelli erano lupi e gli operai … licenziati. Erano gli anni ’80 e anche oggi ben che vada, cassintegrati.
(Illustrazione di Edoardo Arzani)

L’amico e compagno Giuseppe d’Orazio ha acquistato, letto e infine recensito nel gruppo fb ‘Recensiamoci un libro’ il mio “Nelle fauci degl’Agnelli” (Pontegobbo edizioni) con le parole (per le quali lo ringrazio) che riporto

Il compagno Claudio Arzani , ne ha superate di sfide difficili (oltre quella d’esser vero socialista in un paese dove quella stupenda parola viene considerata una bestemmia, e, addirittura amico mio) nel marzo scorso ha finanche sconfitto una forma assai aggressiva di covid e, non contento, ha voluto unire la sua passione per la poesia alla saggistica per raccontarci un pezzo di storia personale e politica (la e senza accento) in questo NELLE FAUCI DEGLI AGNELLI (Pontegobbo). Il libro ricorda lo splendido “Sirena Operaia” di un altro grande compagno piacentino Alberto Bellocchio (fratello del noto regista e del noto intellettuale) e si legge assai volentieri. P.s. in Sardegna ho mangiato ottima carne equina (leggendo capirete).

Il libro ha, come punto di partenza, la mia esperienza in Fiat a Torino negli anni ’80, ammesso ad un corso sotto l’egida formale dell’Associazione Italiana Direzione del Personale con la prospettiva della dirigenza nell’impero industriale della famiglia Agnelli, tempi di grandi licenziamenti operai e di durissimi scontri tra il padronato e i lavoratori. Con una attualissima domanda attuale: la classe operaia, la classe dei lavoratori continua ad andare in paradiso? Intanto FCA delocalizza la produzione all’estero, dai 135mila dipendenti di allora oggi ne registra a busta paga meno di 50mila, con un buon numero in cassa integrazione.

Prima che sia troppo tardi, la mia testimonianza

Prima che sia troppo tardi. Prima che il tempo inclemente copra di polvere, nasconda nelle nebbie dell’oblio i ricordi del passato. Il passato, il tempo da ricordare per capire il presente e impostare il futuro. Io, dalla parte di chi lavora e le ragioni, le motivazioni sono evidenti, affondano le radici nell’ambiente nel quale sono cresciuto, nelle storie di quanti hanno fatto parte del mio ambiente di vita. Mio padre, Fabio, era socialista iscritto CGIL, mio nonno, Francesco, era socialista e, mi raccontava mio padre, nei tempi bui del fascismo dominante lavorava per il sindacato clandestino. Remo Bonomini, marito di Olga, sorella di mio padre, intellettuale di famiglia (unico con un diploma, da ragioniere), era comunista (è stato assessore a Fiorenzuola), mamma Maria era contadina e come suo padre, nonno Cirillo, era socialista. Il fratello di mamma, Giovanni Signaroldi, prima manovale poi muratore, poi lavorante in cooperativa di consumo a Rottofreno, era comunista ed è stato candidato per il PCI. Solo se indaghiamo sul passato possiamo capire il nostro presente, tanto più in tempi difficili come quelli che viviamo, tempi di crisi delle ideologie, tempi dove sempre più sfumata è la chiarezza della direzione, dell’orizzonte, di dove sorga il Sol dell’Avvenire. Dove va la classe operaia, dove vanno i lavoratori? Vanno ancora in Paradiso ma lì continuano a mangiare fagioli? Prima che sia troppo tardi lascio una testimonianza. Partendo da quei 37 giorni che sconvolsero i rapporti industriali in Italia, i giorni dello sciopero contro gli annunciati licenziamenti in FIAT, Fabbrica Italiana Automobili Torino (oggi FCA), i giorni della grande contrapposizione tra il padrone detentore del potere economico e la forza lavoro, muro contro muro finito con una dura sconfitta sindacale. Da allora sono passati quarant’anni, la subentrata FCA continua sempre più ad imporre la sua visione, licenzia in Italia e delocalizza la produzione nei paesi emergenti dove il costo del lavoro risulta talmente basso da rasentare forme di sfruttamento da fine Ottocento. Per finire col delocalizzare sé stessa seguendo logiche unilaterali: nessuna forma di collaborazione con la forza lavoro, nessuna cogestione, il capitale resta il padrone e il lavoratore succube. Un esempio per tutto il mondo imprenditoriale che si intreccia con una crisi economica tale da mettere in discussione tutto il sistema produttivo occidentale e lo stesso ‘essere’ della classe lavoratrice all’interno della quale la classe operaia non è più l’elemento maggioritario o comunque trainante, in grado di proporre un progetto di sviluppo sociale adeguato alla nuova realtà. I poeti, si dice, sono sognatori, lontani dalla realtà e i miei sogni di una società equa nella quale padrone e lavoratore possono convivere in un punto d’equilibrio e di collaborazione ‘alto’ nella consapevolezza dell’importanza del ruolo di ciascuno dei due soggetti rischiano di restare illusioni. E qui finisce il mio contributo attivo portato avanti per quasi 50 dei miei sessantasei anni tra lotte studentesche, scelte politiche, impegno sindacale, attività lavorativa prevalente nel settore pubblico e, naturalmente, poesie. Dove ha portato il mondo la mia generazione? Non lo so e guardo il cancello di quella fabbrica nell’attesa vana degli operai in uscita con le loro biciclette, le vespe, le loro tute blu. Non esce più nessuno. La direzione della fabbrica ha predisposto un’altra uscita, dall’altro lato della fabbrica, da dove esce chi non è ancora stato licenziato per ristrutturazione aziendale, per introduzione della robotica e della meccatronica o per delocalizzazione nei paesi emergenti di linee di produzioni minori o addirittura dell’intera fabbrica. Operai specializzati, tecnici, ingegneri, i giovani praticamente tutti laureati, niente più vespe, niente più biciclette, tutti in auto, a ciascuno la sua. Allora. Prima che sia troppo tardi. Lascio una testimonianza, la mia testimonianza di una vita vissuta in un mondo che pare non esista più ma, per quanto mi riguarda, resta l’attesa del Sol dell’Avvenire che, mi auguro, sorgerà nel futuro prossimo venturo, quello che costruiranno i miei figli, che forse finalmente sarà giusto, equo, democratico, libertario, di sinistra. Dalla parte di chi lavora. Socialista.

Un grazie particolare per l’introduzione e la prefazione di Carmelo Sciascia, filosofo e artista, e di Gianluca Zilocchi, segretario generale Camera del Lavoro di Piacenza

L’ultima novità editoriale di Pontegobbo edizioni, “Nelle fauci degl’Agnelli” di Claudio Arzani, è disponibile in e-book al seguente link: https://www.torrossa.com/en/resources/an/4730546 oppure nei diversi siti internet come LaFeltrinelli.it, IBS, LibreriaUniversitaria, MondadoriStore, Amazon.it. A Piacenza è a disposizione nella libreria Farhenheit di via Legnano, alla Romagnosi e – a breve – alla libreria Coop dell’Ipercoop Gotico. A Castel San Giovanni alla libreria Puma. Infine può essere richiesto e prenotato dalle librerie dal distributore Libro.Co Italia. Buona lettura.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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