Ma quanti sono stati i morti causati dall’incidente di Chernobyl? La domanda é echeggiata, sabato 4 marzo nella sala luminosa del bar dell’ospedale di Fiorenzuola d’Arda in occasione della presentazione del libro ‘Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo‘. Da parte di un ingegnere che, in quanto tale, di fronte alle scelte della tecnologia a suo dire non può definirsi contrario pur non tacendo qualche dubbio.
La stessa posizione del resto dichiarata da Augusto Bottioni, ingegnere a sua volta, che, come testimoniato nel libro, in quel 1° maggio 1986 si trovava a Leningrado (l’attuale San Pietroburgo), quando forse la nube radioattiva arrivò in mattinata sui manifestanti della festa del lavoro e sicuramente nel pomeriggio arrivò nei cieli di Caorso determinando, un paio di giorni dopo, la decisione del Ministero della Salute di vietare il consumo di latte fresco dopo i prelievi sulle vacche al pascolo che avevano rilevato presenze di radioattività.
Quanti furono dunque i morti dell’incidente nucleare di Chernobyl, uno dei 137 disastri rilevati e riconsciuti, sicuramente il più grave della storia fino al 2011, quando terremoto e maremoto hanno provocato un incidente di pari gravità in Giappone, a Fukushima-Daiichì?
64 i morti di Chernobyl, causati direttamente dalle radiazioni secondo la versione delle autorità ‘ufficiali’. Ma quanti gli invalidi, quanti i suicidi per paura e mancanza di prospettiva, quanti i disturbi sociali, i tossicodipendenti, quanti gli alcolisti, quante la famiglie distrutte, quanti i bambini abbandonati, quanti i bambini ricoverati, quanti i bambini ospiti in orfanotrofi? Quanti i bambini rinchiusi in una stanza buia “per vedere se fanno luce verde“, come racconta Diana Lucia Medri, ‘bambina di Chernobyl’ oggi adottata nel nostro BelPaese?
Nella terra, in Bielorussia, in Ucraina, in Russia, continua ad essere presente il cesio che caratterizza i prodotti alimentari, incide sull’alimentazione umana e sul ciclo animale. Il latte, la carne, i prodotti della terra, dai funghi alle verdure, se inquinati incidono e diminuiscono le nostre difese immunitarie.
La leucemia é uno dei rischi più alti ma laddove le difese immunitarie si abbassano nessuna malattia é esclusa, anche se apparentemente non riconducibile direttamente al rischio radioattivo.
Così, l’ingegnere di Fiorenzuola (del quale purtroppo ignoro il nome), riporta il dato di una delle fonti ed ecco che i 64 morti diventano (‘tuttosommato solo’, par che dica) 400. Ma si tratta ancora una volta di un dato sottodimensionato, secondo altre fonti: GreenPeace denuncia dai 30 ai 60mila morti ‘indiretti’.
Chi può dire veramente quale sia la causa della nostra morte? La signora Ileana O. prende la parola con calma, per ricordare quel 1° maggio 1986, quando la nube radioattiva arrivava nel nostro BelPaese era in campeggio sul Gran Sasso. Nei giorni a seguire il marito, raccolti quei funghi enormi spuntati all’ombra dei boschi, ne ha fatto grande scorpacciata. Fu quella la causa della malattia? Fu quella la causa di quella malattia che si è rivelata incurabile? Una risposta che nessuno può dare ma che fa chiedere: il nucleare, l’ignoto, la scienza e la tecnologia che possono sfuggire al nostro controllo, il rischio, ne vale la pena?