“Il pornografo”, di Georges Brassens (traduzione di Salvo Lo Galbo)

Quando il jazz buca la tela, di Giorgio Turchetti

Quand’ero un piccolo boy scout
tremavo a dire oscenità
e se pensavo “Merda a te!”,
lo tenevo per me,
ma
oggi che non farei un quattrino
senza un linguaggio da facchino,
uso più merda quando impreco
che se defeco.

Sono il bifolco
del microsolco,
lo sporcaccione
della canzone.

Per divertir le gallerie,
m’invento due corbellerie
su cui sciorino un vituperio
spesso senza criterio,
ma
quando rincaso e l’uscio è chiuso
nella mia psiche, m’autoaccuso
“Ripassa un po’ di galateo,
brutto plebeo!”

Sono il bifolco
del microsolco,
lo sporcaccione
della canzone.

I sabati che mi confesso
mi pento d’inneggiare al sesso
e giuro al nero marabù
di ridurlo in tabù,
ma
per evitar che i paparazzi
s’impiccino dei miei intrallazzi,
torno da me a tirare in ballo
le chiappe e il fallo!

Sono il bifolco
del microsolco
lo sporcaccione
della canzone.

Si sa che la mia concubina
ha una natura libertina
che l’incita a sdraiarsi nuda
con il primo in bermuda,
ma
come si può, siamo sinceri,
parlarne con dei salottieri
e omettere che ha un gran rossore
sul posteriore?

Sono il bifolco
del microsolco
lo sporcaccione
della canzone.

Forse mi buscherei un alloro
se mi degnassi del decoro
di scrivere elegie amorose
un po’ meno scabrose,
ma
l’angelo mio fa “Marameo!
E’ inutile che fai il Romeo;
l’unico amore che ti spetta
è la marchetta!”

Sono il bifolco
del microsolco
lo sporcaccione
della canzone.

Quando al padrone del locale
propongo qualche madrigale
col birignao e con l’erre moscia
qual brav’uomo s’angoscia
e
dice, mentre si toglie i tappi,
“Se vuoi cantare i fiori, sappi
che ve ne sono di più belli
dentro ai bordelli!”

Sono il bifolco
del microsolco
lo sporcaccione
della canzone.

Ai primi lividi d’occaso
dal mio balcone spingo il naso
e, intanto che la cena bolle,
guardo le folle,
ma
non ditemi di farci, no,
quanclhe canzone in cui dirò
che amo guardarli dai balconi
certi coglioni!

Sono il bifolco
del microsolco
lo sporcaccione
della canzone.

Quanto pattume clericale
che mi vedrò sul capezzale
supplica che il demonio emerga
a inforcarmi le terga,
ma
sa bene il grande Manitù
che canto ciance o poco più:
mi accolga almeno lui e non tema,
all’ora estrema,

questo bifolco
del microsolco,
lo sporcaccione
della canzone!

Inferno, di Gianni Marrone

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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