Domenica 30 Ottobre 2016, ore 7.40, una forte scossa di terremoto (6.5 della scala Richter) devasta il centro storico di Calderola, molti edifici crollano, l’80% è inagibile e tutta la zona viene dichiarata zona rossa, gli abitanti in fuga. Inagibile anche il cimitero comunale, dove sono stati messi i sigilli: i muri si sono aperti e delle bare sono uscite scoperchiandosi. Gravemente danneggiato anche l’edificio che ospita l’istituto comprensivo De Magistris, dove erano ospitate le scuole elementarie e medie.
Scatta la solidarietà di tanti volontari che da tutta Italia accorrono per dare una mano. Tra questi, per un turno organizzato dalla Regione Emilia dal 10 al 17 dicembre, due giornalisti aggregati al gruppo degli alpini di Piacenza, tra cui Antonella Lenti, all’epoca vicecaposervizio del quotidiano Libertà.
Un’esperienza che va oltre la professione, racconta l’autrice, vissuta appunto più come volontaria che come giornalista e che alla fine ha prodotto il racconto-diario pubblicato da Pontegobbo.
Mentre la maggior parte dei piacentini viene impegnato nella mensa per garantire colazione, pranzo e cena ai residenti ospitati nelle tende, nelle roulotte, nei container, Antonella è destinata alla ‘segreteria’ dove regna la burocrazia. Che in realtà si rivela il luogo dell’organizzazione: bisogna sapere quando un nuovo gruppo di volontari arriverà, quando se ne andrà per poter provvedere ad ordinare gli alimentari, per raccogliere le esigenze dei cittadini, dal vestiario alle coperte perchè la notte vissuta nelle roulotte non è mai generosa, perchè bisogna sempre sapere dove far dormire chi arriva. Insomma: fondamentale l’aspetto umano ma senza organizzazione un dramma diventa tragedia, se di notte il freddo morte e manca il posto dove dormire o anche soltanto un saccoapelo adeguato.
Il terremoto, i crolli, la distruzione, ci racconta Antonella, sono i nemici da combattere. Ma non solo. Ce n’è un altro ed è la paura: “vincere lo stato di paura non è semplice“. Negli occhi degli anziani leggi la tragedia: “non hanno più una casa, poteva anche essere piccola, ma era la loro casa, il loro focolare“.
” Le macerie si mettono a posto, prima o poi, ma il cuore della gente non lo recuperi, almeno in breve tempo“, questa è la convinzione di tutti i volontari e, proprio per questo, la lettura del libro apre una finestra su un’esperienza in qualche modo unica, di umanità e di solidarietà che si rende necessaria di fronte ai troppi disastri di una natura che non possiamo controllare o dominare e che spesso semplicemente reagisce al nostro torturarla.