“La vita segreta delle mucche”, diario racconto di Rosamund Young, Garzanti editore (con riflessione sulla macellazione con rito ebraico e islamico)

Rosamund vive con la famiglia nella fattoria di Kite’s Nest, nel cuore della campagna inglese, dove le mucche – ma anche le pecore, i maiali, le galline – vivono in beata libertà. Possono scegliere autonomamente come muoversi, dove pascolare, come trascorrere il tempo, quando rientrare a stalla, con quali umani e se simpatizzare o mantenere un aristocratico e leggermente altezzoso atteggiamento di distacco. Libro strano, quindi: non romanzo ma insieme di 31 brevi racconti ciascuno dedicato ai singoli animali, per scoprire che ognuno, vitello, mucca, torello, ha un suo carattere, suoi sentimenti, sue emozioni, suoi modi d’essere e d’interpretare la vita. Proprio come gli umani: ogniduno, ogniuno oppure come si suol dire ogni testa (di mucca, di vitello, di torello) un singolo mondo. Libro-diario interessante? DIfficile dirlo, tuttavia nonostante le perplessità alla fine, conclusa la lettura, viene la voglia di ritrovarsi tra i pascoli, in campagna, per conoscere, per scoprire quelle mucche non più estranee ma esseri da guardare e avvicinare con un fare diverso. Meno animali e invece, anche loro, esseri senzienti. Difficile da credere e ancor più da accettare? Leggere le storie di Rosamund per capire: di Meg, ad esempio, che detesta sporcarsi gli zoccoli di fango così d’inverno non esita a salire su stretti gradini per arrivare al piano superiore del granaio. Print invece ha sviluppato un forte fastidio per il berrettino di lana indossato da uno dei lavoranti della fattoria. Gli va vicina mostrandogli affetto, gli permette di accarezzarla quindi, appena ne vedeva l’opportunità, gli sfila il berretto afferrandolo con le labbra e glielo butta a terra. Ogni volta che l’uomo se lo rimette in testa, lei glielo ributta a terra con i suoi movimenti pazienti e misurati. Non si stancaa mai del gioco. Lui rifiuta sempre di cambiare il berretto e Print non se la prende mai con il berretto di nessun altro. E tante altre storie ancora per le quali comunque val la pena la lettura.


Lasciando un sapore d’amaro in bocca per una lettura effettuata in occasione della Festa del sacrificio dei mussulmani, festa che ricorda la macellazione animale con tecnica halal, uniche carni che i fedeli islamici (e gli ebrei) considerano pure e quindi mangiabili senza commettere peccato.
Questa tecnica, presente nel Corano, prevede che l’animale sia sgozzato mentre è ancora cosciente e poi lasciato morire per dissanguamento spontaneo e completo, il che comporta un’agonia che può durare ore e ore. L’Italia, con il decreto 11 giugno 1980, accettò le richieste dell’Unione delle Comunità israelitiche italiane e del Centro islamico culturale d’Italia per la macellazione degli animali secondo le modalità del rito ebraico e del rito islamico considerando anche che all’epoca da parte di paesi di religione islamica che non disponevano di sufficienti strutture ed impianti per la macellazione esistevano richieste di importazione dall’Italia di carni bovine, ovine ed equine macellate nel territorio nazionale ponendo come condizione inderogabile per importare le carni di cui sopra che la macellazione avvenisse nel rispetto del rito islamico. Si autorizzò pertanto (anche in deroga alle disposizioni dell’UE), soprattutto per motivi economici legati all’esportazione, la macellazione senza preventivo stordimento con la precisazione che l’operazione doveva e deve essere effettuata mediante un coltello affilatissimo in modo che possano essere recisi con un unico taglio contemporaneamente l’esofago, la trachea ed i grossi vasi sanguigni del collo. Ma se l’animale non muore e lo stordimento col passare del tempo viene superato? Insomma, una storia triste che la lettura del libro di Rosamund, pieno d’amore e sensibilità, lascia come dicevo un senso d’amaro in bocca. Ma del resto, rispetto agli ebrei e ai mussulmani, viene da chiedersi, il nostro metodo di macellazione, son forse rose e fiori per l’animale? Chi ha lavorato in un macello mi ha raccontato che quando gli animali entrano nel recinto dove verranno ‘sparati’ (per essere storditi) … lungo quel breve percorso piangono, resistono, cercano di scappare, urlano, come se avessero nel DNA coscienza del loro destino alla semplice vista di quel recinto. Come esseri senzienti. Che dire quindi di chi, per pura propaganda politica e strumentalizzazione, si scaglia contro un rito ma non esita a farsi immortalare mentre si ciba di spiedini e spesse bistecche fiorentine? Come dire: comunque la macellazione, ma prima degli animali italiani.

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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