Domenica Rosa Mazzolini da Brugnello (ma vissuta a Milano) qualche anno fa, nel 2005, ha donato alla Diocesi Piacenza-Bobbio una collezione composta da 872 dipinti e 27 sculture che rappresentano il Novecento artistico (realizzate tra gli anni ’30 e i ’60). Dallo scorso novembre buona parte delle opere sono visibili (sia pur purtroppo in ore e giorni limitati in base alle presenze turistiche ) a Bobbio in piazza Santa Fara nel Chiostro del Monastero di San Colombano.
Iniziativa straordinaria che rende onore al paese fondato da San Colombano nel medio appennino, in Val Trebbia. Che finalmente, 10 anni dopo la donazione ci consente di ammirare un consistente numero delle opere che fanno parte della collezione.
Sono molte le iniziative culturali promosse dalla municipalità per volontà in particolare del Sindaco Roberto Pasquali: dalla settimana della letteratura al festival del cinema ed ecco appunto aggiungersi la mostra posta al primo piano del monastero e alla quale si arriva peraltro seguendo il percorso del Museo diocesano capace di riportarci ai secoli lontani, dal IX ad oggi attraverso paramenti, statue, reperti ecclesiali.
Sono 130 gli artisti rappresentati. Impossibile in questa sede dar conto di tutti loro per cui ci si limita ad una personalissima selezione partendo da Carlo Carrà (1881-1996) e citando i paesaggi luminosi e solari, le spiagge deserte, i monti sul mare, i capanni abbandonati ripresi nella sua amata Versilia.
Ovviamente inevitabile la citazione di Bruno Cassinari (1912-1992) di Gropparello, primo premio alla Biennale di Venezia nel 1952. Numerosi i volti di donna, espressione dell’amore materno. Uno stile che personalmente non ho mai ‘vissuto’ (perchè nell’arte non esiste il bello o il meno bello, esiste ciò che soggettivamente ognuno sa ‘vivere’ entrando nell’anima del dipinto) ma che proprio per questo va ammirata nella ricerca della comprensione.
Giorgio De Chirico (1888-1978) presenta i suoi inquietanti manichini, le silenti Piazze d’Italia, i quadri ermetici, i rimandi alla mitologia, maestro del surrealismo.
Ecco Filippo De Pisis (1896-1956): nature morte, panorami cittadini realizzati in una luce diafana provocanti una sensazione di estatico estraniamento. Già visitato alla permanente di Ferrara, anche le sue opere, ribadendo il concetto della soggettività artistica, non sono mai entrate in simbiosi con la mia anima visiva. Ma ovviamente tanto di rispetto.
Citazione all’opposto per Léonor Fini, nato a Buenos Aires, ispirato dai pittori del ‘400 e dai manieristi del XVI secolo per arrivare ad una pittura ‘teatrale’ con paesaggi fantastici, giovani, donne calve, estraneazione sempre presente. Che, ad attirare la mia anima siano i richiami ad un erotismo sfacciato e ad un’atmosfera di mistero?
Ultime citazioni per poi lasciar spazio alla visita di persona: Lucio Fontana (1899-1968), Achille Funi (1890-1972), Virgilio Guidi (1891-1984), Umberto Lilloni (1898-1980), Mino Maccari (1898-1989), Piero Manzoni (1933-1963). Concludendo con un appunto: per ancora tutto settembre una parte dello spazio espositivo è occupato con un allestimento di opere provenienti dalla Galleria d’Arte Ricci Oddi, realizzando un binomio di confronto di grande interesse. Un’occasione che si spera ripetibile nel futuro ma intanto da non perdere: la qualità val ben la pena di affrontare quei 45 km che separano Piacenza da Bobbio. Buona visione.