In visita alla centrale nucleare di Caorso, impianto in dismissione. Ma il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi, dov’è?

Centrale nucleare di Caorso, 6 maggio 2017, trasparenza della democrazia: open gate con divieto di fotografare

Commenti alla visita straordinaria alla Centrale Nucleare di Caorso? Un’azione informativa e sostanzialmente propagandistica di Sogin, la società pubblica oggi proprietaria dell’impianto con l’incarico di provvedere alla dismissione dello stesso. In pratica: le barre di uranio sono state trasferite in Francia (di notte per ‘via ferroviaria’) e di conseguenza il livello di radioattività, ci ha informato la responsabile dell’impianto, risulta ridotta quantomeno del 95% sin dall’inizio dell’operazione (2007). Fermo restando che il ‘combustilbile’ (come vengono definite le barre) non è che i francesi se lo terranno per cui in ogni caso lo ritroveremo nella nostra pianura.  Buona parte delle attrezzature e delle strutture risultano già dismesse, nell’ambito di un’operazione della quale si prevede la conclusione tra il 2028 e il 2032 (mica domani, che si crede?), quando l’erba dei prati tornerà, a dire degli accompagnatori che ci guidano, ad occupare la stragrande maggioranza dell’area. Attualmente nei tre depositi destinati alla temporanea conservazione dei rifiuti radioattivi sono stoccati complessivamente 2.457 metri cubi di cui 1.723 di materiale, ci informano, a bassa attività e 734 ad attività molto bassa. Tutti conservati in appositi fusti trattati con ‘matrice cementizia’ destinati al Deposito Nazionale dove verranno inseriti e cementati in moduli di calcestruzzo che saranno inseriti in celle di cemento armato progettate per resistere 350 anni. Una volta riempite le celle verranno sigillate e ricoperte con più strati di materiale per prevenire le infiltazioni d’acqua. Solo un piccolo dettaglio: del Deposito Nazionale non se ne parla, il Governo se ne resta ben attento dal definire la localizzazione per cui tutti i fusti restano nei tre depositi assolutamente ‘normali’ nell’area della Centrale e chissà fino a quando resteranno.

Open gate 2017: unica area con ammissibilità di fotografia, la sala raduno e concentrazione dei visitatori

Ultime considerazioni: la visita alla Centrale, per quanto mi riguardava, era limitata a ‘Zone non controllate’ escludendo le aree ad alta criticità (come l’area delle piscine dove venivano conservate le barre di uranio – l’acqua impedisce alle radiazioni ionizzanti di diffondersi nell’ambiente altrimenti sarebbe impossibile lavorare in prossimità delle vasche – ); diversi edifici sono già smantellati come l’edificio dell’offgas indispensabile per ‘filtrare’ e pulire i vapori causati dall’acqua del fiume che raffreddava le barre, di conseguenza il ripristino della centrale risulterebbe sicuramente problematico se non da escludere completamente, fermo restando che oggi l’impianto risulterebbe tecnologicamente obsoleto e superato (in prima fila la sala controllo con strumenti informatici di prima generazione tarati sui primi anni ottanta). Ultima: pioveva e questo ha in parte complicato la visita ma si potrà ritentare forse tra un anno magari con ammissione al percorso in ‘Zona controllata’, ovvero quella dove sono esclusi i bambini. Infine: ma perché vietare le fotografie? Quali segreti industriali si vogliono celare? Per fortuna, all’uscita, bypassando l’imponente sistema di sicurezza, grazie alla pioggia un’immagine riusciamo a ‘rubarla’ grazie al cellulare. E ‘Arturo’, come veniva chiamato l’impianto sembra mostraci un volto sconosciuto, con una profonda somiglianza con un altro luogo visitato anni fa: il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Dalila, ben lieta di lasciare un impianto giustamente in ‘decommissiong’: non abbiamo bisogno del nucleare, il sole è la vita

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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