Le donne di cultura italiana residenti in Istria e Dalmazia negli anni ’40 sono la fotografia dal punto di vista dei valori, dei sogni e delle speranze di vita delle ‘sorelle di sangue‘ che vivono nel BelPaese. Quindi innanzitutto l’essere angelo del desco e madre. Il matrimonio dunque costituisce non solo l’obiettivo ma il sogno di ogni istriana.
Non va del resto sottovalutato che l’ideologia fascista all’epoca imperante vede nella procreazione il dovere primario della donna. Una serie di leggi mirano a costringere le donne italiane nuovamente ed esclusivamente al loro ruolo di mogli e madri: ad esempio, il Regio decreto 9 dicembre 1926, n. 2480 vietò alle donne l’insegnamento nei Licei (art. 11), dando l’esclusiva femminile all’istruzione degli istituti magistrali.
Le Donne sono poste in uno stato di totale sudditanza di fronte al marito: “la donna è semplice oggetto della scelta dell’uomo”. Non dimentichiamo che il Codice Penale prevedeva la riduzione di un terzo della pena per chiunque uccidesse la moglie, la figlia o la sorella per difendere l’onore suo o della famiglia (il cosiddetto “delitto d’onore”). La posizione del fascismo del resto è rafforzata dalla sua coincidenza con quella della Chiesa che nell’enciclica Casti Connubii (1930) ribadiva il ruolo primario della donna come madre e condannava come “contro natura” ogni idea di parità tra i sessi.
A mia madre (di Lidia Delton)
Quel fazzolettone bianco,
rinchiuso nel comò,
quante lacrime ha raccolto;
quando, stanca e affamata,
con i figli mocciosi,
hai salutato la tua Dignano
dal treno in corsa.
Quanti ricordi lasciati
tra gli ulivi e i muretti
di Visan,
quanti baci abbandonati,
tra le lenzuola
di Santa Caterina.
Ma tu,
madre,
con coraggio ci hai trascinati
per il mondo,
ci hai tenuto a bado,
e dopo anni,
siamo tornati indietro,
a baciare la reliquia di San Biagio,
a piangere,
e a vivere
sul nostro focolare.
La lussignana (di Elsa Bragato)
Eccola dolce e femminile intenta al ricamo, al pizzo o al punto rete con il quale rammenda gli attrezzi da pesca o eseguisce con lo stesso metodo un centro da tavola, e in tal caso il lavoro lo chiama 'filet'. Eccola al piano, eccola in chiesa che gorgheggia gli 'a solo' o fa parte del coro. Lussignani e stranieri ascoltano rapiti. Perché la donna è un essere imprevedibile; figurarsi la lussignana.