“Un bambino”, di Don Beppe di Val Mozzola (parroco a Bosco dei Santi, Mortizza), Casa editrice Vicolo del Pavone, 2012

Ormai da qualche anno la Casa editrice Vicolo del Pavone ha chiuso i battenti per cui risulta difficile trovare questo libercolo che ci racconta la vita in Val Mozzola del bambino Giuseppe Sbottoni, classe 1947, 35 anni di sacerdozio festeggiati l’anno scorso a Bosco dei Santi, Mortizza, periferia di Piacenza. Poche case, una chiesa, a due passi dall’argine del Po, don Beppe ha creato un forno per fare la pizza insieme ai volontari, mangiarla in compagnia di tanti amici e poter pagare così le bollette. Ma non solo. La canonica è sempre aperta, chi ha fame e chiede aiuto entra e si siede a tavola. In tanti anni centinaia le persone in difficoltà economica aiutate con viveri ma soprattutto con la ricerca di un lavoro che per molti è andata a buon fine. Decine infine le ragazze salvate dalla strada. Insomma, un prete dalla parte dei poveri, che ha fatto della misericordia la ragione principale del suo sacerdozio. Originario della Val Mozzola, tra Fornovo e Borgotaro, famiglia contadina, terzo di cinque figli, nel libro ricorda di quando chiedeva, mamma, come son nato? E lei rispondeva “ti abbiamo trovato in mezzo al fieno rastrellando. Il lavoro era tanto, quindi eri necessario, ti abbiamo cercato“. Don Beppe racconta della dura e misera vita nei campi di quei tempi lontani, del padre che tutte le sere prima di mangiare invitava tutta la famiglia alla preghiera, le favole che la madre raccontava (ne conosceva solo due), non manca il ricordo della sagra del paese con la fuga dalla finestra del fratello Piergiorgio (‘coperto’ dalla mamma) per non mancare al ballo, il primo giorno di scuola e l’esame di terza elementare, il dispiacere di quando si vendeva un animale o veniva l’ora di uccidere il maiale, le visite al mercato cittadino dove non mancava chi vendeva limoni esposti in un ombrello aperto, il giorno della polenta sulla stufa a legna, la torta di mele, il gatto spauracchio dei topi come tale autorizzato a girare liberamente in cucina, in cantina, sul solaio. La radio che annunciava la benedizione del Papa e tutti si alzavano in piedi, silenzio e segno della Croce per poi passare ai giochi nella corte. Ma ancora la trasgressione rappresentata da qualche sigaretta, la brillantina, le bustine per fare l’aranciata. Il giorno della festa, la Messa della Domenica seguita dal pranzo speciale, brodo di gallina con passatelle, gallina con ripieno di pane e formaggio. Per finire con il giorno dell’idea, l’idea di farsi prete, la partenza per il Seminario ma questa è la storia che va oltre il libro edito da Vicolo del Pavone, il Bambino nato il 19 giugno 1947 diventa adulto, finisce laureato in teologia alla Pontificia Università San Tommaso di Roma ma non dimenticherà mai, nei tanti anni di sacerdozio che seguono, che la madre apriva sempre la casa ai poveri e il padre cedeva sempre il posto a capotavola.

La chiesa di Bosco dei Santi, olio su tela di Carmelo Sciascia
(il dipinto, spesso esposto nelle mie rap-presentazioni poetiche per gentile concessione e partecipazione di Carmelo, nell’occasione è stato rinominato ‘La Chiesa di Notre-Dame de Mortisse’ in onore allo spirito di carità cristiana di don Giuseppe)

 Da segnalare che, nei giorni della prima fase del virus, don Beppe ha scritto un nuovo libro “La Vita Volge al Tramonto… che avventura”. Ricordi e immagini di quarantacinque anni di sacerdozio che il parroco di Le Mose, Bosco dei Santi e Mortizza ha annotato con semplicità, durante il periodo di chiusura, testimonianza viva di un percorso di vita, a tratti faticoso a tratti gioioso.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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