Tanti auguri a tutte e tutti con la filastrocca di Gianni Rodari
Filastrocca di Capodanno: fammi gli auguri per tutto l’anno. Voglio un gennaio col sole d’aprile, un luglio fresco, un marzo gentile; voglio un giorno senza sera, voglio un mare senza bufera; voglio un pane sempre fresco, sul cipresso il fiore di pesco; che siano amici il gatto e il cane, che diano latte le fontane. Se voglio troppo, non darmi niente, dammi una faccia allegra solamente.
Pluvioso, irritato contro l’intera città, versa dalla sua urna a grandi zaffate un freddo tenebroso sui pallidi abitanti dei vicino camposanto, rovesciando, sui quartieri brumosi, la morte.
Il mio gatto, alla cerca d’un giaciglio sul pavimento agita incessantemente il suo corpo magro e rognoso; l’anima d”un vecchio poeta erra nella grondaia con la voce triste d’un fantasma infreddolito.
La campana che si lagna e il tizzo che fa fumo accompagnano in falsetto la pentola raffreddata; intanto in un mazzo di carte dall’odore nauseante,
lascito fatale d’una vecchia idropica il bel fante di cuori e la regina di picche chiacchierano sinistramente dei loro amori defunti.
Fantasma del Victorian nel galleggiamento di Praga. 5 120
Filastrocca del gregario
corridore proletario,
che ai campioni di mestiere
deve far da cameriere,
e sul piatto, senza gloria,
serve loro la vittoria.
Al traguardo, quando arriva,
non ha applausi, non evviva.
Col salario che si piglia
fa campare la famiglia
e da vecchio poi acquista
un negozio da ciclista
o un baretto, anche più spesso,
con la macchina per l’espresso.
Ascolta bene,
bambina o bambino:
“Buon Anno!”, dice il prato
al suo fiorellino;
“Buon anno!”, dice il mare
al suo pesciolino
“Buon Anno!”, dice il cielo
al suo uccellino;
e anche il lettino al suo cuscino
e anche la tazza al suo piattino
e anche il panino al suo formaggino
e anche il cucchiaio al suo cucchiaino
e anche la sciarpa al suo berrettino
e anche la scala al suo gradino
e anche la casa al suo balconcino
e anche il sasso al suo sassolino…
e anche questa pagina
a te, bambina o bambino!
30 ottobre 2023, il fiume “la Trebbia” a Rivergaro
La pioggia cade dappertutto
cade con andamento fitto,
cade sugli alberi, sui campi, sulle strade,
portando vita dove cade.
Cade picchiettando sugli ombrelli
e mentre cade scappan gli uccelli;
cade nel mare, sulle navi e i vascelli,
cade gonfiando i ruscelli più belli.
Robert Louis Stevensonè stato un romanziere, saggista, poeta e scrittore di viaggi scozzese. Autore di capolavori della letteratura mondiale come L’isola del tesoro e Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde, é qui in veste di poeta.
Viva i coriandoli di Carnevale,
bombe di carta che non fan male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell’allegria:
si sparano in faccia risate
scacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate.
Non servono infermieri
perché i feriti guariscono
con una caramella.
Guida l’assalto, a passo di tarantella,
il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia, tutti a nanna.
Sul guanciale
spicca come una medaglia
un coriandolo di Carnevale.
Nuova Zelanda, olio su tela di Gianluca Cremonesi, artista del mare
Andare
dove il mare bagna il cuore.
Dietro al cespuglio di more
che il vento coltiva.
Appresso a quell’aria melodica,
scanzonata, che spazzola le colline
e la nebbia dirada.
Seguire
le impronte di una passione.
Gettarvi dentro le dita
quasi a poterla plasmare
con aliti di carne,
con schizzi di sangue caldo.
Sentire il respiro
in accordo con la vita
travolgere sogni, pensieri.
Aver fretta d’amare
nell’ultima ora rubata al destino.
Gravida di Eterno
fra la pelle, il tempo,
l’Infinito.
Nuda come perla sgusciata
davanti alle porte del Cielo.
Camminando
si apprende la vita
camminando
si conoscono le cose
camminando
si sanano le ferite del giorno prima
Cammina
guardando una stella
ascoltando una voce
seguendo le orme di altri passi
Cammina
cercando la vita
curando le ferite
lasciate dai dolori
Niente può cancellare il ricordo
del cammino percorso.
C’era una volta, là
dalle parti di Chissà,
il paese dei bugiardi.
In quel paese nessuno
diceva la verità,
non chiamavano col suo nome
nemmeno la cicoria:
la bugia era obbligatoria.Quando spuntava il sole
c’era subito una pronto
a dire: “Che bel tramonto!”.
Di sera, se la luna
faceva più chiaro
di un faro,
si lagnava la gente:
“Ohibò, che notte bruna,
non ci si vede niente”.Se ridevi ti compativano:
“Poveraccio, peccato,
che gli sarà mai capitato
di male?”
Se piangevi: “Che tipo originale,
sempre allegro, sempre in festa.
Deve avere i milioni nella testa”.
Chiamavano acqua il vino,
seggiola il tavolino
e tutte le parole
le rovesciavano per benino.
Fare diverso non era permesso,
ma c’erano tanto abituati
che si capivano lo stesso.Un giorno in quel paese
capitò un povero ometto
che il codice dei bugiardi
non l’aveva mai letto,
e senza tanti riguardi
se ne andava intorno
chiamando giorno il giorno
e pera la pera,
e non diceva una parola
che non fosse vera.
Dall’oggi al domani
lo fecero pigliare
dall’acchiappacani
e chiudere al manicomio.
“È matto da legare:
dice sempre la verità”.
“Ma no, ma via, ma và …”
“Parola d’onore:
è un caso interessante,
verranno da distante
cinquecento e un professore
per studiargli il cervello…”
La strana malattia
fu descritta in trentatre puntate
sulla “Gazzetta della bugia”.
Infine per contentare
la curiosità
popolare
l’Uomo-che-diceva-la-verità
fu esposto a pagamento
nel “giardino zoo-illogico”
(anche quel nome avevano rovesciato…)
in una gabbia di cemento armato.
Figurarsi la ressa.
Ma questo non interessa.
Cosa più sbalorditiva,
la malattia si rivelò infettiva,
e un po’ alla volta in tutta la città
si diffuse il bacillo
della verità.
Dottori, poliziotti, autorità
tentarono il possibile
per frenare l’epidemia.
Macché, niente da fare.
Dal più vecchio al più piccolino
la gente ormai diceva
pane al pane, vino al vino,
bianco al bianco, nero al nero:
liberò il prigioniero,
lo elesse presidente,
e chi non mi crede
non ha capito niente.
Sulla luna, per piacere, non mandate un generale: ne farebbe una caserma con la tromba e il caporale. Non mandateci un banchiere sul satellite d’argento, o lo mette in cassaforte per mostrarlo a pagamento. Non mandateci un ministro col suo seguito di uscieri: empirebbe di scartoffie i lunatici crateri. Ha da essere un poeta sulla Luna ad allunare: con la testa nella luna lui da un pezzo ci sa stare… A sognar i più bei sogni è da un pezzo abituato: sa sperare l’impossibile anche quando è disperato. Or che i sogni e le speranze si fan veri come fiori, sulla luna e sulla terra fate largo ai sognatori!
Veneziani gran signori, Padovani gran dotori, Visentini magna gati, Veronesi tuti mati, Udinesi castelani col cognome de Furlani, Trevisani pan e tripe, Rovigoti baco e pipe, i Cremaschi fa cojoni, i Bressan tajacantoni, ghe n’è anca de pì tristi: Bergamaschi brusa cristi.
Guardelo quant'è bello! Dar saluto
pare che sia una vittima e che dica:
- Io veramente nun ciambivo mica;
è stato proprio el Re che l'ha voluto! -
Che faccia tosta, Dio lo benedica!
Mó dà la corpa ar Re, ma s'è saputo
quanto ha intrigato, quanto ha combattuto...
Je n'è costata poca de fatica!
Mó va gonfio, impettito, a panza avanti:
nun pare più, dar modo che cammina,
ch'ha dovuto inchinasse a tanti e tanti...
Inchini e inchini: ha fatto sempre un'arte!
Che novità sarà pe' quela schina
de sentisse piegà dall'antra parte!
Mi piacerebbe un giorno
poter parlare
con tutti gli animali.
Che ve ne pare?
Chissà che discorsi geniali
sanno fare i cavalli,
che storie divertenti
conoscono i pappagalli,
i coccodrilli, i serpenti.
Una semplice gallina
che fa l’uovo ogni mattina
chissà cosa ci vuol dire
con il suo coccodè.
E l’elefante, così grande e grosso,
la deve saper lunga
più della sua proboscide:
ma chi lo capisce
quando barrisce?
Nemmeno il gatto
può dirci niente.
Domandagli come sta
non ti risponde affatto.
O – al massimo – fa “miao”,
che forse vuol dire “ciao”.
Fonte: filastrocche.it
IO STO CON I CURDI: Asia Ramazan Antar è stata uccisa combattendo i militanti dell’Is. Entrata a far parte delle YPG nel 2015, adottando il nome di battaglia Viyan Antar ha preso parte a cinque battaglie prima di essere uccisa intorno a Manbij, vicino al confine turco, il 30 agosto 2016.
"Io vado, madre.
Se non torno,
sarò fiore di questa montagna,
frammento di terra per un mondo
più grande di questo.
Io vado, madre.
Se non torno,
il corpo esploderà là dove si tortura
e lo spirito flagellerà, come
l’uragano, tutte le porte.
Io vado Madre
Se non torno,
la mia anima sarà parola
per tutti i poeti."
Abdulla Goranè stato un poeta curdo. Ha senza dubbio portato una rivoluzione nella poesia curda, ed è chiamato anche il padre della letteratura curda moderna. Membro attivo del Partito Comunista Iracheno, è stato arrestato e torturato diverse volte durante il periodo della monarchia. Nominato docente presso il dipartimento di lingua e letteratura curda presso l’Università di Baghdad nell’autunno del 1960. Come membro del Comitato iracheno di pace e solidarietà e ha spesso viaggiato nell’ex Unione Sovietica. Si ammalò di cancro e morì in Kurdistan il 18 novembre 1962.