“Salvini: sconfitto! Bonaccini gli rovina la festa”, il commento di Giuseppe Alberto Falci in Huffpost

Doveva essere il muro da abbattere. Doveva essere il trofeo da sbandierare in mondo visione per dare la spallata definitiva al governo “dei Conte, dei Di Maio e dei Renzi”. La festa era già pronta. Le bollicine, rigorosamente italiane, erano al fresco. Da giorni i leghisti erano tutti sparati: “Citofoneremo a Palazzo Chigi e faremo sloggiare Giuseppe Conte”. Boom. Tutto questo non si verificherà perché Matteo Salvini si ritrova davanti alla prima sconfitta vera da quando è segretario della Lega. Avere “nazionalizzato” la tornata nella regione rossa per antonomasia non è servito a nulla. Avere strumentalizzato la vicenda dei bambini di Bibbiano ha innescato un fenomeno opposto, l’exploit del Pd nel paesino della Val d’Enza. Una linea politica da rivedere perché al quartiere Pilastro di Bologna con la trovata mediatica del citofono per mettere alla gogna una famiglia tunesina si è rivisto il Salvini del Papeete. Il Salvini dei pieni poteri, il Salvini “lepenizzato” che spaventa l’Europa e mezza Italia. Non a caso il referendum su stesso in Emilia Romagna, o con me o contro me, è stato implacabile.

E’ una sconfitta cocente, piena. Persino in Calabria il Carroccio perde undici punti percentuali rispetto alle europee del 2019. Così in un amen il Capitano del fu Carroccio è costretto a trasformarsi nel principe del fair play. Eccolo materializzarsi nella sala stampa dello Zanhotel, nella periferia di Bologna, già a mezzanotte. Dopo la prima proiezione che dà la candidata di destracentro, Lucia Borgonzoni, indietro di dieci punti.  “Sono entrato di nascosto per fregare Vespa e Mentana”, prova a sdrammatizzare.  Salvini è scuro in viso, gli occhi sono lucidi. La botta è di quelle che non si scordano. Per oltre un’ora è stato chiuso in una camera dell’albergone a ragionare sulla strategia. Scendere o non scendere in sala stampa? Cosa fare, come ridurre al minimo gli effetti di una sconfitta? Lo staff si aggira spaesato nella hall. “I dati sono preoccupanti, in provincia di Piacenza c‘è un’affluenza bassissima”, confidano. Alla fine la Bestia di Luca Morisi opta per la dichiarazione a spoglio appena iniziato, utile a veicolare un messaggio del tipo: “Anche in caso di sconfitta Matteo ci mette la faccia”.

Sarà pur vero ma lui non si aspettava questi numeri. Anzi, era convinto, come osava ripetere da giorni, “di stravincere”, “di liberare l’Emilia dai comunisti”. “Non c’è partita”, spargeva ottimismo solo due giorni fa con alcuni fan di Ravenna. Si era giocato un caffè con mezza regione, una cena con diversi amici, era insomma sicuro di destabilizzare il sistema politico. “Regione dopo regione costringeremo i nostri eroi del governo ad accomodarsi fuori dal Palazzo”. Ora è qui davanti una sala stampa stracolma di giornalisti, senza un colonnello al suo fianco, e senza “Lucia Borgonzoni” che, secondo molti, è stata l’anello debole di questa campagna elettorale. Non a caso la lista della candidata governatrice sprofonda all′1,6 per cento. 

Frastornato dalle percentuali di Bonaccini, il leader della Lega guarda in faccia tutti i cronisti e la mette così: “Chiunque vincerà che sia Lucia o Stefano, vorrà dire che avrà meritato, perché il popolo ha sempre ragione”. E’ il discorso di chi non è ancora consapevole della sconfitta, di chi vuole provare a esternare un messaggio moderato in un contesto cui non è abituato, il terreno dei perdenti: “In Emilia Romagna è stata una cavalcata eccezionale commovente e sono orgoglioso. Per me è un’emozione che dopo 70 anni ci sia stata una partita qui”. Questa volta il principe della propaganda si accontenta di partecipare. E non basta, come afferma, che la Lega  sia il primo partito. Non basta prendere di mira l’ex compagno di avventure del governo gialloverde, vale a dire Luigi Di Maio, quando appunto Salvini sottolinea che “il M5S è scomparso in Emilia Romagna e Calabria. Due regioni nelle quali è nato”. E di certo non basta la vittoria in Calabria dove la candidata, la berlusconianissima Jole Santelli, non è salvinian-leghista, e dove la spinta arriva dai partiti della coalizione di rito moderato. 

Salvini è ferito, ha il volto di un pugile che è stato steso da un gancio dall’avversario. TQuesto è il suo stato d’animo e lo si comprende quando scandisce: “Se perderemo in dirittura d’arrivo? Nella vita si vince e si perde e quindi se vinco sono felice, se perdo sono ugualmente felice anzi lavoro il doppio, visto che qualcuno da’ la Lega per morta da 20 anni, deve aspettare almeno i prossimi 20 anni per vedermi stufo e stanco”. Che significa tutto o niente. E allora forse ha ragione una giovane attivista presente in sala che allarga le braccia: “Più di così non si poteva fare”. Alcuni dei suoi accusano i pentastellati del voto disgiunto. Altri invece se la prendono con la mancanza di una classe dirigente locale all’altezza. E allora è anche per queste ragioni se dopo avere ringraziato tutti il Capitano leghista non risponde ai giornalisti e si rifugia in camera. Sconsolato e sconfitto. Con davanti la nottata più lunga della sua vita. 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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