Roma, troppo buia quando vien la sera, la paura si nasconde in metropolitana tra troppo sporco e molti slavi




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Venere ristrutturata, di Man Ray
"Dada e surrealismo riscoperti"
Complesso del Vittoriano, via San Pietro in carcere, Roma
In mostra fino al 7 febbraio 2010
http://www.romeguide.it/mostre/dadaeilsurrealismo/dadaeilsurrealismo.html

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La paura che attanaglia, la paura che fa novanta e mette le ali ai piedi, che fa accelerare il passo e il battito del cuore mentre secca la gola. Maggio 2007, la giornata romana volgeva al termine, ormai il buio della sera avvolgeva la grande città, i suoi monumenti, i turisti frettolosi e i romani che lentamente s’avviavano verso casa. Ormai tardi per i programmi del giorno e ancora presto per la serata. Quanto sei bella Roma, quann’è sera. La fermata del metrò nel piazzale dei Cinquecento direzione stazione Tiburtina è un po’ defilata. Sporca. Cartacce ovunque, rifiuti, resti del pasto di qualche clochard. All’ingresso, sulla rampa di scale che porta underground, sottoterra, una banda di stranieri, marocchini, equadoregni o forse più semplicemente camorristi italiani. Passare senza guardare, svelto il passo, fisso l’occhio, le dita incrociate. No, se mammà m’avesse fatto femmina, non sarei sceso in quell’antro profondo, fossi stato femmina avrei preso un taxi. Evitando quelli abusivi, selezionando un taxi di quelli ufficiali e se possibile con taxista femmina. Come a ballare. Com’è che le femmine van sempre ai bagni in coppia? Bagni e taxi donna con donna una verità da affermare. Stazione del metrò, maggio 2007, il cuore in corsa, il cuore in gola, le luci abbassate, troppi angoli bui e banchine vuote. La paura fa novanta ma arrivò il convoglio, data l’ora semivuoto, l’autista azionò il meccanismo che apriva le porte emettendo uno sbuffo d’aria. Niente di minaccioso nel metrò romano, i presunti camorristi restarono in alto, sulle scale, indifferenti al mio passaggio. Certo, fossi stato una femmina. Prima che l’autista potesse richiudere le porte del convoglio, una giovane ragazza, gonna blu aderente e generosa nel mostrare ginocchia e cosce, riuscì a scendere di corsa le scale salendo sul treno. Uno dei camorristi la guardava. Dal taschino estrasse una sigaretta slava, portandola alle labbra.

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Dono, di Man Ray
"Dada e surrealismo riscoperti"
Complesso del Vittoriano, via San Pietro in carcere, Roma
In mostra fino al 7 febbraio 2010
http://www.romeguide.it/mostre/dadaeilsurrealismo/dadaeilsurrealismo.html

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Buio. Il piazzale di fronte a stazione Tiburtina mi lasciò stupito per il buio. Forse a causa di un cantiere che ne occupava buona parte. Erano mille e mille i punti oscuri dove poteva nascondersi il malintenzionato. Armato. Finite le guerre nei territori slavi sull’altra riva del mare, dell’Adriatico, acquistare un’arma residuato bellico, un kalashnikov, nel BelPaese era facile come bere acqua minerale, gasata o naturale a piacere e scelta. In quel bar tabaccheria nel piazzale del mercato ortofrutticolo nella mia città padana mi fermavo sul far della sera, conclusa la giornata di lavoro. Seduto in un tavolino un po’ defilato, sull’angolo più lontano dal banco, bevevo, solo, la Ceres. Chi puntava ai cavalli, chi governava il traffico di qualche ragazza generosa di sesso a pagamento, il gruppo dei salernitani, gli slavi che, a gruppi di quattro, tiravano il collo alle Heineken. Un’umanità varia che muoveva di fronte ai miei occhi disinteressati, persi in un mondo oltre, nei pensieri, nei progetti, nelle visioni poetiche che non potevano essere condivise. Talvolta arrivava E.B. a spezzare il muro della solitudine, ad introdursi, ad imporsi nel silenzio ovattato che andavo cercando. Non riuscivo a nascondere il fastidio dell’ascoltare le sue dissertazioni sul malessere per l’intervenuto cambio al vertice della sua azienda, il Consorzio Agrario, o per il furto subito nella villetta al mare, nelle Cinque Terre o per quella palla che sentiva crescere sotto l’ombelico. Forse una semplice ernia ma la paura fa novanta, non aveva il coraggio di presentarsi ad un esame di indagine diagnostica e verifica medica in ospedale. Poi finalmente se ne andava. Una sera, entrando, mi salutò con un cenno del capo, quasi imbarazzato, non venne al mio tavolo. S’avvicinò ai quattro slavi. Parlarono a lungo. Infine uno del gruppo venne al mio tavolo: “il tuo amico vuole un’arma, ma noi non ci fidiamo, quello è toccato, vogliamo una garanzia. La tua”. Chissà per chi m’avevano preso. No, nessuna garanzia, quello è toccato, non è affidabile. Alla fine E.B. la pistola riuscì a procurarsela in un altro bar, forse sempre dagli slavi, forse da altri reduci di un qualche conflitto minore in uno speduto angolo d’Africa. Giravano molte armi, nel BelPaese, molte arrivavano dagli arsenali dell’ex Armata Rossa, dall’Ucraina, dalla Romania, dall’Albania. Forse quella palla intorno all’ombelico era un tumore, forse E.B. alla fine il coraggio di affrontare una visita medica l’aveva trovato e il verdetto non era stato quello atteso. Forse per questo un giorno, sceso in garage, aveva caricato quella pistola per l’ultimo colpo. Troppe armi, nel BelPaese, troppi slavi, troppi angoli bui nel piazzale antistante la stazione Tiburtina.

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Il violino d’Ingres, di Man Ray
"Dada e surrealismo riscoperti"
Complesso del Vittoriano, via San Pietro in carcere, Roma
In mostra fino al 7 febbraio 2010
http://www.romeguide.it/mostre/dadaeilsurrealismo/dadaeilsurrealismo.html

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Mancava qualche ora, alla partenza dell’Intercity, l’ultimo treno a partire prima della chiusura notturna della stazione. Il tempo di attraversare il piazzale passando dai lunghi tratti al buio ai pochi angoli illuminati dalla fioca luce di lampioni ormai inadeguati. Un uomo con un giubbotto nero di finta pelle stava inveendo in rumeno contro la ragazza sul marciapiede colpevole di una mise troppo rilassata. Altri due parlottavano fumando una sigaretta. Nel bar sulla destra il cameriere portava casse di acqua minerale salendo dalla cantina. Da una finestra la musica di un complesso rock che non conoscevo. Proseguendo finalmente una trattoria con un tavolo libero, qualche tedesco e un gruppo di signore di mezza età in gita con il parroco. Mentre attendevo le portate e l’immancabile vino dei castelli, chiesi una copia del Messaggero alla ricerca di qualche notizia sulla nascita della nuova formazione di sinistra che si negava alla nascita del Partito Democratico. Poche righe. Tutto lo spazio a disposizione il quotidiano lo dedicava alla notizia d’una ragazza molestata da una banda di lupi alla stazione Piramide del metrò. Ragazzi sedicenni. Di Agrigento. Saliti a Roma alla ricerca di lavoro.

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La bella stagione, di Max Ernst
"Dada e surrealismo riscoperti"
Complesso del Vittoriano, via San Pietro in carcere, Roma
In mostra fino al 7 febbraio 2010
http://www.romeguide.it/mostre/dadaeilsurrealismo/dadaeilsurrealismo.htm




Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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