“Racconto notturno”, di Enrica Lisoni (Enlis)

Notte stellata, olio su tela di Martin Cambriglia

Dopo l’oppressione. Quanta vita si libera. Improvvisamente. Niente sonno. Salgo in cucina. Voglia di caffè. E di pane e di miele. Caffè fumante. Gli U2. Flash di Irlanda. Vacanze con il mio amore. Danzo. Ho fatto una bella vita. La mia vita piena. In questo momento come allora. Esplode. Scompaiono i dolori alle articolazioni. Maledette articolazioni. Dove c’è libertà, perché c’è libertà. Nel non detto, nel non fatto. Lascia arrivare lo zero, attraversa il freddo della notte insonne, qualcosa di ignoto ti aspetta. I treni viaggiano più veloci e sciolti. Su rotaie invisibili, su scambi impossibili. E stazioni inaudite. Perché il viaggio è infinitamente possibile. Al di là dei muri, al di là dei dinieghi. Delle presenze. Delle assenze. Sto nell’onda. Fino a che il sonno controtempo mi prenderà di nuovo. E contro il giorno nascente andrà la mia anima dormiente. Con gli orologi invertiti, a dispetto delle convenzioni, dell’ovvio. Invertire, sovvertire. Smontare. Ripartire. Per vincere la noia. Per inventarsi di vivere e anche di morire. Della propria morte, dolce e ineffabile. Per la sorpresa di rinascere, come un’alba d’estate. Con i germogli nell’anima, soffocati da certa glacialità conforme ad un mondo che schiaccia, appiattisce. Io, talpa. Scavo, scavo cunicoli di fuga. Sotto la terra, dove nessuno mi vede. Cerco il fuoco dentro, in fondo alla terra fredda. Avvicinandomi. Al solstizio, aspettando nuova luce. Perché luce c’è. Dentro. Fuori. Corre nelle vene. In un movimento senza fine. Madama Notte. Ma la notte non la prendo. Si fa prendere. E scorre a mia insaputa. Che tra poco schiarirà il cielo. E un altro momento tirerà la riga. Abbasserò le palpebre e complice, dirò si. Mi acquieterò. Forse dormirò. O forse no. Guardo scorrere i fotogrammi della mente, fumati come una sigaretta. Troppo breve. Inafferrabile fumo. Scrivere o vivere. In mezzo, il pensiero. Fascino e inutilità. Pensiero ingombrante mi fa vomitare parole. Scrivo e trattengo. Nella vita che si muove e mi trascina e mi abbatte, mi estingue. Lascio.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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