“Primo sangue”, romanzo testimonianza di Amélie Nothomb, Voland editore, 2022

La Repubblica Democratica del Congo (oggi Zaire) aveva ottenuto l’indipendenza dalla colonizzazione belga nel 1960 ma praticamente da subito si erano evidenziate tre diversi orientamenti politici territorialmente identificabili tra l’ovest (capitale Leopoldville), il sud del Katanga (in breve rivolta soffocata dall’esercito governativo), l’est con Stanleyville, zona a predominio delle popolazioni Simba. Nel 1964 in particolare scoppia la rivolta appunto dei Simba (leone in lingua Swahili) che in breve si impadroniscono di Stanleyville, dichiararono l’indipendenza sostenuti  da alcuni paesi arabi, sovietici, da Cuba e dalla Cina. I leader ribelli si ispirano all’ideologista maoista (anche il Che sarà al loro fianco nel 1965): l’adesione alle idee rivoluzionarie viene favorita dal peggioramento delle condizioni di vita nelle campagne e dall’impossibilità di accesso allo studio dai parte dei giovani oltreché dalla corruzione dilagante tra i politici della capitale d’orientamento filo-occidentale. Al fine di ottenere il riconoscimento internazionale dell’indipendenza i ribelli arrestano i circa 1.600 stranieri (in particolare belgi) presenti nel territorio usandoli come strumento di ‘pressione’ sull’ex colonizzatore e sull’alleato statunitense. A questo punto inizia il racconto di Amélie. Incontriamo Patrick Nothombe, all’epoca ventottenne, posto di fronte al plotone di esecuzione, dodici fucilieri, uno dei quali con la pallottola a salve in modo che tutti pensino d’essere innocenti. In momenti come quello, nei momenti fondamentali che ci separano dalla vita o comunque da qualcosa che riteniamo per noi fondamentale, sarà poi vero che riviviamo i momenti più importanti del nostro passato? Beh, Amélie ne é convinta e così ci prende per mano e ci accompagna lungo il film della vita di Patrick. Bambino, orfano di padre militare, morto per lo scoppio di una mina che doveva essere finta, e di una madre aristocratica, più attenta alle frequentazioni degli ambienti snob della nomenclatura belga che non al figlio lasciato a vivere con nonna e col nonno generale che ne vuole forgiare il carattere e pertanto lo manda a passare una stagione dai nonni paterni in un castello tra i boschi dove si vive secondo regole ferree che sanno di disciplina ma in realtà rasentano la mancanza di ricchezza (il nonno, pure avvocato, in via principale scrive poesie e, ben si sa, con la poesia si mangia poco). Comunque il ragazzo cresce, rivela carattere, sa bene cosa vuole e come fare per ottenerlo. Studia. Si diploma. Si laurea. Vorrebbe fare il portiere di calcio ma non é quello il suo destino così opta per la carriera diplomatica e, dopo una breve esperienza formativa in Ministero, ecco la nomina a Console in Congo e, praticamente subito, l’arresto. Uno dei 1600 prelevato, portato e ospitato all’interno del Grand Hotel dove svolgerà il lavoro che più si confà: il mediatore, che tratta con i ribelli per evitare che, come minacciano, uccidano i sequestrati. Vogliono che proprio il governo belga li riconosca così salvando i propri cittadini sequestrati. Purtroppo il tempo passa. Un ostaggio, per dimostrare che non scherzano, viene fucilato, poi un altro, altri ancora. Sono pochi, certo, rispetto ai 1600 ma si può pensare che il Belgio scenda a patti quando sulla coscienza dei ribelli sono già diverse le vittime? Passano 111 giorni di negoziati ed ecco che giunge anche l’ora di Patrick. Lo ritroviamo di fronte al monumento al leader maoista assassinato Lumumba, in attesa che i dodici fucilieri portino il fucile alla spalla e sparino. Undici fucili caricati con pallottole vere, uno con carica a salve che non uccide. Ma se gli undici sparassero in aria? No, Patrick sa bene che le favole sono una cosa e la realtà é fatto ben diverso. Ma a questo punto lasciamo il libro, passiamo alla realtà storica. Appunto dopo 111 giorni di negoziazione, gli Stati Uniti e il Belgio lanciarono l’operazione Dragon Rouge inviando reparti speciali allo scopo di liberare gli ostaggi. 24 novembre 1964, 350 paracadutisti belgi della “Brigata Para-Commando” al comando del colonnello Charles Laurent, trasportati da aerei della 322d Airlift Division statunitense, si lanciarono sull’aeroporto di Stanleyville, occupandola. Ancora il libro racconta dell’ultimo “colpo di coda” dei ribelli Simba: i prigionieri vennero fatti uscire dall’albergo e qualcuno iniziò a sparare ma i morti furono pochi, la maggior parte alla fine é potuta tornare a casa. Quanto a Patrick, evidenziato che era nato nel 1936 e che nel 1953 aveva ottenuto il riconoscimento del titolo di Barone, beh, il resto lasciamolo al racconto di Amélie, narratrice, scrittrice di fama, la terza dei suoi figli.

La mappa del Congo nel 1964: in blu l’area di influenza del governo di Leopoldville, in rosso il territorio dichiarato indipendente dai ribelli Simba

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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