Piacenza: “Nessun tocchi quella lapide!” Non si cancella la memoria di quanti hanno combattuto per la nostra democrazia

Piacenza, piazzale Velleia: la lapide che ricorda i due giovani partigiani fucilati dai tedeschi il 26 aprile 1945, due giorni prima della Liberazione della città

Due giorni prima della Liberazione di Piacenza, il 26 aprile 1945, due giovani partigiani, Renato Gatti (nato il 16 marzo 1926) e Carlo Alberici (nato il 16 marzo 1922), sono stati fucilati alle porte della città dai tedeschi in fuga.

Ancora oggi una lapide a loro ricordo è posta sul muro di cinta dell’area ex Mazzoni in piazzale Velleia.

I capannoni e il muro dell’area verranno abbattuti (così ha decretato di recente il Consiglio Comunale a maggioranza di centrodestra) per far spazio ad un nuovo supermercato, il terzo collocato a poche decine di metri da altri due che già determinano un traffico notevole nella zona. Ma non di questo voglio parlare.

Quel che voglio affermare è evidente: nessun tocchi quella lapide!!!

E nell’occasione riporto la lettera che hanno ricevuto le famiglie dei due giovani pochi giorni dopo l’avvenuta Liberazione dal nazifascismo:

“Care famiglie Gatti e Alberici,

sono un caro amico di Renato e di Carlo. È con gigantesca tristezza che vi comunico che a causa di una grandissima sfortuna i vostri figli sono stati vittime di una fucilazione.

Molti di noi, quando hanno iniziato a nascondersi tra le colline e le montagne, erano consapevoli del rischio a cui stavano andando incontro ma, convinti di fare ciò che più era giusto, erano pronti a una morte prematura. Soltanto pochi, però, si erano preparati alla sofferenza della perdita di amici e io non sono uno di quelli e adesso soffro come mai ho sofferto nella mia vita e sono accanto a tutti voi che piangete per la perdita dei nostri meravigliosi ragazzi.

Tutto è avvenuto di sera , eravamo ormai rilassati poiché consapevoli che entro pochi giorni avremmo potuto smettere di nasconderci e avremmo potuto ricominciare le nostre vite a casa con le famiglie. Questa probabilmente è la causa della morte di Carlo e di Renato. Ci trovavamo nel buio appena fuori città quando vedemmo i tedeschi. Non riesco ancora a spiegarmi quale sia il motivo per cui si trovassero lì: fu casualità, una soffiata o furono attratti da qualcosa? Io ero rimasto indietro con un altro piccolo gruppo di persone, quando i tedeschi iniziarono a fare fuoco, potemmo vedere i nostri compagni scappare da tutte le parti. Io rimassi immobile scioccato e feci in tempo a vedere Carlo e Renato fuggire nella stessa direzione prima di essere scrollato da un mio compagno e cominciare, anch’io, a sparare fuggendo. Ormai sapevo di essere in salvo, ero lontano ma potevo ancora udire il rumore degli spari. Rimasi in ascolto e quando non udii più nulla mi diressi nel luogo vicino allo scontro. C’eravamo tutti tranne Renato e Carlo. Li aspettammo tutta la notte e, a notte inoltrata, ci dividemmo in piccoli gruppi a cercarli. Fui proprio io a riconoscere i corpi, ancora circondati dagli ultimi tedeschi, grazie al fazzoletto rosso che Carlo stringeva in mano. Il fazzoletto a cui era tanto affezionato e che stringeva per sentirsi più vicino a voi.

Soffro a raccontarvi quanto accaduto ma mi sembra giusto che voi conosciate tutto. Ero molto legato a loro, erano persone fantastiche, si volevano un gran bene a vicenda e riuscivano ad andare avanti l’uno con l’aiuto dell’altro. Per questo probabilmente hanno deciso di volare via insieme.

Le più sentite condoglianze

Marco”

Gli uomini dell’VIII Brigata della Divisione “Piacenza” al comando di Enrico Rancati entrano in città la mattina del 28 aprile 1945

 

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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