“Piacenza 1938-45. Le leggi razziali”, mostra allestita a Borgo Faxhall fino al 23 gennaio 2019

A 80 anni dall’approvazione delle “leggi per la Difesa della Razza” l’Isrec propone una mostra nell’interrato di Borgo Faxhall che fa seguito ad un percorso di formazione scolastica che ha coinvolto diverse classi degli istituti piacentini sui temi dell’Antisemitismo e del razzismo.

L’impatto, devo evidenziare con una punta d’amarezza, non è positivo a partire dal fatto che, essendo allestita appunto nell’interrato del centro commerciale dove si susseguono vetrine deserte, inevitabilmente mi ritrovo in assoluta solitudine. In secondo luogo i fittissimi pannelli carichi di notizie e considerazioni storiche non sono certo di facile lettura imponendo un tempo dedicato di qualche ora. Probabilmente consigliabile organizzarsi per partecipare ad una visita guidata contattando l’Isrec telefondando allo 0523-330346 o scrivendo a [email protected].

Detto questo va però precisato che, con il tempo a disposizione (almeno una mezzoretta), prime informazioni adeguate arrivano dalle numerose immagini fotografiche dell’epoca e dai ritagli del quotidiano piacentino all’epoca ribatezzato (per volere del Regime) nel guerresco “La Scure” sopprimendo l’ambiguo “Libertà” certo non gradito ai gerarchi fascisti in camicia nera.

Ferma restando la possibilità di approfondire comodamente a domicilio acquistando il volume “Leggi razziali e antisemitismo a Piacenza” di Carla Antonini, Scritture (edizione gennaio 2019) nelle librerie in leggero anticipo proprio in questi giorni prenatalizi. Il libro, analogamente ai pannelli della mostra, come si legge nell’introduzione, approfondisce il processo persecutorio che precedette e determinò l’invio ai campi di morte, le conseguenze esistenziali, sociali ed economiche per tutti coloro che nella nostra provincia subirono le discriminazioni antisemite.

In realtà, la nostra, era una provincia quasi “senza ebrei”: se ne contavano poco più di un centinaio e, dalle carceri di Piacenza, solo sei persone vennero inviate ad Auschwitz. Tuttavia anche i piacentini furono coinvolti nella campagna di formazione al razzismo orchestrata dal Regime attraverso la stampa e la scuola (in prima fila i professori dei licei cittadini). Come reagirano i piacentini? Il libro e la mostra rimangono nell’indeterminatezza: la maggioranza, per paura o per adesione ai messaggi della propaganda, si mostrò sostanzialmente indifferente di fronte alle persecuzioni, diciamo che ‘lasciò fare‘ ai funzionari periferici dello Stato in camicia nera o agli organi di Polizia, al massimo partecipando in base ad un razzismo generico.

Particolarmente zelanti, dunque, più che la popolazione nel suo insieme furono i rappresentanti locali dello Stato attraverso i quali si arrivò alla spoliazione dei beni, all’obbligo di residenza coatta, alla perdita del lavoro e infine agli ordini d’arresto per l’invio ai Lager nazisti. Il contributo generosamente dato dagli ebrei piacentini, evidenzia Antonini nel suo libro, alle imprese risorgimentali fino alla Grande Guerra e alle stesse campagne coloniali del fascismo, le opere di benificenza, i contributi alla scuola, all’economia e alla cultura locali vennero dimenticati e sostituiti dagli antichi pregiudizi dell’ebreo usuraio, ricco e affamatore.

Ma, ci si domanda, come fu possibile che nessuna famiglia protestasse contro il licenziamento di Anita Levi, scrupolosa maesta ebrea; nessun medico o infermiere del ‘Civile’, l’ospedale Guglielmo da Saliceto, si oppose per le dimissioni imposte al collega di radiologia di razza ebraica. Bisogna purtroppo riconoscere l’addomesticamento delle coscienze abilmente realizzato dal fascismo con la collaborazione e il ferreo impegno (riconosciuto dallo stesso Mussolini) del quotidiano La Scure a istruire i piacentini ad una “sana coscienza razziale“.

Alla fine, concludendo il percorso tra i pannelli della mostra, riflettendo sulle odierne posizioni di formazioni politiche italiane ed europee che sembrano riproporre atteggiamenti e slogan di quegli anni, ecco i nomi degli ebrei piacentini deportati nei campi di concentramento nazisti. Uno in particolare che qui vale la pena ricordare per non dimenticare l’orrore di quei giorni neri: Enrico Richetti, nato nel 1910, gestore in città di un negozio di macchine da scrivere, semplicemente ebreo. Arrestato a Firenze il 26 gennaio 1944, inviato a Fossoli, deportato ad Auschwitz con il convoglio n. 10 il 16 maggio 1944, muore a Dachau il 6 gennaio 1945.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a ““Piacenza 1938-45. Le leggi razziali”, mostra allestita a Borgo Faxhall fino al 23 gennaio 2019”

  1. grazie, a nome dell’Isrec, per la pazienza nell’esaminare e riflettere sulla mostra che, in effetti è soprattutto pensata per le visite guidate (almeno di un’ora però).
    Il tema del razzismo è molto complesso e ci interroga nella storia e nel presente, una mostra basata su una lunga ricerca necessita un po’ di dedizione e pazienza. La scelta del primo piano di Borgo Faxhall è stata fatta proprio per poter condurre un gruppo/una classe tranquillamente lungo il percorso, senza il disturbo di chi si reca a far compere.
    Grazie ancora!

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