“La taverna del Doge Loredan”, romanzo di Alberto Ongaro, Piemme

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[ digilander.libero.it/…/testi/Loredan.htm ]

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I romanzi di Ongaro sono fatti della stessa materia dei sogni, ha scritto Antonio D’Orrico e, con questo, tutto è stato detto, ben poco resta da aggiungere se non, semplicemente, abbandonarsi alla lettura. Il luogo, narra Ongaro, è una palazzina sul rio di San Felice ai piedi del ponte del Molin della Racchetta, sul lato sinistro del canale per chi vi arriva dalla laguna e dalla parte opposta a quella della chiesa. La palazzina appartiene a Schultz tipografo editore di discreto nome locale, naturalmente a Venezia. Una sera trova in cima a un armadio un libro malconcio e si ritrova a leggere una storia ambientata a Londra due secoli addietro con protagonista Jacob Flint, gentiluomo inglese con una passione per le mogli altrui che si muove a proprio completo agio in un mondo fatto di intrighi, duelli, amori e tradimenti. Inevitabile l’innamoramento per la bellissima e sfrenata Nina, proprietaria della Taverna del Doge Loredan ma attenzione. L’amante di lei, Terry Fielding, è addirittura il capo della malavita inglese. Perfettamente consapevole dei tradimenti dell’incontenibile Nina. Altrettanto determinato ed inesorabile nell’impedire che gli amanti che della bella locandiera hanno goduto le grazie o addirittura afferrato il cuore possano raccontarlo o riprovare l’ebbrezza dello stendersi in quel letto. Con alcuni non certo secondari corollari. Una caratteristica di Terry? Puzza! In modo infernale tanto che il suo arrivo è preannunciato quando ancora si trova ad isolati di distanza.  Quanto invece a Schultz, da non perdere d’occhio il fatto che, di pagina in pagina, si rende conto di inquietanti analogie con la propria vita fino a trasformarsi in protagonista entrando nella storia stessa. Fino allo sconcertante epilogo finale. Una lettura da non perdere, capace di tale coinvolgimento da rendere superfluo ed inutile, ove sussistessero carenze legate all’età, facilitatori di ardenti incontri con la propria compagna. Niente Viagra, insomma, nemmeno ove di regola coadiuvante indispensabile: le parole di Ongaro sanno trasmettere l’incontenibile sensualità della bellissima Nina, riportando il lettore ai fasti dei floridi ventanni. Col ché ben ne coglie la consorte, del lettore: risultato garantito.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a ““La taverna del Doge Loredan”, romanzo di Alberto Ongaro, Piemme”

  1. Del veneziano Ongaro ho scritto già in passato, proprio tra i tuoi commenti. Gli sono infinitamente grato per alcune meravigliose storie pubblicate su uno dei miei fumetti preferiti.

    🙂

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