“La leggenda di Schena e del suo mulo” (dal blog ‘Reparto Salmerie Vittorio Veneto’)

La tormenta, olio su tavola di Stefano Vavassori

L’artigliere alpino Schena, classe 1910, distretto militare di Belluno, era la macchietta dell’8° Reparto Salmerie della Divisione Julia.  Magro, lungo ed allampanato portava nelle carni il marchio delle privazioni e delle fatiche sopportate da sempre.  Le gote smunte ed incorniciate da una barbetta caprigna gli conferivano un’aria grottesca maggiormente accentuata dal peso della grande testa schiacciata tra le spalle cadenti.  Le braccia lunghe e magre, anche quando camminava, gli ciondolavano inerti lungo i fianchi e terminavano in due manone spesse e callose dello stesso colore del cuoio.  Al centro del capo, che portava pelato, spiccavano due lunghi ciuffi di capelli simili ai due ciuffetti di peli lasciati sulla criniera rasata dei muli della sua sezione (la 2a) per distinguerli.

 Schena era, infatti un conducente della 2° sezione e questo era la sua grande ambizione, il suo orgoglio.  Nino, il mulo che gli era stato assegnato, per una bizzarria del caso aveva più di un punto in comune con il suo conducente. Il modo stesso come era bardato (non erano serviti insegnamenti, consigli, ammonizioni) conferiva alla povera bestia una somiglianza quasi fisica con l’alpino. Affinità elettive……? Certo è che l’uno era fatto per l’altro; un affetto quasi umano li legava.

 Dopo il mulo Schena nutriva una devozione particolare per il tenente, il “suo” tenente, perché lui l’aveva capito! Il tenente aveva capito la sua fame atavica e gli passava i supplementi rancio e gli permetteva, cosa a cui ambiva in sommo grado, di intrufolarsi in cucina a pulire le marmitte (ci scappava sempre qualcosa per calmare la sua fame insaziabile). Il “suo” tenente gli leggeva le lettere della morosa e lo aiutava a sbrigare la rara corrispondenza che lo legava alla vecchia madre lasciata ad intristire in una baita del lontano villaggio di montagna.  Perché il “suo” tenente chiudeva un occhio su tante cose della “naja” che il povero Schena nella sua ingenua bonomia non riusciva a capire e che gli avrebbero potuto causare anche qualche grattacapo.

 Questo era il conducente Schena e questa che racconto la sua ultima avventura.

Ritirata di Russia, olio su tavola di Stefano Vavassori

….

 Finalmente a notte inoltrata arrivò l’ordine di ripiegare su Mariewka in direzione ovest verso Waluiki. Si camminò senza soste tutta la notte. L’alba ci sorprese impegnati in una marcia durissima, resa lenta dalle piste gelate e dal sovraccarico dei muli e delle slitte. Un vento gelido e tagliente soffiava da tramontana e mozzava il fiato; già si contavano i primi congelamenti. Ad Olichowatka fummo presi di mira dal cannoneggiamento di alcuni grossi carri armati russi.

Giungemmo a Mariewka verso l’imbrunire. Il freddo, la fame, la stanchezza ci avevano spossati. Si distribuì un po’ di rancio caldo approntato alla meno peggio e poi si ripartirono gli uomini sfiniti dal freddo e dalla fatica suddivisi per squadre nelle varie isbe del villaggio affinché potessero rinfrancarsi per affrontare le avversità che ancora li attendevano. Sentinelle venivano accuratamente disposte nei punti nevralgici del paese. Lo sfinimento ci fece piombare in un sonno profondo e pieno di incubi.

Ci giunse dall’esterno il crepitio rabbioso di alcune mitragliatrici. La notte era fonda; nell’aria gelida sfrecciavano le scie luminose tracciate dai proiettili. Di corsa ci radunammo in un punto precedentemente convenuto. Anche i nostri incominciarono a sparare; imbastimmo una debole difesa e ci riordinammo per proseguire verso ovest. Contammo le prime perdite, alcuni uomini infatti della squadra comando mancavano all’appello.

Verso l’alba si presentarono al Ten. Gilibert un ufficiale ed un caporale di sanità. Facevano parte di un ospedaletto da campo che operava nelle retrovie del fronte. Ci misero al corrente della loro situazione e quasi implorarono che venisse loro assegnata una slitta per trasportare due feriti gravi che la sera precedente avevano dovuto abbandonare in un’isba, affidandoli alle sole cure di un loro commilitone.

 L’ufficiale comandante la Sezione avrebbe potuto scegliere a caso ed ordinare a l’uno od all’altro dei conducenti di invertire la marcia. Il tenente Gilibert preferì invece parlare ai suoi Alpini; a loro prospettò la necessità, il dovere di soccorrere due commilitoni feriti che chiedevano, imploravano il loro aiuto: chi si sente di offrirsi volontariamente si faccia avanti”. Ci fu un attimo di incertezza, poi, ecco con il suo passo ciondolante avanzare il nostro Schena, seguito dal suo inseparabile mulo.

 “Agli ordini, sior tenente, se è solo per questo ghe vado mi. Mi go niente da perder….” E rivolto al mulo “elo vero, Nino?”.

 “Mandi” Schena, povero “vecio” Schena, umile e rozzo alpino del Cadore, ancora ti vediamo mentre sul bianco immacolato della neve ti allontanasti tenendo per la cavezza la tua “creatura”. Nei nostri occhi è rimasta impressa la tua goffa e sgraziata immagine che rimpiccioliva allontanandosi verso l’orizzonte. Eri divenuto un nero puntino che si perdeva nella candida e sconfinata desolazione della steppa gelata, fino a scomparire per sempre.

 (dalla bibliografia del Capitano Giliberti Gilberto di Prai)

I due ciuchini della neve o I due cugini, olio su tela di Stefano Bruzzi

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

2 Risposte a ““La leggenda di Schena e del suo mulo” (dal blog ‘Reparto Salmerie Vittorio Veneto’)”

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