La prima volta che metti piedi al Mudec, il Museo delle Culture di via Tortona 56, resti a bocca aperta di fronte all’enormità della struttura. Bisogna risalire agli anni ’90, quando il Comune di Milano acquista la zona ex industriale dell’Ansaldo per destinarla appunto ad attività culturali. Le fabbriche dismesse, veri e propri monumenti di archeologia industriale, sono state trasformate in laboratori, studi e nuovi spazi creativi. In questo scenario il Comune di Milano progetta un polo multidisciplinare dedicato alle diverse testimonianze e culture del mondo, sede espositiva delle civiche Raccolte etnografiche. Personalmente sono arrivato al Museo per la visita alla mostra dedicata a Marc Chagall e alle sue opere (grafiche e dipinte) ispirate alla cultura ebraica ma, quando alla biglietteria mi è stato prospettato l’acquisto del biglietto per una seconda mostra, non mi sono negato.
Certo, ignoravo chi fosse e sia David LaChapell ma, in quanto ammiratore e fruitore dell’arte visiva nelle sue più diverse espressioni, non mi sono negato. Con qualche perplessità iniziale ma, sia pur lentamente, sempre più coinvolto passando di opera in opera. La mostra, infatti, racconta delle visioni di un ex ragazzino bullizzato del Connecticut che giovanissimo, poco più che ventenne, approda negli anni Ottanta a New York e subito viene notato e assunto da Andy Warhol diventando in breve una star della pop culture.
Eccoci dunque di fronte a fotografie ricche di fantasia e spesso di ironia che raccontano della visione di vita e di società di David, partendo dalla passione per la Bibbia, per la religione, la fede, la trascendenza. Tra immagini nel bene e nel male mai banali, suggestioni, inevitabili riflessioni, colori splendenti quasi irreali, come dice l’esperto, “non si sa da che parte guardare” tanto risultano coinvolgenti moltissime delle opere proposte.
Coinvolgimento, dicevo. Soprattutto considerati i lavori che rappresentano la svolta green di LaChapell, caratteristica del periodo di trasferimento alle Isole Hawaii, dove ha vissuto nella natura incontaminata e quasi mistica, denunciando di conseguenza la necessità che il mondo cambi rotta per garantire la sopravvivenza umana ovvero il miracolo più importante nel quale l’artista vuole credere e in tal senso la sua opera si rivolge ai potenti e ai governanti padroni del destino del nostro pianeta avvertendo che la nuova, grande nave del divertimento (un Titanic moderno) se la natura violentata si ribella, affonderà senza scampo.