“Interno Argentino”, romanzo di Alberto Ongaro, Piemme editore, 2010

Alberto Ongaro, giornalista, romanziere e fumettista veneziano, ci ha lasciato nel 2018 a 92 anni. In Arzyncampo lo abbiamo incontrato leggendo diversi romanzi. Da “Il ponte della solita ora” a “La versione spagnola“, da “La taverna del Doge Loredan” (da molti considerato il suo capolavoro) a “Un romanzo d’avventura“, da “Il segreto dei Ségonzac” a “La maschera di Antenore“. Arrestato l’11 novembre 1943 per attività antifascista, incarcerato, costretto al servizio di leva, nel 1948 si trasferisce in Argentina dove vive per lungo tempo per poi trasferirsi in Inghilterra prima del ritorno nel 1979 nella sua Venezia. In “Interno Argentino” racconta la storia di Nico, giornalista che ritorna nella Buenos Aires dove ha vissuto e lavorato per alcuni anni nel periodo della ‘Guerra sporca’, la presa di potere da parte dei militari e l’avvio delle persecuzioni nei confronti di quanti sospettati di connivenze con le sinistre peroniste. Proprio quelle persecuzioni unite a presunte minacce personalmente ricevute furono le motivazioni ufficiali per fuggire dall’Argentina ma la realtà era ben più banale e quello delle persecuzioni era un semplice alibi. In realtà Nico aveva colto la palla al balzo per liberarsi di una amore adultero che, dopo quattro anni di bruciante passione, per lui era finito. Sidney era la donna che aveva strappato con facilità dalle braccia del marito e all’amore del figlio. Bella, bionda, sensuale, intensa, continuava ad averlo al centro del proprio cuore e della propria vita, anzi ormai pronta ad uscire dalla menzogna, a vivere con lui alla luce del sole. E lui, partendo, non aveva avuto il coraggio di dirle la verità, aveva preferito raccontarle che era in pericolo, che doveva fuggire per non essere vittima delle squadracce dei militari e dei fascisti. Passano gli anni, la dittatura militare è ormai superata e a Nico viene comunicato che l’affittuario dell’appartamento che ha lasciato a Buenos Aires è morto. Questo il motivo che ufficialmente lo spinge a tornare ma, in realtà, la sua sarà espiazione e castigo nella ricerca delle conseguenze di quel suo vile abbandono che, come scopriamo, aveva portato alla morte di Sidney, incapace di sopravvivere all’abbandono, alla fine dell’amore che aveva completamente avvolto la sua vita non permettendo di ritrovare serenità all’interno della famiglia “formale”. Si scoperchia dunque il vaso dei ricordi, tra indizi e supposizioni sugli eventi successivi, sulle mosse di Sidney che tornava all’appartamento teatro dell’amore clandestino fino a quando incontrava il nuovo inquilino. Vuoto, sofferenza, agonia, rabbia, disillusione, sconforto, pena, sono i sentimenti che Sidney ha vissuto e che Nico riconosce a posteriori e la causa la sua menzogna, l’incapacità, la scelta di non rivelare che semplicemente se ne andava perché per lui l’amore era finito. Ma basta questo per renderti estraneo, innocente delle sofferenze della donna che hai illuso, che ha creduto in te? Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti“, cantava Fabrizio De André, un’affermazione che, per quanto riferita ad un contesto completamente diverso, sembra perfettamente riconducibile alla storia di Nico, dei suoi inganni, degli alibi utili solo per mascherare l’incapacità di affrontare la verità con la conseguente morte di Sidney, travolta dall’amore per un uomo che si rivela falsità e delusione. Una verità può far male, ma una bugia uccide.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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