“Il tempo della rivolta”, di Donatella Di Cesare, Bollati Boringhieri editore, 2020

Rivolta. Moto spontaneo vissuto per lo più individualmente contro lo Stato, contro il potere della finanza, contro ogni limite alla libertà individuale. Come tale anarchia, priva cioè di una finalizzazione organizzata volta al cambiamento del sistema. Un’interessante riflessione filosofica di Donatella Di Cesare rispetto ad un fenomeno che sempre più spesso caratterizza le cronache di questo nostro mondo nel quale sempre meno incidono nelle scelte i bisogni del singolo individuo ma nel contempo analogo il destino di emarginazione dal potere della stragrande maggioranza delle popolazioni. Le piazze dunque si riempiono di rabbia. A Napoli, Milano, Torino, Roma, all’estero, dove basta un nulla per trasformare pacifiche manifestazioni in scontri infuocati senza una reale volontà collettiva iniziale. Risultato di un arretramento, di una perdita di credibilità quale riferimento della politica e dei partiti, espressione di una rassegnazione individuale, di una mancanza di sbocchi e di una conseguente scelta anarchica. Ma dove porta la rivolta, quale disegno, quale prospettiva, quale cambiamento e quindi quale futuro? Non è il ritorno della locomotiva di Guccini: al momento mancano prospettive, si tratta semplicemente di rifiuto del sistema, importante il semplice deragliamento di un treno senza considerare che il sistema di treni ne ha a disposizione centinaia. Quindi la rivolta costituisce rifiuto immediato, denuncia ma poi il progetto, il nuovo, il futuro forse verrà, non sappiamo da parte di chi. La rivolta infatti non ha volti, non è rivoluzione, è spontanea, non ha capi nè guide. La rivolta è a viso coperto dalla sciarpa, dalla maschera di anonymus, la sfida di un hacker celato nella rete. Se non fosse fatto spontaneo, vissuto individualmente, privo di comune prospettiva di cambiamenti, non sarebbe rivolta, diventerebbe rivoluzione. Già, ma nella realtà odierna, se non attraverso la rivolta, come altrimenti potrebbero muoversi i singoli di fronte al potere del sistema prossimo alla tirannia proprio perché il potere è ormai concentrato nelle mani di pochissimi? Ma attenzione. Una militanza non condivisa, una protesta limitata al singolo gesto non trova sbocchi, non fa male al sistema. Una vetrina rotta, l’assalto ad una banca non creano alternativa. Esprimono rabbia e la rabbia senza sbocchi successivi diventa strumento nelle mani del potere per una politica di controllo e repressione. Dunque un libro interessante, un messaggio per le sinistre oggi supinamente allineate e annichilite di fronte alle politiche di moderatismo del sistema che in realtà solo favoriscono gli interessi della grande finanza e di una destra rappresentante di un sistema di potere nelle mani dei pochi. Un libro che ci impone (in quanto uomini di sinistra) una profonda riflessione viste le cronache di questi giorni: in quale ambito ha trovato spazio e fortuna Renzi? Nel contesto di una sinistra (quella postcomunista) sconfitta dalla storia e dai propri errori filosofici che non ha saputo evolvere nella direzione della tradizione socialista preferendo il pantano della moderazione e dell’avvicinamento al centro moderato dei “padroni del vapore” (così, ricordiamolo, Renzi ha potuto permettersi di cancellare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori). Nessuno stupore, dunque, se tanti lavoratori si allontanano dalla politica e se per molti di questi comunque privi di rappresentanza altro non resta che la rivolta per quanto nella sua immediatezza come tale priva di prospettive e di futuro.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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