“Il romanzo di Londra – Storie, segreti e misfatti di una capitale leggendaria”, di Antonio Caprarica, Sperling & Kupfer editori, 2014

Sono stato a Londra. Alcune volte nell’arco dei tre anni nei quali mio figlio, Fabrizio, con l’allora compagna Elettra (oggi sua moglie e madre delle mie nipoti), l’aveva eletta come suo luogo di vita, di studio, di lavoro salvo poi rientrare nel vituperato BelPaese perché, come mi raccontava allora, “gli inglesi sono pratici ma quanto a cultura non ci fanno un baffo”. Con Dalila abbiamo visitato i luoghi che tutti conoscono, le vie del turismo che invade la città. Alcuni di questi li abbiamo trovati interessanti, altri letteralmente magici, alcuni deludenti, con una fama eccessiva, immeritata. Infine i luoghi, specie periferici, ignorati dai più. Tanti ricordi: quel tizio che, calato il buio, urinava contro il muro della banca mentre gli amici ridevano raccontandosi barzellette. La compostezza dei viaggiatori in metrò, sabato escluso quando troppa birra scatena istinti incontenibili. L’ufficio postale con all’esterno diversi bidoni per le immondizie e parecchi topi grigioneri. I bambini cinesi in sfilata sotto ad un drago per festeggiare il capodanno cinese. Il negozio di antiquariato con quell’acquerello ottocentesco che oggi fa bella mostra di sè nel nostro salotto insieme a quello di una fata che simboleggia l’artista di strada che è riuscita a piazzarcelo. Luoghi magici, dicevo, come Little Venice, piccola Venezia con i suoi canali, i suoi battelli ma nessuna gondola per cui resta magica senza tuttavia nulla togliere all’originale. La salita alle torri che sovrastano il ponte più famoso della città, l’abitazione di Sherlock Holmes che non ha nulla di meno della casa di Giulietta a Verona (in termini di capacità attrattiva per i turisti). Sono questi alcuni dei motivi che nella speranza di respirare quell’aria carica di magia, mi hanno avvicinato alla lettura del romanzo di Capranica, giornalista che a Londra ha vissuto per oltre ventanni e che racconta la città attraverso episodi storici degni del mito. Le tragedie. La peste, l’incendio che l’ha devastata, la Grande Guerra, i terribili effetti prodotti dai bombardamenti aerei e dalle V2 tedesche. Alcune pagine indubbiamente riescono a coinvolgere profondamente il lettore, a farci immedesimare nei personaggi specie quando romanzo e cronaca dei giorni nostri diventano tuttuno oppure veniamo a contatto con figure ectoplatiche di fantasmi e presenze misteriose. Decisamente noiosetto invece in molte altre parti nelle quali l’attenzione di Capranica si sofferma sulle vicende di una nobiltà d’altri tempi e, alla fine, mi fa pensare che senza dubbio alcuno difficilmente mi troverò a ripercorrere le pagine di questo libro: molti altri sono i romanzi che possono e potranno ricordarmi con nostalgia quei giorni nei quali viaggiavo sui treni, in underground, sui battelli sul Tamigi, visitando l’Isola dei cani passando nel tunnel sotto il fiume naturalmente con l’odore di piscio, passeggiando tra le gabbie dello zoo familiarizzando con un dolce donkey ed evitando lo sputo del lama mentre annoiati i leoni dormono e la tigre sbuffa, camminando infine nelle periferie del “sesto circolo” come Dartford, il quartiere d’origine industriale dove sono nati col loro blues rock negro Mick Jagger e i Rolling Stones. Che, forse non a caso, Capranica non cita privilegiando le storie della Regina.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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