“Il Pums alla luce di una riflessione filosofica”, l’intervento di Carmelo Sciascia per lo sviluppo della città

Piacenza, 3018: le persone lasciano l’automobile in garage e salgono sulla bicicletta, pedalando fino a scuola, al lavoro o a ristorante. Le piste ciclabili sono comode, larghe, estese, collegate ai punti nevralgici della città. E, soprattutto, non si rischia di centrare una buca e capitombolare per terra. Oslo, 2018: succede già, o quasi.

Mi è stato segnalato da Renato Passerini un incontro che si è tenuto alla Biffi questo mese di febbraio a cui non ho potuto partecipare. Un incontro proposto da Anspi Domus e Domus Justinae per promuovere ulteriori riflessioni sullo sviluppo della nostra città per gli anni a venire. L’argomento mi è sempre interessato, anche perché credo che ogni cittadino dovrebbe sentirsi parte in causa ogniqualvolta si discuta sulle linee di sviluppo della propria città. Implicito nel concetto stesso di cittadinanza è l’essere partecipe della vita della comunità “in pensieri, parole ed opere”. Qualche anno addietro avevo scritto sullo sviluppo della città da quando Piacenza era più piccola di Mortizza a causa del decreto napoleonico del 1812, che delimitava la città entro le mura farnesiane. Solo un secolo dopo e cioè con il Regio decreto del 1923 Piacenza “assorbe” i comuni di San Lazzaro Alberoni, Sant’Antonio Trebbia e Mortizza per prendere la configurazione dell’attuale estensione territoriale.

Se è vero, come già suggerito da Leibniz, ripreso da Linneo, che la “natura non facit saltus”, lo stesso non si può dire per le opere dell’uomo, delle sue costruzioni. Infatti contrariamente alla natura, per quanto riguarda le espansioni delle città e la relativa edilizia, pubblica e privata, di salti l’uomo ne ha fatti e continua a farne. A Piacenza noi ci fregiamo di possedere uno dei reperti più importanti della storia etrusca: il fegato. Fegato che oltre ad essere uno strumento usato dagli aruspici per le divinazioni a me sembra essere una odierna cartina geografica del territorio piacentino: un nucleo cittadino e le sue frazioni, un territorio attraversato da un groviglio di strade, autostrade, linee ferroviarie e da inconsapevoli corsi d’acqua!

Come dicevo c’è stata una vera e propria rivoluzione territoriale nel 1812, nel 1923, adesso circa cent’anni dopo un’altra rivoluzione ha sconvolto la struttura urbanistica della città. Bando a fronzoli e giri di parole, la scelta dello sviluppo economico della città basato sulla logistica. L’indiscriminato aumento della movimentazione delle merci nella nostra provincia ha avuto delle conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: Impermeabilizzazione del suolo, eliminazione di aree verdi ed agricole, incremento del traffico pesante, incremento della cattiva qualità dell’aria.

Avevo dato uno sguardo al PUMS: il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, presentato mesi fa in Comune. Oggi, alla luce di un sempre rinnovato interesse, mi piacerebbe fare delle semplici riflessioni. Il Piano che si dovrebbe occupare dello sviluppo della mobilità cittadina, di tutta la città, comprese tutte le frazioni, in realtà si occupa solo in parte del tessuto urbanistico di Piacenza. Premesso che vi è una certa confusione tra punti di forza e punti di debolezza del Piano, quelli che vengono considerati punti di forza sono spesso dei punti di debolezza.

Come può affermarsi ad esempio che la viabilità del polo logistico non interferisce con la viabilità di tutto il sistema viario cittadino? Forse i camion non intasano le vie di accesso alla città? O forse che non contribuiscono a peggiorare con i loro tubi di scarico l’aria di tutta l’area urbana?

Il termine interferire vuol dire sovrapporsi, ostacolarsi a vicenda, intromettersi. E credo che la circolazione da e per le Mose sia un punto di debolezza per il sistema di traffico che riguarda tutta la viabilità del Comune.

Si sostiene che la città è dotata di “una buona rete ciclabile, anche se in larga parte si tratta di percorsi promiscui ciclo-pedonali”. Purtroppo bisogna constatare che la rete ciclabile non è affatto capillare, è vero, come si sostiene, che i percorsi esistenti sono promiscui ma quel che è peggio è che sono spesso assenti totalmente in molte zone. Si sostiene che il Progetto è “un Piano che dialoga con il suo territorio”, sarebbe stato meglio specificare, un Piano che dialoga con una parte del suo territorio, visto che da questo progetto è esclusa tutta l’area e le frazioni del sud-est del territorio comunale. Tranne che appesantire quest’area con altre strutture che peggioreranno la condizione dell’habitat territoriale come la prevista realizzazione del parcheggio camion nelle vicinanza di Gerbido, il cosiddetto Truck Center a Borgoforte.

Tra gli obiettivi del Piano viene indicato come meritevole l’avere dato seguito alle priorità indicate dalla comunità locale, sembra in verità che dei suggerimenti proposti negli anni dai cittadini (testimonianze pubbliche), come di tante Associazioni (proclamate e conclamate prese di posizioni) siano caduti nel vuoto. Se è vero, come si è detto che l’urbanistica della città a Piacenza è cambiata ogni cento anni, non vorrei aspettarne altri cento per vedere un diverso indirizzo politico sullo sviluppo cittadino.

Non si può più aspettare. Non si tratta più di privilegiare solo un aspetto economico, etico o puramente estetico dello sviluppo cittadino. Questo è un falso problema, le diverse esigenze, non sono incompatibili tra loro, ma vi è la necessità che il potere politico ed economico ne prenda atto e si adoperi per una loro fusione, unica prospettiva che ci può salvare da un degrado che così continuando non potremmo evitare. Come riporta Remo Bodei nella sua opera “La filosofia del Novecento” sul contadino ed il suo aratro: l’aratro per il contadino era bello perché utile, quindi buono. Bisogna capire che bisogna costruire una città dove l’utile (interesse economico) si coniughi al bello (armonia architettonica) ed al buono (qualità dell’aria). Ancora una volta ce ne fosse di bisogno è la filosofia a venirci incontro, a darci soluzioni. Perfino il bistrattato Croce ci ha indicato come le categorie di bello, vero, utile, buono non si negano, né si superano l’un l’altro: sono semplicemente dei “distinti”, nei quali si articola l’attività dello Spirito (che poi sarebbe l’agire dell’uomo).  Parafrasando uno scrittore a noi contemporaneo mi verrebbe da dire: “Ho tentato di raccontare qualcosa sullo sviluppo di una città che amo, e spero di aver dato il senso di quanto lontano sia questo sviluppo dall’interesse dei suoi abitanti e dei suoi cittadini, cioè dalla ragione”.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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