“Il gioco delle tre carte”, secondo romanzo dal Bar Lume di Marco Malvaldi, Sellerio editore Palermo

Ultimo giorno dell’anno e ultimo romanzo (giallo) letto e recensito nell’anno. Per la precisazione la seconda prova della gente del Bar Lume, con Massimo che, insieme ad Aldo, si trova impegnato  in un catering di servizio ad un congresso partecipato da molti giapponesi. Ed uno di loro, dopo un leggero malessere che lo costringe in albergo, muore. Un bel mistero per il commissario Fusco che chiede aiuto proprio al barrista, Massimo per l’appunto, che diventa così protagonista di questa seconda prova letteraria (datata 2008) di Malvaldi. Relegando, contrariamente alle altre vicende lette, al ruolo di simpatiche comparse i quattro vecchietti abituali frequentatori del Lume, a partire dal nonno di Massimo, Ampelio. Ma, se dal punto di vista soggettivo la trama e la soluzione  finale hanno scarsa possibilità di entusiasmare (il punto di vista di Malvaldi è a metà strada tra un biologo informatico e un matematico, lontanissimo da un letterato quale ritengo d’essere), sono proprio gli interventi dei vecchietti o di Tiziana (la dipendente del bar) che s’impegna nel rinnovo del locale, a divertire il lettore in funzione anche di un buon principio di fine d’anno per cui, nel consigliare acquisto e lettura, non resta che lasciare a tutti quanti un buon anno nuovo, magari appunto con un brindisi al bar Lume, a Pineta, litorale di toscana.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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