“I peccati della bocciofila”, romanzo di Marco Ghizzoni, Guanda editore, 2015

Dopo “il cappello del maresciallo” eccoci di nuovo a Boscobasso, bassa lombarda, provincia di Cremona, la città del violino e delle tre T, torrone, torrazzo e tettasse. Placida provincia del BelPaese, tra la nebbia del Po, il caldo afoso che fa aloni sulle camicie sotto le ascelle e gli appettiti dei soliti vecchiacci che non si rassegnano al passar del tempo e, di fronte ad un signor paio di tette, strabuzza gli occhi, sbava peggio d’un cane davanti all’osso negato e si rammarica perchè il coso dentro le mutande ormai pensa ad altro. O dorme i sonni del giusto ignorando la voluttà montante lasciando spazio solo al rammarico e al ricordo. Un dramma. Visto che il bar annesso al bocciodromo di nuova costruzione voluto dal sindaco Ferraroni e dal parroco don Franco è gestito da una coppia di brasiliani. Lui, Antonio Da Silva, il marito, sempre chiuso in cucina, già con un bel paio di cornazze maturate altrove, a Milano, la grande città che proprio per quel paio di corna ha scelto d’abbandonare. Lei, al bancone, la Juliana generosa di una gran bella scollatura: e chi può negarsi al sogno di portarsela a letto? Non certo il Dermille, anzianotto capitano dell’Alma Mater, la squadra delle bocce che vuole qualificarsi per il campionato provinciale. Offre da bere, beve a sua volta senza limiti, per ingraziarsi la bella banconiera ma quella fa la smofiosa col bel Rinaldi, giovane e prestante, simil Alain Delon, la gelosia la fa da padrona, ecco la rissa, il bel Rinaldi molla un cazzottone che manda a terra il capitano della squadra. Anzi, il Dermille finisce con la testa proprio sulle scarpe di maresciallo Bellomo, appena entrato nel bar destinazione bagno per una sana pisciata. Salva così la crapa ma intanto nessuno ha capito e visto la causa dello scontro, il maresciallo non sa letteralmente che pesci prendere mentre l’Antonio sussurra nell’orecchio dell’appuntato Cannizzaro che è scomparso l’incasso della serata. Vicende, boccaccesche ma non troppo, che s’intrecciano con le storie della bella Elena e quelle della di lei madre, la Franca, la perpetua che, ormai alle soglie dei sessanta, riscopre quel vecchio amore giovanile per il Raffaele, l’oste nel frattempo cresciuto di chili e di pancia. Per tacere del Mancuso, ancora giovane brigadiere che, mentre altri miseramente falliscono, s’intrufola nel talamo della sessantenne Gigliola a scaldarle notti tra sudore e bollori. Il tutto intrecciato con le indagini del Bellomo, il successivo avvenelamento del Dermille, la squadra che perde la partita della vita ma il sindaco presenta ricorso alla FIB per la ripetizione della stessa. Insomma, 320 pagine di risate, colpi di scena, una suspence che ti trascina pagina dopo pagina senza capacità di mollare la lettura per abbandonarti nelle braccia di Morfeo.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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