“Elliot Erwitt 100 fotografie”, mostra nel Chiostro di Sant’Eustorgio a Milano fino al 16 ottobre (ma attenti a orari e chiusure estive)

Cento cavalli, by Elliot Herwitt

Ed eccoci nei Chiostri di Sant’Eustorgio, vescovo di Milano verso la metà del IV secolo. Ricavato sul luogo dell’antico convento domenicano, soppresso nel 1798, risulta prossimo alla Basilica del santo dove, come narra la leggenda, erano conservate le spoglie dei Re Magi prima del sacco del Barbarossa, che le portò a Colonia. Ma non solo. Nel 1234 il convento diventa sede del tribunale dell’Inquisizione, a capo del quale si trova, dal 1251, frate Pietro da Verona, strenuo combattente dell’eresia catara, assassinato l’anno seguente presso Barlassina dal sicario di un eretico e immediatamente canonizzato. Una visita, ovviamente da estendere all’annesso Museo, sicuramente allettante ma attenzione: attraverso una più approfondita ricerca in internet si scopre che per il periodo estivo fino ai primi di settembre al Chiostro si accede solamente dalle 18 alle 22 quando appunto il Museo è chiuso e, privilegiando la visita alla mostra di Herwitt, non resta il tempo per altro se non la consumazione di un aperitivo (compreso nel costo del biglietto d’ingresso) nella splendida isola del Chiostro che sembra l’ingresso ad una diversa dimensione, una Milano altra, di pace, serenità, contemplazione.

Spagna, Siviglia, by Elliot Erwitt

Ma entriamo alla mostra. Elliot, americano, tra i più importanti fotografi del Novecento realizzò importanti campagne pubblicitarie di successo. Tra queste l’immagine della prima auto con 100 cavalli nel motore: come presentarla al grande pubblico? Semplice: in mezzo ad una mandria di 100 puledri e l’idea, che lui stesso confessa gli venne come battuta, fu accettata con entusiasmo dai committenti diventando un grande successo. La sua seconda grande passione furono i viaggi che seppe descrivere e immortalare con il suo senso del saper cogliere l’attimo immortalando un’immagine che riporta il pensiero a situazioni del tutto diverse da quella che in realtà si svolge davanti all’obbiettivo della macchina fotografica. Così l’istantanea degli incappucciati. Alzi la mano chi non pensa immediatamente all’America violenta e retriva del razzismo più bieco, con un’immediata spontanea reazione di repulsione e condanna per tanta ignoranza. Ma basta leggere la didascalia d’accompagno ed ecco invece scopriamo che la scena si svolge in Spagna e quella che viene immortalata è una semplice cerimonia religiosa non troppo dissimile da quelle che si svolgono nel nostro BelPaese.

New York, by Elliot Herwitt

Altro tema caro all’artista, la modernità e naturalmente la grandeur americana (quella degli anni ’50 e ’60) che vorrebbe far dimenticare o comunque delegittimare quanto vantato dai nostri cugini d’oltrealpe. Ecco dunque New York, i palazzi che sfidano il cielo per lo stupore e l’ammirazione da parte dei turisti di tutto il mondo. Ma non solo: ai pannelli che si susseguono ammiriamo i ‘grandi‘ Presidenti d’oltroceano, da Kenndy a Nixon che sembra minacciare Krushov per metterlo politicamente in riga, con le spalle al muro mentre in realtà i due stanno discutendo certo animatamente ma semplicemente in merito ai macchinari esposti ad una mostra agricola. Perché la fotografia non è tanto rappresentazione di una realtà ma più concretamente quanto ti trasmette.

Polonia, by Elliot Herwitt


Grande ritrattista, Erwitt ha poi immortalato numerose personalità che hanno caratterizzato la storia del XX secolo, dai padri della rivoluzione cubana, Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara, in una rara espressione sorridente, a Marilyn Monroe, forse la stella del cinema più fotografata di tutti i tempi, colta sia in momenti privati e intimi sia nei momenti di pausa sui set dei film. Tuttavia di grande interesse ho invece ammirato le immagini delle due donne polacche e ancora più il gruppo di ragazze ungheresi, interessanti simboli rappresentativi (per il fotografo) della nostra Europa che quanto ad impressioni e sensazioni interpretative lascio all’immaginazione di chi osserva.

Ungheria, by Elliot Herwitt


Altri temi ricorrenti nella carriera di Erwitt, quello dei bambini che ha amato e con i quali ha sempre avuto un rapporto speciale. A questi scatti si affiancano quelli dedicati agli animali, in particolare ai cani, presi in pose il più delle volte buffe o che richiamano un atteggiamento antropomorfo d’imitazione dell’uomo. Veramente agghiacciante invece la foto dei due lavandini, quello decoroso riservato ai bianchi e il secondo, misero, per il popolo nero. Un’America retrograda, deculturata, che purtroppo oggi sembra affascinare molti anche nella nostra realtà culla della cultura, dell’integrazione, della solidarietà. Una tristezza decisamente incontenibile.

North Caroline, by Elliot Herwitt: “erano i tempi in cui i neri in america non potevano sedersi tra i banchi sugli autobus, o ai concerti o al cinema. Non potevano entrare nella maggioranza dei ristoranti e nei luoghi pubblici. C’era il dovere di separare ciò che era destinato ai bianchi e ai neri“. Una foto semplice e tagliente come una lama. E’ il potere di sintesi di un’immagine che racconta senza alcuna ironia e maglio di ogni parola la realtà sociale della Carolina del Nord negli anni ’50 denunciandone la profonda ingiustizia

Infine la mostra prosegue con le immagini che rivelano lo spirito romantico di Erwitt e che mostrano coppie d’innamorati che si scambiano momenti di tenerezza, oltre alla documentazione della sua attività come fotoreporter in Francia, Spagna, Italia, Giappone, Russia.

Wyoming, by Elliot Herwitt

Purtroppo inevitabile un appunto finale all’organizzazione: naturalmente si conclude con la sosta al bookshop innanzitutto per l’acquisto del catalogo. Sorpresa: presente una sola copia, altre forse in arrivo. Che dire? Ci si rassegna, ce ne si fa una ragione. Però si potrebbe acquistare l’interessante guida che illustra il Chiostro. Niente da fare: la ragazza addetta rivela che “non mi hanno lasciato la cassa!!! Senza parole, non resta che passare al buffet e davvero il contesto, l’atmosfera, il servizio che pure in questo caso lasciano senza parole ma in questo caso per l’accuratezza dell’insieme. Non ci s’allontanerebbe più ma alla fine la fame incalza. Nessun problema, a pochi passi dall’uscita, nella vicina piazza, attende l’Osteria di Sant’Eustorgio: risotto classico (con lo zafferano) e, se qualcuno ce la fa (ma meglio una portata ciascuno che non strafoca nessuno), la classica cotoletta alla milanese, le orecchie d’elefante. Buon appetito, dunque.

L’aperitivo al Chiostro di Sant’Eustorgio, una dimensione diversa nella Milano ‘altra’

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.