Domani, 27 gennaio è il Giorno della Memoria. Si è stabilita questa data perchè il 27 gennaio del ’45 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate in una offensiva in direzione della Germania, arrivarono per prime nel campo di Auschwitz. La scoperta del campo e le successive testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazifascista. E preziosa è stata la testimonianza di Primo Levi nel suo capolavoro letterario “Se questo è un uomo“. Riporto quel momento trascrivendo alcune indimenticabili righe che raccontano dell’arrivo del soldati russi, in una fredda giornata di gennaio (il 27) al campo di Auschwitz , il giorno della liberazione, della libertà.
“La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sómogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera.
Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi.
A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era piú alta del campo) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo.
Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo.
Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa“