“Come un romanzo”, saggio di Daniel Pennac, Feltrinelli editore, 2006 (13^ edizione)

Può succedere: di prendere lucciole per lanterne. Conosco il Pennac romanziere e in quanto tale ho acquistato (qualche anno fa, “a scatola chiusa“) e letto questo suo libro che, invece, si è rivelato tutt’altra cosa rispetto all’atteso, per l’esattezza un saggio. 139 pagine per dissertire e riflettere sul fatto che i giovani leggono poco. I ragazzi, specie se giovanissimi, preferiscono impegnare il loro tempo giocando (en plen air oppure purtroppo con i videogiochi davanti allo schermo televisivo), conversando tra loro sui misteri della vita, sulla bellezza e sull’amore, sui fatti della domenica sportiva, insomma di tutto tranne che leggere. Del resto ve l’immaginate un adolescente che legge “Guerra e Pace“? Personalmente me ne preoccuperei. Che, alla fine, è anche la tesi sostenuta da Pennac: ogni cosa ha il suo tempo e se un ragazzo oggi non legge nulla esclude che giunga un tempo nel quale diventerà un appassionato lettore. Ve l’immaginate un genitore che ordina al figlio di smettere di stare alla televisione per leggere un libro? Non otterrà nulla, non verrà preso sul serio e, al massimo, il ragazzo prenderà il libro ma con un fumetto nascosto tra le pagine. Insomma, i ragazzi devono trovare da soli il piacere della lettura. Al massimo si può pensare all’aiuto da parte della scuola e di qualche professore illuminato che sappia stimolare l’interesse alla lettura. Perché attenzione: troppo spesso anche i professori si limitano ad ordinare di leggere, non puntano sullo stimolo del piacere della lettura ma semplicemente collegano la lettura all’obbligo legando il tutto alla valutazione del rendimento scolastico. Spesso senza nemmeno cogliere il fatto di indicare libri che suscitino l’interesse dei giovani: difficile pensare che un giovane undicenne possa essere veramente interessato alla Divina Commedia o ai Promessi Sposi, opere con scarsi riflessi sul vissuto quotidiano del giovane studente (che magari un giorno si avvicinerà alle grandi opere del passato ma solo una volta acquisito e compreso che la lettura, l’approfondimento può essere un piacere). Insomma, bisogna far capire (ma al momento giusto della vita e della crescita) che il libro è prima di tutto un amico e non un mattone. Come un romanzo ” si presenta dunque come libro riflessivo, un saggio dicevo che giunge ad affermare i dieci comandamenti della lettura, dal diritto di non leggere, al diritto di saltare le pagine, al diritto di non finire un libro, al diritto di leggere ovunque. Regole per affermare che non esistono regole fisse cattedratiche, ognuno sviluppi le modalità di lettura o di non lettura che più gli aggradano, altrimenti non sarà mai un lettore, specie appunto se costretto ad esserlo. Detto questo personalmente sarò sincero: credevo di leggere un romanzo, ho letto un saggio e avrei preferito leggere altro. No, non rileggerò questo libro che, comunque, ho letto fino all’ultima parola probabilmente grazie al fatto che sono pensionato, che siamo costretti per prudenza e cautela anti-covid a stare in casa il più tempo possibile, che fin da giovane, nato in una famiglia proletaria nella quale il libro era un lusso, ho sempre ritenuto che una volta acquistato un libro deve essere letto perché guadagnare i soldi spesi è fatica e vanno onorati. Ma questo è un mio pensare.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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