“AnnaMaria capelli di stoppa”: ieri, manigoldo quel caffè al sapor di cioccolata ed eccola di nuovo

Manigoldo fu un caffè al sapor di cioccolata. Ieri, venerdì, al bar, poco prima d’andare al lavoro, con quella collega incontrata in via Taverna che ordinava un cappuccino e d’un tratto ecco un improvviso e inatteso viaggio a ritroso fino a quel 1° maggio 1970. Avevo chiesto un appuntamento ad AnnaMaria “capelli di stoppa” (come la chiamavano i miei amici per canzonarmi) e lei, incredibile, aveva accettato. Così avevo rinunciato a partire per il San Giorgio, il campo scout di primavera: i suoi occhi ne valevano ben la pena e i miei ragazzi, gli Scoiattoli, per una volta si sarebbero arrangiati da soli. C’incontrammo, nel primo pomeriggio, all’incrocio tra lo Stradone Farnese e Corso Vittorio Emanuele. Fatti pochi passi, entrati in un bar, ordinammo due cioccolate calde (la giornata era freddina e piovviginosa). Parlammo per ore, di tutto, di più, di tanto e di nulla. Alla fine, giunta l’ora (per lei) del ritorno a casa c’incamminammo verso la piazza, verso la fermata del bus e lì, in attesa, guardandoci con gli occhi sognanti, come i due innamoratini di Peynet, come vivessimo una poesia di Prévert, trovai il coraggio, emozionatissimo, di chiederle (parola più, parola meno) “vuoi essere la mia morosina?” e lei, emozionatissima a sua volta, sorridendo rispose d’un fiato ““. Avevamo sedici anni e fu un amore vissuto mano nella mano, dolcemente e con la delicatezza della prima volta, dei nostri primi passi nei campi verdi dell’amore. Ballando stretti stretti al suono del giradischi con Mina che cantava ‘Insieme‘. Seduti sulle panchine tra gli alberi del Facsal con la brezza primaverile che raccoglieva i nostri sogni e le nostre timide, prime parole d’amore. Con l’estate arrivò la fine della scuola e per noi vederci diventò complicato, gli incontri diradarono (lei abitava in periferia, io in centro città). Ai primi d’agosto, partito per il campo scout, alle falde del Monte Rosa, le scrissi una lettera, raccontando che la mia diserzione al San Giorgio di primavera mi costava il ruolo di caposquadriglia ma tra questo e quell’incontro con lei ovviamente non c’era partita: evidente omaggio a ribadire l’eternità del nostro Amore. La sua risposta fu una sorpresa e una tragedia: il babbo non stava bene e lei non se la sentiva di proseguire la nostra relazione. Tornato in città a metà agosto passai giorni seduto sulle poltroncine del Bar Gentilotti davanti all’ospedale nella speranza d’incontrarla ma così non voleva messer il Destino. Quell’Amore eterno, inutile illudersi, era giunto al capolinea. Il mio cuore era spezzato. Eppur venne settembre, l’amico Angelino organizzò una festa nella grande casa del nonno, alla fine di via Borghetto, nella Piacenza delle contrade popolaresche. Qualcuno propose il gioco della bottiglia che ruota, che gira, rigira e chi piglia, la pena se la piglia. Così il collo di quella bottiglia indicò Giuliana (che da poco usciva con Angelino) e la pena galeotta predefinita (non per mia scelta) era un mio bacio. Giuliana … subì senza resistenza alcuna e a quel bacio ne seguirono dieci, cento, mille e più, fino alla fine delle superiori. Così l’amore per AnnaMaria capelli di stoppa rimase un ricordo perché come si dice “morto un Amore eterno, n’arriva un altro” (mia madre ha sempre detto “dai un calcio a un sasso e di donne ne trovi dieci“). Certo, il primo Amore, un bel ricordo, eterno, che ancora con la sua innocenza scalda il cuore, ma nulla più: ci perdemmo di vista, non ho più saputo nulla di lei ma ieri, al bar prima del lavoro, bevendo quel caffè chissà perché al sapor di cioccolata, con la collega incontrata lungo lo stesso cammino che ordinava un cappuccino, l’imprevisto riaffiorare di quei giorni mi ha fatto sorridere, mi ha ancora ‘scaldato il cuore‘. Felice di rivivere quei ricordi del tempo ragazzino, l’età delle mele verdi. Quanto a Giuliana, pochi giorni fa scambiando quattro ‘chiacchiere’ via messenger con un amico virtuale di facebook, scoperto che vive nello stesso paese in provincia, ne abbiamo parlato e finalmente, dopo tanti anni, quell’amico virtuale mi ha rivelato il cognome assunto da maritata. Sempre perché “morto un secondo Amore eterno, (che stavolta era durato tre lunghi eterni anni) ne doveva arrivare un altro ancora“. E non sarebbe finita lì, la lunga e tortuosa strada n’aveva ancora di curve, rettilinei, intralci, sensi unici, deviazioni (del resto, dato il calcio al sasso, come diceva sin d’allora la mia mamma, di donne ne dovevan saltar fuori almeno dieci e i conti eran ancora ben lungi dal tornare) per alfine arrivare alla fine di questo 2018 col caffè manigoldo chissà come al sapor di cioccolata. Chissà come sono oggi i capelli di AnnaMaria.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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