“Quasi giorno, quasi casa quasi amore – L’avventura di Un Alpino che torna dalla guerra, raccontata dal nipote, sessantacinque anni dopo”, di Luigi Torreggiani, Pontegobbo editore, 2013

“Guerra finita! Duce kaputt!”.

Di fronte a queste parole Luigi Cattivelli avvertì un brivido attraversargli la schiena in un misto di emozione, frenesia, panico, felicità, paura. Subito si rese conto che il giorno giusto era arrivato, che il momento tanto sognato e spesso creduto impossibile era davvero a portata di mano, lo stava vivendo, ne era partecipe. Quelle parole le aveva pronunciate l’austriaco Franz, il suo controllore e secondino, un uomo robusto dall’aspetto mite appena smorzato dalla rigidezza della divisa. Le vicende della storia e della vita lo avevano costretto a partecipare alla guerra, ma in realtà detestava le armi. Nel pronunciare quelle parole, udite da una radio gracchiante che insieme al resto annunciava l’imminente caduta di Berlino, era anche lui preda dell’agitazione e dell’impazienza.

Così inizia il racconto di Luigi Torreggiani, nipote di Luigi Cattivelli, nonno materno, che a lui bambino ricordava i giorni della cattura in Montenegro da parte dei tedeschi dopo l’8 settembre 1943 e i giorni della prigionia a Klagenfurt, in un campo di lavoro. Dove una mattina sentì l’annuncio alla radio e, per lui, iniziava la fuga, un lungo cammino spesso a piedi verso il confine italiano, per un lungo tratto in compagnia proprio del suo carceriere. Destinazione la lontana Sarmato, in provincia di Piacenza, un percorso di circa 600 km per arrivare a casa, il paese dove Luigi faceva il cavallante, curava i cavalli e trasportava i prodotti agricoli e le attrezzature nelle diverse aziende. Lo seguiamo in un panorama di macerie, camion jeep, uomini e armi tra il freddo delle montagne, gli americani che provvedono a disarmare gli italiani in fuga dall’Albania, la paura dei partigiani Titini in cerca di vendetta proprio contro gli italiani, i cani randagi, i partigiani italiani a controllare che tra i “ritornanti” non ci fossero immischiate camice nere. Pontebba, Tarvisio, Udine e qui un colpo di fortuna, due americani vanno a Bologna e Luigi, con un improvvisato compagno di viaggio, Carlo, sale e si nasconde sul retro del mezzo. Un lungo percorso ancora da compiere, molte vicissitudini che seguiamo proseguendo la lettura, molte paure, cautele, fame, seguendo le rive del Grande Placido Fiume e, finalmente, la Val Tidone, casa. Il nipote dunque, come dicevamo, ci propone con questo libro una testimonianza in bilico tra Storia e indagine personale sui valori della vita. Una lettura interessante che ci racconta di un segmento di vicende spesso trascurato nei resoconti di guerra: la storia non tanto dei combattimenti (e fateci caso: furono tanti a non voler ricordare e a non raccontare quei momenti) ma del ritorno alla vita civile, della divisa e del moschetto finalmente attaccati al chiodo.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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