1943, dall’Ucraina a casa: il diario (pacifista) di un soldato sul fronte orientale (tratto da un articolo di Anna Anselmi sul quotidiano Libertà)

 

Federico Chiesa (a sinistra nell’immagine), 99 Primavere, un paio d’anni fa rivelò al figlio, Fausto, di quel diario conservato nel baule in cui narrava della fuga dalla Russia e dalla guerra, lui, italiano, uomo di Pace. E il figlio ne ha fatto un libro, il libro che Federico, orgoglioso e commosso, tiene in mano. Un libro. Contro la guerra, per la Pace, un libro italiano, un libro nostro.

C’era anche Federico Chiesa, 99 anni ben portati, nel pubblico che numeroso ha partecipato all’auditorium di Borgonovo alla presentazione del libro Il diario di Federico. La vita e la guerra. Da Griscino a Verona (1943) , edizione Scritture, che raccoglie le annotazioni in presa diretta dell’allora soldato piacentino, arruolato nella brigata sanità destinata ad allestire ospedali di riserva per i feriti sul fronte orientale.

Quando ormai si prospettava la disastrosa ritirata, Federico Chiesa, classe 1913, aveva trovato casualmente in una caserma abbandonata un bloc-notes, sul quale giorno dopo giorno, dal 10 febbraio 1943, ha fissato impressioni e ricordi su ciascuna delle tappe di un lungo viaggio attraverso l’Ucraina, la Polonia, l’ex Cecoslovacchia, l’Austria per tornare finalmente a mettere piede sul suolo italiano il 28 marzo 1943, al Brennero. Quel diario è stato ora integralmente pubblicato, preceduto da capitoli di inquadramento storico redatti dal figlio Fausto Chiesa e seguito da una sezione fotografica.

Confortato dalla fede e dal pensiero rivolto ai familiari lontani, Federico, nonostante i patimenti per il freddo, la fame (ricorrenti le annotazioni sul cibo, quasi un miraggio di cui fare tesoro col pensiero, in momenti tanto incerti) e le schiere di “carri armati” come erano soprannominati i pidocchi, ha spesso sentimenti di pietà e comprensione umana, per la popolazione ucraina impaurita e impoverita dal conflitto, ma ospitale e generosa; per i prigionieri russi, sottoposti a trattamenti crudeli dai tedeschi. Qua e là compaiono osservazioni sull’avventuroso itinerario: i “maestosi palazzi” di Griscino (Hryshyneh), la “dolce e sorridente” Balta, la primavera che fa capolino a Kolomiya, dalla Cattedrale ricca di opere d’arte (“bei quadri e antiche pitture”), ma niente può uguagliare la gioia del rivedere la patria. “Viva l’Italia terra di sogni e di bellezze. Evviva Italia bella” sono le invocazioni che concludono il diario, alcuni passi del quale sono stati letti a Borgonovo da Dalila Ciavattini tra i quali l’affermazione finale, quella che ci commuove e nella quale ci identifichiamo: “noi, italiani, noi non siamo fatti per la guerra“. Noi siamo per la PACE. Pace, Amore, Libertà.

Grazie Federico, per questa testimonianza, grazie amico, scrittore e storico, Fausto per esserti fatto promotore e divulgatore del messaggio di negazione della guerra e di pace. E allora, ora e sempre, Pace, Amore, Libertà.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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