Verona: la suggestiva cripta con la tomba di Giulietta, emozionante scenografia per turisti innamorati

Verona, l’ingresso all’ex convento dei Francescani: in fondo al vialetto, si svolta a sinistra per arrivare al cortile interno dove si trova la cripta con la tomba di Giulietta Capuleti

L’abbiamo già evidenziato: la Verona che richiama lungo il percorso che fu la storia tramandata da William Shakespeare di Giulietta e Romeo, dalla casa dei Capuleti, alla casa dei Montecchi, al famoso balcone, alla stessa effettiva esistenza di una famiglia dei Capuleti, per finire alla tomba di Giulietta, tutta una grande trovata ‘commerciale’ capace di attirare milioni di visitatori a Verona, città dell’amor sognato.

Eppure eccoci in una cripta sotto l’ex convento dei Francescani, un edificio appena fuori le mura, colti dalla curiosità di vedere il luogo e soprattutto capire il confine tra una plateale leggenda e quanto possa esserci qualcosa di vero nella storia di questa tomba.

Un sarcofago vuoto! E, come sulle mura che conducono nel cortile interno della dichiarata casa dei Capuleti, miriadi di scritte, ovunque sparse, sui muretti, sulle colonne d’entrata alla ‘camera sepolcrale’, sugli scalini, sulle pareti anche oltre le scale esterne, scritte di innamorati che disegnano cuori, nomi, date, frasi, iniziali.

In realtà, emozione e predisposizione d’animo a parte, di vero c’è nulla (sarcofago a parte), un pò come essere a Gardaland. Intanto la cripta, alla quale si arriva scendendo una scaletta che porta sotto il livello terreno, non è una vera cripta ma un locale che fu riadattato a tale funzione per rendere tutta la scenografia maggiormente suggestiva.

Il complesso che fu dei frati Francescani, databile al XIII secolo, cadde in rovina e nell’Ottocento vi si trovavano le Franceschine. Erano loro che aprivano lo sgangherato cancello per accogliere coloro che, avendone ‘sentito parlare’, venivano a Verona per visitare quello che era additato come il sarcofago di Giulietta, morta suicida per amore.

All’epoca era nell’orto del convento, soggetto a tutte le intemperie. Non era il sarcofago di Giulietta, nessuno sa a chi fosse appartenuto, forse è di epoca romana, ma è un vero avello anche se lungo i secoli i suoi impieghi sono stati i più diversi, fino ad essere un abbeveratoio e una vasca dove lavare panni e lenzuola.

Le Franceschine nel 1848 se ne andarono e il complesso, avello compreso, vennero abbandonati a se stessi. Molti i progetti di recupero. Ormai il luogo era universalmente riconosciuto come meta dei pellegrinaggi romantici per portar omaggio all’amore di Giulietta ma il tutto si limitò allo spostamento dell’avello sotto il porticato.

All’inizio degli anni ’30 la Metro Goldwin Mayer, la celeberrima Casa Cinematografica americana sbarcò a Verona, intenzionata a girare un film sulla storia di Romeo e Giulietta. Il film ebbe un grande successo internazionale e per Verona cominciò l’assalto di gente che voleva vedere i luoghi dei due sfortunati innamorati, un intrigante stimolo per gli innamorati d’ogni età.

Antonio Avena, all’epoca direttore dei musei veronesi, capì che se avesse ricostruito una degna tomba della Giulietta, avrebbe fatto centro. Così ripulì due vani sotterranei, che erano forse adibiti a cantina, trasformandoli in una ‘cripta’. La scenografia, che è stata ricostruita per conferire al luogo un’ adeguata ambientazione, è veramente da applauso. L’atmosfera non sa di artefatto, i dettagli sono ben congegnati, alla fine c’illudiamo, quasi quasi crediamo davvero che quella sia la tomba di Giulietta e sicuramente lo riconosciamo come simbolo di un amore negato al quale tutto donare, compresa la rinuncia alla vita. Insomma, per un attimo ci abbandoniamo al sogno e ci ritroviamo avvolti nel mito della leggenda.

 

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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