Svendersi per quattro lire? No, grazie. Meglio una sofferta ma dignitosa coerenza: l’impari certa pseudo sinistra di governo

Nei giorni scorsi ho incontrato una collega, Ornella, prossima alla pensione. Pur operando in settori diversi della stessa Azienda, Ornella spesso si è trovata nella posizione di poter conoscere i miei metodi di lavoro e giudicarmi. Il suo abbraccio di saluto, in odore di stima espressa, mi ha spinto ad alcune riflessioni.

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Ovunque abbia messo il naso a parole mi hanno insegnato: sii sempre te stesso, non scendere a compromessi, non essere uno yes man, lavora non per qualcuno ma al servizio di tutti e soprattutto di chi parte svantaggiato. Lezione imparata, lentamente sedimentata, diligentemente applicata e subito sono partite le bastonate perché nella realtà chi non si associa supino al gruppo che detiene il bastone del comando rispettando ossequiosamente le gerarchie, non serve non è utile, forse quasi sicuramente è pericoloso.

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Dunque, a conti fatti, conviene sempre chinar la testa, mettersi al servizio del potente del momento? Mi sono impegnato, dopo la laurea ho viaggiato per studiare le tecniche migliori per la gestione del personale, operando nell’interesse dell’Azienda e mantenendo nel contempo il consenso dunque agendo senza ignorare le legittime aspettative dei lavoratori all’insegna del motto che ogni Azienda appartiene a chi lavora. La gestione del personale secondo logiche dal volto umano.

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[ “Funambolismi”, di René Magritte ]

[ osolemia.wordpress.com/…/magritte/ ]

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Nella Yugoslavia di Tito a scegliere i dirigenti erano i lavoratori della fabbrica. Si chiamava autogestione. Nel BelPaese la storia a volte è tutt’altra. Quando anni fa, dopo la laurea, entrato nel mondo del lavoro e finalmente in un’Azienda pubblica concreta, si è trattato di arrivare al dunque ed era in discussione la posizione di Direttore del personale, una bella fetta dei lavoratori da “gestire” ha espresso gradimento per il mio nome. Dal basso, dunque. Ma nel BelPaese questo, dicevo, talvolta non c’azzecca per nulla.

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La Direzione dell’Azienda ha naturalmente scelto un altro collega. Quello che era passato dal consigliere regionale del Partito (allora comunista, poi D.S., ora P.D.), a lamentare lo scarso spazio riconosciuto. Quello che, anticipando i tempi, flirtava con il consocio affiliato alla Margherita. Quello insomma fedele alla linea. Del potere che in quel caso era prevalentemente di centrosinistra senza tuttavia negarsi qualche venatura di centrodestra. La scelta infatti era condivisa e concordata anche dall’allora Direttore del settore economico, quello con le chiavi della borsa dei soldi, quello dunque intoccabile anche se o forse proprio perché amico del parlamentare d’orientamento di destra; ebbene anche quel Direttore diede disco verde alla nomina del giovane fedelmente abbonato all’Unità lanciato alla ricerca di appoggi “a tutto campo”: lo riteneva, come mi ha candidamente confessato, più malleabile, più fedele, più vincolabile.

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[ “La lampada filosofica”, di René Magritte ]

[ vulcanochimico.ilcannocchiale.it/2007/06/21/a… ]

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Ancora oggi, a tanti anni di distanza, anzi oggi più di ieri e meno di domani per quanto mi riguarda arrivano spesso e volentieri pesanti bastonate per scarso allineamento e nulla disponibilità all’ossequio di convenienza. E mentre massaggio le parti del corpo doloranti assisto ad incredibili regalie a favore dei fedeli di certi potenti governanti magari tali per grazia ricevuta dal gruppo d’appartenenza, di destra o di sinistra che sia (ma allora, cari compagni, qual è la differenza?).

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Mia moglie con fatica e dignità lavora con qualifica operaia per una cooperativa di servizi. Nulla a che vedere con la mia Azienda, nessuna regalia alla gentil consorte da parte mia, nessuna scorciatoia utilizzando la mia posizione dirigenziale in Azienda ottenuta secondo trasparenza e professionalità secondo rampicanti sentieri in salita, quasi sempre arrivando arrancando ben dopo altri colleghi in apparente rapido sorpasso. Certo farebbe comodo giungere a compromesso, svendersi per un buon posto fisso e meglio remunerato per la moglie mia. Ma la dignità non ha prezzo.

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[ “La magia nera”, di Renè Magritte ]

lamanosinistra.splinder.com/archive/2006-07 ]

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La moglie del collega Direttore di un certo settore di un’Azienda naturalmente pubblica, per decenni di qualifica direttiva in un altro ente, non gradendo quel nuovo dirigente dal quale sarebbe dipesa, ha ben pensato d’abbandonare l’ente d’appartenenza facendosi affidare un incarico temporaneo quinquennale (mica bruscolini! Son quegli incarichi ad personam, straordinari, fuori dalle regole consuete, che nemmeno il Ministro Renato Brunetta riesce ad evidenziare). Ovviamente incarico nella citata Azienda pubblica del marito. Naturalmente col gran salto in qualifica dirigenziale lasciando voragini di dubbi quanto al possesso dei requisiti. Certo, sospetti da comari, da malelingue, in realtà tutto regolare, nulla di illegittimo sicuramente, ma l’opportunità proprio quel certo “potere” non sa in che casa sta.

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Quel collega dunque è di certo potente, inserito, arrivato, ben pagato. Riverito quando passa nel cortile, quando entra nella mensa aziendale della sua Azienda pubblica in compagnia della consorte scimmiottando certi potenti latifondisti del primo novecento. Temuto. Stimato no, proprio non direi. Utile. Niente di più.

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[ Realtà che è sempre anche una finzione, di Renè Magritte ]

[ alsoit.splinder.com/archive/2006-02 ]

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Due modi diversi di guardarsi allo specchio, due modi diversi di fare i conti con la propria dignità. Dunque, mi domandavo e mi domando: a conti fatti, conviene sempre chinar la testa, mettersi al servizio del potente del momento? No, confermo la lezione iniziale: mai essere yes man, lavorare non per qualcuno ma sempre al servizio di tutti, dell’interesse pubblico.

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Talvolta si fa fatica, ma si resta liberi, forse bastonati sì, magari doloranti, ma a testa alta. E a ben vedere si resta sempre in piedi e si dormono sonni tranquilli. Del sonno di quanti imboccano scorciatoie legandosi a qualche cordata anziché ad una solida e trasparente professionalità, non so e sinceramente poco m’interessa.

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Io intanto per la strada me ne vò soddisfatto, come entravo nelle Aziende di ieri altrettanto passo dal cancello dell’Azienda pubblica della quale oggi sono dipendente e Direttore di settore a testa alta, magari con qualche lira in meno ma gratificato per l’abbraccio d’Ornella, lavoratrice impiegata senza troppe pretese, dignitosa, a pochi giorni dalla pensione, quell’abbraccio in odore di simpatia e di stima riconosciuta: nonostante tutto l’onestà, lo spirito di servizio son ancora quelli che alla fine pagano, che fanno la differenza che conta. Svendersi per quattro lire? No, grazieGiuda is’nt my name.

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[ “L’introvabile”, di Renè Magritte ]

[ www.okcmoa.com/.../renemagritte ]

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

4 Risposte a “Svendersi per quattro lire? No, grazie. Meglio una sofferta ma dignitosa coerenza: l’impari certa pseudo sinistra di governo”

  1. Bravo, Arzani : la stima non ha prezzo e il tempo le fa acquistare valore.

    Gianni Langmann

  2. Sono cresciuta in una casa numerosa, ci mancava tutto anche il necessario, non smetterò mai di ringraziare i miei genitori per i valori che mi hanno trasmesso.

    Buon fine settimana

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