“Su Waterloo ed il Referendum Costituzionale”, riflessioni di Carmelo Sciascia

Succede a volte, sarebbe meglio dire molto spesso, che di uno stesso evento storico, si diano versioni completamente opposte. L’episodio che mi viene in mente è Waterloo: la battaglia di Waterloo. E nel ricordare questo episodio, non sono per nulla originale. “Borges diceva che nel mondo, tra gli uomini, c’è ancora questa divisione: tra coloro che vedono Waterloo come una vittoria e coloro che la vedono come una sconfitta”. Scriveva Leonardo Sciascia nel 1987 che “questa divisione, anche se generalmente non avvertita, corre ancora oggi nell’idea d’Europa, nella comune – di tutti i popoli europei aspirazione a una concreta (non retorica, non celebrativa, non stratta e magniloquente) unità dell’Europa.”

Eccoci al punto: come Waterloo, l’Europa Unita è stata una sconfitta o una vittoria? La questione la lascio in sospeso per quanto si dirà in seguito. Questo interrogativo in realtà mi serve da premessa ad un quesito che noi italiani ci troveremo a dare risposta. La riforma della nostra Costituzione. Il quattro dicembre, in cabina elettorale dobbiamo segnare con un si o un no la nostra adesione o meno alle proposte di modifica che riguardano le «disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».
Il Referendum riguarda quindi una modifica alla sola Carta Costituzionale italiana. Ma mi chiedo: è ancora in vigore la Costituzione dello Stato italiano? Oppure, molto più semplicemente, la nostra Costituzione è già svanita nelle maglie della recente legislazione europea? Ha senso chiamare un popolo ad esprimere una opinione per una modifica quando l’intero impianto è stato fatto saltare? Sic et simpliciter non c’è più . (Si può raffigurare la questione come il chiamare un idraulico per riparare un rubinetto che perde, quando l’intera conduttura idrica è stata manomessa, è saltata). Questa Europa, ha abbandonato gli ideali dei padri che l’avevano teorizzata e voluta, ed è diventata un anonimo accordo tra Stati che devono sottostare ad interessi economico-finanziari spesso, se non sempre, di parte. Le nuove leggi europee hanno affermato da tempo valori che contrastano ed annullano i valori della nostra Costituzione, dalla solidarietà sociale alla sussidiarietà, dalla tutela del risparmio a quella della salute, dal diritto all’ istruzione a quello al lavoro (sia chiaro, mai del tutto attuati).
Credo che uno dei difetti maggiori del nostro popolo sia l’abolizione della memoria, il dimenticare ciò che è accaduto nella storia anche recente, nella spasmodica ricerca di salvaguardare quel poco che egoisticamente ci possa tornare utile. Aboliamo con la memoria, la storia. La Costituzione andava e va difesa, tutta,così come è stata scritta, perché è un organismo unitario che può vivere ed operare solo se considerata ed applicata come un unicum. Doveva e dovrebbe essere difesa, non come semplice desiderio di conservatorismo ma, perché se applicata avrebbe dato risposte ad una serie di problemi politici e sociali che oggi ci affliggono individualmente mentre collettivamente destabilizzano la struttura portante di questa nostra Repubblica. La Costituzione sarebbe dovuta essere la legge con cui identificare il nostro Stato: uno Stato di diritto. Conseguentemente la stessa Carta non andava subordinata ad una legislazione che contraddicendone i principi, la sostituisce. Ho appreso dalla stampa di questi giorni che la “revanche” del sì partirà dalla Sicilia, e cercandone i motivi mi è venuto in mente la frase di un viaggiatore francese: “voglio vedere la patria di Proserpina e capire un po’ perché il diavolo ha preso moglie in quel paese”.
Qualcuno si sarà ricordato che lucifera è stata l’Isola, qualche decennio addietro, nell’avere assegnato tutti i deputati ad un solo partito! Ogni novità, ogni cambiamento può essere visto come un evento rivoluzionario. Ed ogni giovane rampante in politica può essere considerato un rivoluzionario: finalmente c’è chi riesce a cambiare il Sistema. Ma ricordiamo, ce ne fosse di bisogno, che spesso una rivoluzione viene assorbita e trasformata nel suo contrario, in una contro-rivoluzione. A proposito di Waterloo, basta ricordare che Napoleone nasce come rivoluzionario e diviene, preso il potere, monarca ed imperatore. Lo stesso dicasi del politico di turno che spesso e per scarsa conoscenza viene ritenuto un grande riformatore mentre è un contro riformatore, un restauratore tout court. Demoniache distrazioni affliggono il mondo della politica, distrazioni che coinvolgono sia gli eletti che gli elettori.
C’è un’affermazione di Alberto Savinio che dovrebbe fare riflettere: “la politica espelle l’uomo intelligente come corpo estraneo”, da cui per semplice deduzione si evince che trattiene solo i mediocri, con termine della comunicazione a noi contemporanea, trattiene solo gli “yes man”. Qualsiasi sia l’esito del Referendum, resterà la divergenza di giudizio: come Waterloo. Sarà una sconfitta o una vittoria per la nostra democrazia parlamentare il prevalere di uno dei due quesiti? È alla fine viva convinzione che le decisioni finora sono state prese fuori dalle aule parlamentari, che il potere è stato e sta, al di là ed al di fuori, delle istituzioni preposte. Purtroppo, al di là di qualsiasi giudizio storico sulla battaglia di Waterloo (e su Napoleone).
Carmelo Sciascia

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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