“Siamo un popolo in un mondo unico e la Terra non è eterna, curiamo l’ambiente”: Diana, da Chernobyl a Gragnano, la sera de “Il soffio del vento”

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense, presentazione de “Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo”. Nella foto: l’autore Claudio Arzani e Diana Medri da Krasnopole (Bielorussia), da 14 anni nel nostro Paese

Quella notte, la notte del 26 aprile 1986, quando è esploso il reattore numero 4 della centrale nucleare ‘V.I. Lenin’ di Chernobyl, in qualche modo è cambiato il mondo. C’è voluto un po’ di tempo, per averne coscienza, per passare da una valutazione ‘politica’ da guerra fredda degli eventi alla consapevolezza delle dimensioni del disastro e delle sue conseguenze.

La prima reazione del mondo occidentale, infatti, è stata semplicemente di critica rispetto al silenzio iniziale delle autorità sovietiche.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: Elisabetta Pallavicini, conduttrice della serata

Questo è il fatto più incredibile, scrive Repubblica nell’edizione del 30 aprile 1986, mercoledi, che il potere sovietico tratti il suo popolo come un bambino incapace d’intendere, che è una buona regola tenere all’oscuro di tutto, anche quando si tratti della sua incolumità fisica”.

Insomma, per i quotidiani italiani nessun problema particolare per quella nube carica di sostanze radioattive che si stava avvicinando e sarebbe arrivata nei nostri cieli nelle prime ore del pomeriggio del 1° maggio.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: tra il pubblico, parzialmente coperta dal proiettore, Patrizia Calza, Sindaco e Presidente della Consulta provinciale per la salute

Ricordi che giovedi 13 ottobre sono usciti dalle pagine del libro “Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo” presentato nei locali della Biblioteca comunale di Gragnano Trebbiense. Una serata di grande emozione condotta da Elisabetta Pallavicini, ospite Diana Medri, ‘bambina di Chernobyl‘ che oggi vive nel nostro Paese. Infine con letture di brani e poesie da parte di Dalila Ciavattini.

Dunque, tornando all’approccio da parte dei media italiani dell’epoca, la valutazione prioritaria contestare ‘politicamente’ il governo sovietico: nessuno aveva percezione della drammaticità della situazione e della rilevanza delle conseguenze. Come se Hiroshima e Nagasaki non avessero insegnato nulla mentre, va detto, nessuno aveva notizia di precedenti gravi incidenti alle centrali (in Canada, Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti), incidenti rigorosamente secretati o comunque minimizzati dai governi interessati.

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Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: Dalila Ciavattini legge ‘La foresta rossa di Chernobyl’, lirica contenuta nel libro

Il 12 maggio 1986 il Corriere riporta un commento dell’agenzia di informazione sovietica: “se qualcuno muore non ci precipitiamo alla porta di casa a chiedere cos’è successo. Per non creare panico vogliamo essere precisi e ciò richiede tempo”.

Una risposta condivisibile: l’allarmismo forse eccessivo fomentato negli anni successivi anche da parte di organizzazioni umanitarie ed ambientaliste ha contribuito al generare di una psicosi che ha determinato e ancora determina, specie nei territori più colpiti (Bielorussia, Ucraina, Russia) un grande disagio individuale con gravi conseguenze sociali. Alcolismo, suicidi, disgregazione familiare, emarginazione sono tuttora problemi gravissimi.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: il pubblico con Ferrante Trambaglio in prima fila

Come del resto evidenziato nel libro e come ha testimoniato Diana. Inizialmente ben poca era l’informazione anche locale. Per circa 24 ore non venne dichiarata l’evacuazione nemmeno nella città di Prypiat dove vivevano operai e tecnici lavoratori della centrale e solo dopo quasi quattro mesi l’operazione, interessando un’area di circa 30 km, sarebbbe stata portata a termine coinvolgendo oltre 400mila persone allontanate dalle loro case.

Pochissima, si diceva, l’informazione e per giorni in tutta l’area che ancora oggi definiamo ‘Exclusion Zone’ i contadini regolarmente al lavoro nei campi vedevano elicotteri atterrare dai quali, racconta Diana, scendevano scienziati in tuta protettiva, con le maschere e gli scafandri sul volto, registravano, facevano prelievi di terreno e di prodotti alimentari, il tutto senza una parola di spiegazione.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: Diana Medri

L’effetto sul ciclo alimentare ancora oggi risulta rilevante. L’economia specie della Bielorussia, basata sulla vendita del legno e sull’agricoltura, è stata devastata. Chi può volere legname intriso di radioattività? Quanto ai prodotti della terra, poi, ovviamente il rischio di tumori in primo luogo alla tiroide è alto ma una popolazione poverissima che ha come principale fonte di sostentamento l’orto, come può evitare i pericoli?

Sono vietatissimi i funghi, dice Diana, ma la gente li mangia lo stesso, spesso o mangi o muori di fame. Per non parlare dell’insalata, dei pomodoro, delle verze, di tutti gli altri prodotti della terra permeata di sostanze inquinanti come il cesio 137.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: celebrazione di una serata d’emozioni

Ecco allora che il problema dell’assistenza ai “bambini di Chernobyl” resta di grande attualità. Sono decine le organizzazioni che periodicamente ancora oggi si assumono l’onere di riceverli nel nostro Paese per periodi limitati (un mese o due all’anno) garantendo loro anche un’assistenza sanitaria fondamentale.

Nella nostra provincia sono presenti a Piacenza, Travo, San Nicolò e spesso l’accoglienza temporanea diventa occasione di adozione, dando a questi ragazzi l’opportunità di una vita nuova.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: dediche e autografi

Questa è anche la storia di Diana. Nata nel 1989 a circa 300 km da Chernobyl,  ha visto morire i genitori per conseguenza della radioattività assorbita e, ancora piccolissima, è stata fortunata: non si sono aperte le porte di un orfanotrofio (come per tanti altri bambini che loro malgrado hanno visto il disgregarsi della famiglia) ma è stata accolta da una zia.

Racconta che anche a scuola, ai bambini, non si parlava di Chernobyl (come del resto oggi ben poco si parla e si sa del Giappone, degli effetti del disastro nucleare di Fukushima) forse perché, sottolinea, “è come quando hai un brufolo in testa. Lo nascondi. Altrimenti fai spettacolo e ti fai del male”.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: Fausto Chiesa tra il pubblico

Racconta della diffidenza della gente, dell’irrazionale paura di avvicinare i ‘bambini di Chernobyl’ nel timore fossero radioattivi fino al tristissimo episodio del chiuderli in una stanza al buio per vedere se si illuminavano.

Lei poi è stata fortunata. Il 4 giugno 2002, giorno del suo compleanno, ha trovato la sua nuova famiglia italiana e … ha deciso di adottare quella mamma timidissima e dolcissima insieme a lui, il padre, forse un po’ burbero e, allora, con pipa. “Ci siamo ritrovati mano nella mano sulla stessa strada”.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense. Nella foto: Elisabetta Pallavicini illustra i contenuti de “Il soffio del vento, da CHernobyl a Caorso trent’anni dopo”

Sono una bambina Chernobyliana, dice, perché quelle sono le mie radici e le radici non vanno mai dimenticate, ed ora sono anche italiana, con i miei genitori, la mia famiglia, ci siamo scelti, ho avuto la possibilità di avere  una vita migliore, un nuovo inizio.

A Diana molti chiedono perché si renda disponibile a condividere la propria esperienza. Parlarne inevitabilmente provoca dolore, riporta in superficie ricordi dolorosi. I giovani, dice, non sanno e non si interessano di quel che è successo in Giappone o a Chernobyl spesso semplicemente perché si pensa che in fondo non è successo a noi, che sono semplicemente fatti lontani e invece dobbiamo prendere coscienza che siamo un popolo in un mondo unico, che occorre rispettare l’ambiente, fare tesoro degli errori del passato. Perché la Terra non è eterna e, se non lo è la Terra, non lo siamo a maggior ragione noi.

Giovedi 13 ottobre 2016, Biblioteca Comunale di Gragnano Trebbiense.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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