“Senza cuore”, un racconto di Alberto Zanini, narrante in Piacenza

Cuore, olio su tela di Alice Bertan

La voce metallica dello speaker annunciò l’arrivo del treno. Era in piedi immobile con gli occhi chiusi, sembrava dormisse, fece tre passi laterali a destra, si fermò, ne fece altri due sempre a destra, quindi parve soddisfatto. Il treno rallentò sensibilmente fino a fermarsi completamente con uno stridore di freni. Lui si trovò perfettamente davanti alla porta che con uno sbuffo pneumatico si aprì, scesero cinque persone quindi salì e imboccò il corridoio a sinistra avviandosi verso la testa del convoglio. Vide un posto libero vicino al finestrino con il sedile orientato verso il senso di marcia, prese il giornale dalla borsa di pelle che ripose nell’alloggiamento dei bagagli in alto, e si sedette in attesa di ripartire. Lesse in prima pagina la notizia del premier dell’opposizione che si lamentava per la giustizia che, a suo dire, lo perseguitava continuamente. Franz, cullato dal tranquillo sferragliare del treno chiuse gli occhi. Immaginava di essere vicino al politico in questione, di agguantargli il colletto della giacca e di prenderlo a pedate fino ad accompagnarlo davanti al carcere.

Riaprì gli occhi, prese il cellulare, richiamò dalla rubrica un numero e rimase in attesa finché una voce non rispose. <<Ciao, sono in treno e sto tornando, sarò a casa nel primo pomeriggio, se vuoi ci vediamo al solito pub e ti racconto cosa ho visto>> disse lui. <<Ciao>> rispose una voce femminile <<ok a presto>> e chiuse la comunicazione. Franz era cresciuto fra i balloon della Marvel e i vinili graffiati del Progressive inglese. In quegli anni gli attentati dei terroristi e dei mafiosi, gli avevano fatto nascere una forte avversione verso i criminali. L’idea di un super eroe che proteggesse i cittadini come quelli americani si era fatta strada pian piano nel suo immaginario. Il fumetto sarebbe stato il suo grido di rabbia contro le ingiustizie.

Lei varcò la soglia della “Prima Stazione” e fece scorrere lo sguardo per il locale finché non lo vide ad un tavolo in fondo alla sala. <<Franz>> disse avvicinandosi, lui alzò lo sguardo dal portatile e le sorrise, <<ciao Chiara>> disse alzandosi, e la baciò dolcemente sulle labbra. Con i capelli biondi naturali, lunghi e legati, un delizioso nasino all’insù, una bocca ben delineata ma non eccessivamente carnosa e due occhi grandi e luminosi completavano un viso molto carino spruzzato di lentiggini.

<<Com’è andata?>> chiese la ragazza. <<Ho pensato ad una storia intrigante>> rispose Franz <<questa volta The Judge se la vedrà con un criminale insospettabile, molto violento e inafferrabile>>. Mentre beveva Franz chiuse gli occhi e rimase immobile, Chiara credendolo addormentato gli mise una mano sulla spalla e lui sembrò riprendersi e con gli occhi ancora chiusi disse: << entreranno due ragazze, una bionda con i capelli corti a caschetto, abito nero sopra il ginocchio e borsa rossa, l’altra non riesco ancora a vederla bene, ma credo abbia capelli neri non molto lunghi e jeans, con una maglietta chiara>>. Franz riaprì gli occhi ed entrambi si misero a fissare l’ingresso ed attesero qualche istante. Quando si aprì la porta entrarono due ragazze. La previsione si rivelò quasi esatta tranne che per il colore della borsa, non rossa ma lilla. Chiara non disse niente ma rimase leggermente turbata senza però darlo a vedere. All’uscita del locale si separarono e lui prima di andare a casa decise di passare a prendere il take away in un ristorante cinese.

Con le bacchette di legno laccate blu cobalto agguantò una matassina di spaghetti di riso, la intinse in una scodellina con della soia e la depositò in bocca, quindi prese un pezzettino di carne gocciolante di sugo piccante e rifece lo stesso percorso verso la bocca. La stanza era in penombra rischiarata dalle immagini del televisore accesso, seduto comodamente sul divano con le gambe appoggiate al tavolino di cristallo ascoltava distrattamente il telegiornale, mentre le bacchette lentamente ma senza sosta si muovevano con perizia. La tazza di the bollente alla menta spingeva le volute di vapore verso il soffitto mentre il gatto Corto acciambellato sul divano sognava rumorosamente. Il grande lcd alla parete era una presenza nebbiosa che aleggiava sulla voluttà della cena, ma come un faro che appare improvviso e squarcia il muro lattiginoso della nebbia, una notizia catturò l’attenzione di Franz che ridestandosi rapidamente cercò freneticamente il telecomando e alzò il volume. Appena in tempo per cogliere le ultime parole del giornalista che ricordava come fosse ormai da molti anni che il boss Turi detto il “senza cuore” fosse latitante e che la polizia sembrava avesse individuato il nascondiglio per l’ennesima volta troppo tardi. Fece in tempo ad ascoltare anche la notizia della condanna, inaspettata, del politico che in mattinata lui aveva immaginato di prendere a pedate. Un sorriso increspò le sue labbra mentre con il telecomando spegneva il televisore e senza volere scivolò in un sonno profondo.

Erano mesi che gli appostamenti si susseguivano senza sosta. La microtelecamera delle dimensioni di una moneta registrava le immagini che venivano monitorate 24 ore su 24. La moglie e i figli erano controllati continuamente, lo sforzo fisico, mentale ed economico era notevole, ma tutti speravano di poter raccogliere i frutti dell’enorme lavoro e di tutte quelle ore passate in macchina al buio e al freddo in compagnia solo di un thermos di caffè. Con un cannocchiale astronomico, di quelli in dotazione all’Fbi, inquadrava la villetta fiocamente illuminata dal lampione. All’improvviso si aprì la porta e la donna uscì con un sacco nero, di quelli dell’immondizia, ma invece di dirigersi verso il cassonetto verde vicino svoltò a destra. L’uomo si insospettì immediatamente e senza scendere dalla macchina seguì con il binocolo ad infrarossi la donna malgrado la visuale fosse leggermente disturbata da alcune macchine parcheggiate. Riuscì comunque a seguirla fino ad un altro cassonetto più lontano. Non lo convinceva il fatto che una persona dovesse andare a buttare la spazzatura lontano quando ne aveva uno più vicino. La donna si avvicinò al cassonetto e con il piede abbassò la leva per aprire lo sportello basculante, ma invece di deporvi il sacchetto all’interno lo appoggiò per terra, fece richiudere lo sportello e s’incamminò verso casa. La manovra non sfuggì all’uomo che invece di seguire la donna concentrò lo sguardo sul cassonetto. La tentazione di scendere dalla macchina era forte ma decise di rimanere al suo posto per non vanificare stupidamente quella che sembrava potesse essere uno sviluppo interessante dell’indagine. Rimase in macchina in paziente attesa. Nel frattempo alcune persone, anche dei bambini, passarono vicino al cassonetto ma tutti si disinteressarono del sacchetto, come se non lo vedessero, o come se sapessero che quel sacchetto non doveva essere toccato.

Dopo qualche minuto una persona vestita di scuro con un cappellino calato sugli occhi si avvicinò furtivamente guardando bene in giro, quindi prelevò con un movimento deciso il sacchetto e s’incamminò verso una macchina con il motore acceso, probabilmente già lì da prima che arrivasse la donna. L’uomo vestito di scuro mise il sacchetto sul sedile dietro salì in macchina e partì subito però senza dare nell’occhio. Anche lui partì con discrezione senza accendere le luci e lo seguì da lontano. L’uomo vestito di nero fece più volte la stessa strada come se volesse controllare che nessuno lo seguisse, lui dietro stava molto attento a non farsi vedere. Continuarono a girare a vuoto finché l’uomo in nero giunse vicino alla Chiesa e qui si fermò nella via laterale dove vi era la Canonica. Spense le luci ed attese qualche istante, nel frattempo anche lui si fermò a debita distanza ma tenendo sott’occhio l’ingresso dell’abitazione del parroco. L’uomo in nero scese dalla macchina attraversò la stradina suonò il campanello e senza aspettare mise il sacchetto per terra si guardò intorno e ritornò alla macchina, accese il motore e ripartì. Lui intanto guardava immobile al buio. Passarono pochi secondi e la porta della canonica si aprì, il prete mise fuori la testa guardò a destra e a sinistra quindi raccolse il sacchetto e rientrò dentro. Lui intanto pensava se in quel sacchetto non ci fosse una normale donazione per la gente povera, ma lo insospettiva tutta la segretezza della consegna. E perché al prete? La catena si era interrotta o il prete era un anello di tutto? Mentre elaborava il pensiero vide che la porta si apriva di nuovo, il prete uscì con una valigetta spense la luce e chiuse a chiave, quindi si avvicinò alla sua utilitaria bianca, mise in moto e ripartì con una certa fretta.

Lui a sua volta decise di seguirlo sempre con molta attenzione. Il prete dopo un giro a vuoto uscì dalla città e imboccò una provinciale quindi dopo pochi chilometri prese una stradina sterrata. Lui sempre a fari spenti seguiva in lontananza le luci di posizione della macchina bianca, sapeva che quella era la direzione di una masseria un po’ isolata. Infatti poco dopo vide l’utilitaria imboccare l’ingresso del cortile davanti alla casa. Lui proseguì per la strada passò davanti alla masseria e si fermò un centinaio di metri dopo, fece la manovra d’inversione e aspettò in silenzio a motore spento. Era un punto dove non riusciva a vedere l’ingresso della casa però avrebbe visto la macchina se fosse uscita per ritornare in paese. Dopo un’oretta la macchina bianca comparve e si diresse verso il paese. A questo punto lui ritenne che l’unica cosa da fare era andare a vedere chi ci abitava per dissipare qualsiasi dubbio. Un prete che usciva di sera tardi. Perché? Per una estrema unzione? Possibile, ma poco probabile, a lui non risultava che ci fosse qualcuno in fin di vita. E poi in quella masseria non si ricordava neanche chi ci abitasse, anzi credeva fosse disabitata. Il sospetto aumentò, e la speranza di essere vicino alla soluzione gli diede l’impulso definitivo, decise di scendere dalla macchina, prese quello che gli serviva e facendo attenzione ripercorse a piedi la distanza fino alla casa.

La luna per fortuna era nascosta e silenziosamente si avvicinò alla finestra ma vide che era oscurata come anche tutte le altre. Prese una manciata di sassolini e li lanciò contro la porta,sentì un lieve rumore di passi e vide la luce che filtrava sotto la porta spegnersi quindi il silenzio totale avvolse la casa. Attese, ma il silenziò si prolungò. Attese ancora. Passarono cinque minuti, poi dieci. Percepì un leggero rumore e dopo pochi istanti vide la porta socchiudersi, un viso apparve appena rischiarato e nel buio spiccava il bagliore fuggevole di una lama. Lui con un salto uscì dall’ombra, appoggiò la Taser x26 sul bicipite brachiale dell’uomo e fece partire una brevissima scarica elettrica. Il coltello cadde e l’uomo indietreggiò all’interno della casa, lui lo seguì velocemente richiudendosi la porta alle spalle, cercò a tentoni l’interruttore e lo accese. L’uomo era visibilmente disorientato e si toccava il braccio colpito dalla scarica elettrica. Lui fece scorrere lo sguardo intorno.

La stanza era pulita e arredata spartanamente: un tavolo al centro della stanza con una radio, una bibbia e parecchi fogli, un tavolino fungeva da piccolo altare con un immagine della Madonna con il bambino. Niente televisione né computer. Da una porta aperta si intravedeva una cucina. Lui lo fissò, e sebbene l’unica foto che possedevano risalisse agli anni giovanili, fu sicuro di riconoscerlo.<<Finalmente la caccia è finita>> disse mentre inseriva una cartuccia verde nella taser. <<Non capisco di cosa stia parlando>> rispose mentre con la mano si toccava la punta del naso. <<Sei Turi Troìna detto il “senza cuore”, sappiamo tutto di te. I pentiti ti hanno tradito: hai sciolto nell’acido personalmente delle persone compreso un ragazzino, hai ordinato stragi e omicidi, ed hai il coraggio di leggere la Bibbia e onorare la Madonna? Hai stretto rapporti con politici e massoni, hai agito indisturbato per tanti anni rimanendo sempre vicino ai tuoi luoghi senza che nessuno ti desse fastidio>> <<I pentiti? Uomini di merda sono, come fate a dare retta a quelli là?>> replicò Turi puntandogli il dito contro. Nel suo sguardo magnetico, sinistro, cattivo era concentrato tutto il suo potere che per tanti anni aveva esercitato in maniera assoluta, totale.

Lui non ne fu sorpreso, ma un brivido gli percorse la spina dorsale, era il numero uno incontestabile ed adesso era arrivato il momento di bloccarlo, esautorarlo cancellarlo definitivamente. <<Credi di potermi arrestare così facilmente con una pistola di plastica?>> chiese lui con un sorriso storto mentre cercava di avvicinarsi. Circa tre metri li dividevano. <<Non ci penso nemmeno>> rispose lui <<ho un altro programma per te Turi “senza cuore”>>. Il puntatore laser della taser proiettò la lucina rossa verso il torace di Turi e mentre pronunciava queste parole premette il grilletto. Il gas compresso fece partire due freccette, con delle punte lunghe 13 millimetri, con una velocità di uscita di 50 m/s. Le freccette collegate al dispositivo da due sottili cavi isolati attraversarono i vestiti e si conficcarono nella pelle di Turi e grazie agli ardiglioni rimasero ancorati. Il circuito elettrico tra la taser e il corpo si chiuse, Turi venne colpito al torace, tra i piccoli dardi vi era una distanza di 40 centimetri circa.

L’effetto fu molto doloroso e provocò una contrazione dei muscoli toccati. Gli impulsi durarono 100 microsecondi e si ripeterono 19 volte al secondo per 5 secondi in tutto. In quei 5 secondi subì una scarica da 50.000 volt. Il boss cadde a terra rovinosamente immobilizzato. Di solito non si perde conoscenza. Di solito non si provoca l’arresto circolatorio. Di solito. Ma Turi senza cuore soffriva di una malattia cardiovascolare cronica e la conseguenza fu un aritmia mortale. Quando il cuore di Turi cessò di battere dopo 20/30 secondi anche il cervello smise di funzionare, ma la consapevolezza cosciente continuò per qualche minuto, la sensazione del tempo che rallentava, vide una luce abbagliante spegnersi e credette di essere trascinato sott’acqua e la paura lo invase per la prima volta in vita sua.

Lui gli si avvicinò e cercò il battito senza trovarlo, andò in cucina prese un coltellaccio da arrosto dal cassetto, ritornò vicino al corpo e dopo averlo spogliato completamente incominciò ad incidere profondamente la carne. Fece un taglio ad Y facendo partire l’incisione dei bracci della Y dalla parte anteriore delle spalle fino a congiungersi all’estremità inferiore dello sterno, quindi continuò la coda della Y fino al pube deviando leggermente all’altezza dell’ombelico. Si guardò in giro fino a che non vide il coltello havoc di Turi per terra vicino alla porta. Lo raccolse e incominciò a scollare il lembo superiore della Y che partiva da sotto il mento alla parte superiore del torace quindi la rialzò e la tirò sopra la faccia del boss.

Rifece la stessa operazione di scollatura con i due lembi laterali della Y costituiti dalla pelle del torace. Si passò la mano insanguinata sulla fronte per detergersi dal sudore, ormai copioso. La cassa toracica risultò esposta, ritornò in cucina, aprì dei cassetti finchè non trovò un trinciapollo con il quale recise le cartilagini che collegavano le costole allo sterno, riprese l’havoc e tagliò l’articolazione che legava la clavicola allo sterno. Le gocce di sudore cadevano sul cadavere e si mescolavano al sangue. Rimosse il piastrone sternale ormai staccato dallo scheletro e apparvero esposti gli organi interni accompagnati da un odore disgustoso. Immerse le mani freneticamente in mezzo ai polmoni alla ricerca del cuore, lo agguantò e gli scivolò fra le dita, lo riprese e con l’havoc lo staccò dall’osceno ammasso sanguinante <<Adesso puoi dire di essere veramente “senza cuore” figlio di puttana>> sussurrò lui emettendo un gemito seguito da un urlo singhiozzante.

Sentiva l’umido sul viso, aveva gli occhi chiusi, ma una leggera consapevolezza si fece strada nella sua mente. Aprì un occhio e vide l’immagine confusa di Corto che gli leccava la faccia. Aprì anche l’altro e si rese conto di essere ancora sul divano con una bacchetta di lacca scivolata sotto il braccio che gli dava fastidio. Si era addormentato la sera prima e il gatto reclamava la colazione mattutina. La certezza di aver sognato qualcosa di spaventoso continuava a turbarlo, e l’odore del sangue era vero e presente nel suo naso. Fece una doccia bollente si mise davanti al portatile e incominciò a lavorare. Passò tutto il giorno a lavorare e anche quelli successivi finché non ebbe la storia al completo definitiva. Prese il cellulare e chiamò Chiara che rispose immediatamente. <<Ho la storia completa, te la mando e puoi incominciare a disegnarla>> le disse <<Benissimo>> rispose Chiara, <<Hai saputo cosa è successo?>> <<A cosa ti riferisci?>> rispose Franz. <<sono seppellito in casa da giorni a lavorare e non so niente>> <<Qualche giorno fa hanno trovato il boss Turi Troìna morto in una masseria vicino al suo paese , pensa lo hanno cercato per tanti anni credendolo chissà dove e poi lui non si è mai mosso da casa sua, praticamente>> disse Chiara. Franz rimase in silenzio, era indeciso se raccontarle che aveva sognato la morte del boss qualche giorno prima. <<Ma la cosa sconcertante>> prosegui lei <<è che gli hanno fatto l’autopsia e dopo averlo aperto non hanno trovato il cuore, i medici non riescono a capire come abbia fatto a vivere. É una storia pazzesca>> Franz disse senza pensarci <<Turi “senza cuore” lo era davvero>>

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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