“Scuola, di riforma in riforma da istituzione che trasmetteva sapere a un mucchio di rovine”, riflessione di Carmelo Sciascia

Parte prima: Alcune considerazioni sulle Riforme della scuola e sull’uso pedagogico del metodo maieutico

Vi sono delle letture che non si sa, né perché né per come, si propongono in uno stesso momento. Succede allora che, leggendo contemporaneamente o in breve successione dei libri, si mettono in relazione dei concetti che altrimenti resterebbero isolati e sterili. Mi ha colpito particolarmente leggendo i Dialoghi di Confucio, una affermazione che è il titolo dato alla raccolta stessa “Io non credo tramando”. Sì, perché Confucio non si riteneva un inventore del sapere, uno che creava dal nulla la conoscenza bensì un divulgatore, cioè un uomo che aveva ordinato tutto ciò che la antica saggezza popolare aveva accumulato nel corso dei secoli.

Per dirla in parole semplici il Pensatore cinese si considerava una semplice cinghia di trasmissione, si era dato il ruolo di trasmettere una Tradizione. Lo stesso concetto viene attribuito da Paola Mastrocola al ruolo dell’insegnante. Si definisce come Tradizione (trans+ dare) Il complesso delle memorie, notizie e testimonianze trasmesse da una generazione all’altra. La cultura è un patrimonio che deve essere trasmesso, è costituita da conoscenze che devono essere date da chi le possiede a che ne prenderà il testimone, dagli insegnanti agli allievi che saranno i futuri cittadini. Ma questo ruolo, cioè quello del docente, è stato stravolto, sistematicamente. Non dal Sessantotto, come si dice con consapevole malizia, che fu per inciso un momento liberatorio in tutti campi e specialmente nella scuola. I giovani sessantottini si mossero per cambiare una scuola che era autoritaria, nozionistica ed elitaria. (Lo spiegò bene un prete di montagna con la sua “Lettera ad una professoressa” dei ragazzi di Barbiana).  

Vi furono, inutile negarlo, degli errori eclatanti (il sei politico, gli esami di gruppo), ma permise comunque quel movimento l’accesso a tanti giovani dei ceti bassi a facoltà prima precluse, grazie all’istituzione di un pre-salario e di una legislazione conseguenziale che in qualche modo garantiva il diritto allo studio. I guai veri della scuola italiana iniziano nel 1994, con il Ministro D’Onofrio del primo governo Berlusconi: con un decreto si aboliscono gli esami di riparazione. Dopodiché è un susseguirsi e rincorrersi incessante di provvedimenti legislativi con finalità devastanti. Si prosegue infatti con Berlinguer: l’Autonomia scolastica nel 1997, il Dirigente Scolastico, la Sperimentazione, i Progetti, il POF e via via si prosegue ancora a tutt’oggi, basti citare la “Buona Scuola” di renziana memoria.  Le Riforme sono state scritte spesso più che dai Ministri dell’Istruzione dai vari Ministri dell’Economia e delle Finanze. Seppure le Riforme talvolta siano state scritte dai Ministri preposti, qualsiasi fosse il loro colore politico, non si sono mai contraddette, tant’è che nel tempo abbiamo potuto appurare, ahinoi, che le finalità nel tempo coincidevano. Tacito ebbe a scrivere nel De Agricola: “Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace”, noi possiamo affermare di avere di Riforma in Riforma, dal 1994 ad oggi, trasformato la scuola, da una Istituzione dove si trasmetteva sapere, in un mucchio di rovine: hanno desertificato la Scuola!

Abbiamo reso la scuola permissiva, facile, aperta a qualsiasi contributo venisse dal sociale, dall’attualità, dal territorio… “Abbiamo smantellato le regole e i contenuti, l’autorità e i valori più strettamente culturali”. 

Se dovessi riassumere le rovine (perché di rovine si tratta) della scuola oggi, condividendo l’opinione di Paola Mastrocola, ne illustrerei due: il permissivismo che ha prodotto l’ineducazione scolastica (nessun insegnante è più in grado di tenere sotto controllo la disciplina di una classe) e la riduzione dei contenuti che ha prodotto l’ignoranza. 

La società liquida così come teorizzata da Bauman ha generato studenti liquidi. Cioè studenti con conoscenze tecniche (lingue e informatica), flessibilità e massima disponibilità a ricoprire i più svariati ruoli produttivi. Lo studente deve quindi essere sempre in movimento, dinamico, vivace. Lo studio richiede invece lo stare fermi, riflettere molto tempo sullo stesso argomento, ci costringe a pensare, riempire le mente di pensieri anziché vivere spensierati, senza pensieri, superficialmente.

Ulisse, ci dice la scrittrice Mastocola, è un personaggio che vive la sua vita, tra viaggi, amori, avventure. Il problema vero in tutta la storia di Odisseo, è costituito dagli abitanti di Itaca (di cui non si parla mai) loro sono rimasti soli, senza un capo ed alla mercé dei Proci. Gli abitanti di Itaca sono i nostri studenti, ingannati riforma dopo riforma, costretti a rimanere ignoranti, da una scuola che vuole essere divertente, flessibile, innovativa, moderna, permissiva, computerizzata. 

Segue…

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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