Rutenio 106 nell’aria: basta col nucleare o basta con la Russia?

Arrieccoci con la mala gestio dell’informazione pubblica quando si tratta di nucleare e di incidenti annessi. Tra il 27 settembre e il 13 ottobre, come già rilevato, sopra l’Europa venne registrata la presenza nell’aria di una nuvola di Rutenio 106, un isotopo radioattivo prodotto della fissione nucleare all’interno di un reattore atomico. Non si produce naturalmente per cui anche una concentrazione minima nell’atmosfera indica un incidente di qualche tipo.

Le agenzie per l’ambiente europee hanno subito puntato il dito verso la Russia che, esattamente come ai tempi di Chernobyl, ha negato incidenti, in particolare per quanto alle centrali presenti negli Urali con in primo luogo l’impianto di Mayak.

A circa un mese di distanza Maxim Yakovenko, capo del servizio di monitoraggio idrometrico ed ambientale russo, ha sottolineato che l’agenzia non sta conducendo analisi per rintracciare la sorgente: “non c’è pericolo, perché dovremmo farlo?“. Nello stesso tempo il servizio meteorologico russo Rosgidromet ha invece confermato concentrazioni estremamente alte dell’isotopo radioattivo in alcune aree del paese e in particolare nella zona dell’incriminato impianto di Mayak dove la quantità di rutenio-106 rilevata sarebbe stata 986 volte superiore rispetto al normale.

Nessun pericolo per gli esseri umani e per l’ambiente, sostengono i tecnici del settore. Tuttavia Jean-Christiphe Gariel dell’Istituto francese per la protezione radiologica e la sicurezza nucleare (IRSN) ha dichiarato che se l’incidente fosse occorso in Francia avrebbe potuto condurre ad evacuazioni in un raggio di uno o due chilometri intorno al sito dell’incidente con annessa proibizione di utilizzo dei prodotti agricoli nell’area dai 20 ai 40 chilometri intorno all’impianto.

Nessun pericolo, ribadiscono tecnici e autorità, ma allora perché negare per settimane o anche semplicemente evitare di ricercare la causa di quello che comunque rimane un incidente legato alla produzione di energia nucleare?

Il documentarista Alessandro Tesei, autore del pluripremiato film Fukushame in cui si mostrano le falle del sistema giapponese nell’affrontare il disastro della centrale nucleare di Fukushima ha dichiarato “ciò che davvero spaventa e lascia increduli è il fatto che ogni governo, sia esso russo, giapponese o italiano, nel corso del tempo e perfettamente consapevole delle conseguenze di scelte scellerate, continui imperterrito a mantenere comportamenti che sono di danni della comunità“.

Non va dimenticato che proprio l’impianto di Mayak fu luogo di una gravissima tragedia nucleare per anni taciuta dalle autorità sovietiche: nato nel 1949 per produrre plutonio per armi nucleari, tra il 1949 e il 1952 riversò circa 76 milioni di metri cubi di rifiuti liquidi altamente radioattivi nel fiume Techa lungo il quale vivevano 124.000 persone. Nel 1957 esplose un serbatoio di rifiuti radioattivi che formò una micidiale nube radioattiva che coprì un area di 23.000 km quadrati sprigionando almeno il doppio dei radionuclidi dell’incidente di Chernobyl del 1986 (e proprio fino al 1986 la Russia circondò di silenzio il disastro del 1957).

Anche ammettendo che la nuova nube radioattiva non abbia avuto origine a Mayak, impianto oggi non più usato per la produzione di energia ma per il trattamento del materiale nucleare utilizzato nei processi di fissione in altre centrali, perché le autorità russe negano la possibilità di un’indagine per conoscere la fonte della nube carica di rutenio-106?

Insomma, vien da ribadire, “basta con il nucleare“! Oppure meglio ancora, “basta con la Russia“, come ha commentato in facebook il giornalista Ippolito Negri, già caporedattore (oggi in pensione) del quotidiano ‘Il Giorno’.

Europa: la rilevazione della presenza dell’isotopo radioattivo Rutenio-106 nell’aria tra fine settembre e i primi giorni di ottobre

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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