“Riflessioni semiserie su un fatto di cronaca locale”, di Carmelo Sciascia

Prendo spunto dalle attente puntualizzazioni dell’amico Vittorio Melandri che evidenzia le notizie giornalistiche con certosina precisione: Evidenzia, il Nostro, articoli di tutta la stampa nazionale e perfino di ciò che riporta la stampa nazionale delle notizie internazionali. L’attenzione a volte si posa sul giornale cittadino Libertà, ultima in ordine di tempo sull’edizione del 3 maggio. Siamo, sostiene Vittorio, in tempi di “fake news” ed a proposito si rimarca lo spazio dato alla notizia sulla messa di guarigione con Rinnovamento nello Spirito. Nello specifico: la testimonianza in Santa Maria di Campagna di un manager, con quattro figli, liberato dalla pornografia.

Niente da eccepire sul fatto “in sé e per sé”, penso dica il lettore, non lavandosene le mani, ma provando sollievo per quel buon padre di famiglia che rende pubblica una persuasione personale e visceralmente intima. La questione che incuriosisce è la messa in vetrina di un atto che richiama alla memoria pratiche che credevamo sepolte dalla storia e cancellate dall’ Illuminismo in poi. In particolare mi riferisco alla pratica dell’auto da fé, alla spagnola (anche se il nome deriva dal portoghese), o sermo generalis canonicamente inteso. Era questa una tipica manifestazione del periodo dell’Inquisizione (Inquisizione, tra l’altro, presente anche a Piacenza e precisamente in San Giovanni in Canale). Gli elementi caratteristici di questa espressione religiosa consistevano in diversi momenti: un processo, una processione, dove il pentito veniva mostrato pubblicamente (è bellissima una incisione di Goya al riguardo) e la lettura della sentenza.
Oggi che processi e processioni, aventi per oggetto atti di fede individuale, potrebbero risultare di difficile comprensione e generale condivisione, il tutto viene svolto nelle ristrette mura di un Tempio. Ma, affinché l’evento religioso abbia risonanza e sia socialmente rilevante, ha bisogno di una cassa di risonanza che in qualche modo sostituisca la pubblica esposizione del redento, ecco allora che entra in scena la funzione del giornale: rappresentazione moderna di quel “coram populo”, passaggio indispensabile della procedura inquisitoriale. Non dimentichiamo che la teatralità riveste una rilevanza sostanziale nelle funzioni religiose, figurarsi in quelle dell’Inquisizione. Come a proposito non citare il Guercino, visto il glorioso momento piacentino, esempio di quell’accecante realismo da palcoscenico tipico di tutti i pittori del barocco controriformista del XVII secolo.
Ed allora ecco che la questione da semplice fatto personale e religioso diventa caso editoriale.
Che un giornale debba avere la massima libertà di scrivere, di pubblicare e di prendere posizione(o di non prenderla) su qualsiasi evento è fuori da ogni appunto.
Che un giornale conseguentemente alle scelte editoriali , possa essere acquistato, seguito e fare opinione è invece connesso alla qualità intrinseca del prodotto offerto.
Nessuna teorizzazione di marketing, semplici considerazioni le mie, che riguardano il comune lettore, il semplice cittadino di strada che poco sa di editoria, di stampa e di giornalismo, con tutti i relativi annessi e connessi.
Diceva Wittgenstein: “su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”. Varrà anche per il giornalismo? Mi spiego: il fatto di tacere per il nostro filosofo non vuol dire che non esistano le realtà taciute.
A proposito, un esempio: il Corriere della Sera è stato da sempre il giornale espressione tipica della borghesia colta della Nazione. Ci sono stati momenti in cui nelle sue pagine si sono sviluppati dibattiti significativi della cultura tout-court, pagine firmate da Pasolini o da Sciascia e momenti in cui, non solo i loro scritti non sono più comparsi ma perfino i loro ritratti sono scomparsi dalle pareti di via Solferino, sede del giornale.
Tribunale dell’Inquisizione, olio su tela di Goya
A tale proposito e con i dovuti distinguo, potrei affermare che Libertà ha primeggiato, nel decennio trascorso, nel panorama della stampa nazionale, per qualità e spessore culturale. E per partecipazione della comunità. Un ossimoro: un primato nazionale di una pubblicazione locale! Una di quelle espressioni che sarebbe certamente piaciuta a Borges, poeta di una realtà dei rimandi, una poetica degli specchi!
Torniamo da dove eravamo partiti, cioè da un episodio, cui il giornale dava rilevanza fotografica e scritturale e che per certi aspetti ci rimandava all’Inquisizione.
La crisi della carta stampata riguarda sicuramente tutti i giornali, ma non saranno certamente dieci centesimi a risollevare le sorti di un giornale, quanto la capacità di coinvolgere e di rappresentare i bisogni della collettività che rappresenta (che, nel nostro caso, non è una collettività di ignavi, tutt’altro).
Il Sole 24ore ha il suo picco di vendite la domenica pur costando il doppio degli altri giorni per il semplice fatto di avere un inserto culturale degno di essere letto, studiato e conservato.
Non interessa sicuramente la superficiale banalità del quotidiano, le paginate di foto prive di “segno e significato”, come un titolo a tutta pagina dal sapore scandalistico, ma la profondità e lo spessore con cui si fa cronaca e si esaminano gli eventi locali: un microcosmo, una monade, uno spicchio ed uno specchio di una rappresentazione nazionale ed internazionale.
Potrei riferire di un personaggio di “tenace concetto” (come fra Diego La Matina, per restare in tema inquisitoriale) ma preferisco terminare con una frase, scoperta dal Pitrè, in una cella di Palazzo Steri sede dell’Inquisizione di Palermo: « Innocens noli te culpare; si culpasti, noli te excusare; verum detege, et in Domine no confide. »
Innocente non accusarti; se ti accusi, non giustificarti; rivela la verità, e non confidare nel Signore.”
Carmelo Sciascia

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.