Piacenza: visita solitaria al Museo del Risorgimento a Palazzo Farnese

Nella primavera del 1862 Giuseppe Garibaldi è a Piacenza, il popolo lo acclama con entusiasmo, tutta la città è in festa.

Nelle elezioni politiche del 1865 vengono eletti diversi rappresentanti del partito garibaldino: a Piacenza Giacinto Carini, generale, amato dal popolo e ritenuto luogotenente di Garibaldi, a Castel San Giovanni Nino Bixio, a Fiorenzuola l’avvocato Antonio Oliva e a Bettola il Conte Carlo Boncompagni.

Nel 1866 molti piacentini partono volontari per la terza guerra d’indipendenza combattuta contro l’Austria; nelle file garibaldine se ne contano almeno quattrocento. Nel tentativo di prendere Roma Garibaldi è sconfitto a Mentana dalle truppe franco-pontificie e anche in questa occasione tra i garibaldini si contano numerosi piacentini, tra cui Tancredi Raffo.

Busto di Giuseppe Mazzini

Nel 1870 il Comitato centrale dell’Alleanza repubblicana cerca di dar vita ad una insurrezione italiana che prenda l’avvio da Piacenza; il moto è fissato per il 22 marzo poi rinviato al 24. I settanta uomini riuniti al Molino degli Orti tentano di entrare nella caserma “Sant’Anna”, ma i soldati riescono a reagire. Con l’insuccesso gli insorti si danno alla fuga, seguono vari arresti, ma al termine del processo tenuto tra il 15 e il 20 dicembre, vengono tutti assolti.

Sono notizie che leggiamo nelle quattro stanze del Museo del Risorgimento allestito a Palazzo Farnese dove si documenta il ruolo della città e delle sue genti nell’epopea risorgimentale. Certo, non troviamo moltissimo materiale. Intanto già alla richiesta di poter salire al piano intramezzo non dico che generiamo stupore ma una ragazza gentilissima deve venire ad aprire la porta chiusa a chiave, tanto pochi sono i visitatori.

Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla

Ancora più deludente l’acquisto del catalogo, realizzato dal Comune di Piacenza nel 1985 grazie al contributo finanziario della Banca di Piacenza e all’impegno dell’allora assessore alla cultura Aldo Lanati e del sindaco Angelo Tansini: nel frattempo sono notevolmente aumentate le acquisizioni grazie a diversi donatori per cui una riedizione illustrata con la riproduzione oltreché dei documenti dei quadri, dei cimeli, delle camice rosse (ma quanto erano piccoli e magri quei ragazzi?) e con un buon supporto storico non guasterebbe certo.

Non si pretende certo che si racconti di Camillo Benso di Cavour che disistimava il Re, considerato donnaiolo a suo parere di gusti di basso profilo (amava la conquista di corporute contadinelle). Non si pretende si parli di Garibaldi quando prometteva  le terre ai contadini siciliani salvo poi, seguendo i voleri dei finanziatori inglesi (che in Sicilia vantavano enormi interessi economici in particolare con riferimento alle attività gestite nel porto di Marsala ), reprimere nel sangue le proteste degli stessi per il mancato mantenimento delle promesse. Non si pretende si racconti della corruzione (antico vezzo italico) a suon di moneta piemontese dei generali borbonici perché non ostacolassero l’avanzata delle giubbe rosse verso la Napoli di Francesco II e nemmeno della successiva repressione da parte delle truppe piemontesi dei resistenti chiamati briganti per giustificarne lo sterminio. Nulla di tutto questo ma un Museo moderno, adeguato ai tempi e che possa coinvolgere o richiamare le nuove generazioni, Museo certo comunque di sicuro interesse (visitare per provare) che tuttavia dovrebbe dar voce a tutte le verità di quell’epoca troppo spesso raccontata con l’enfasi del vincitore tacendo invece gli interessi che hanno mosso e portato ad azioni ben diverse dal trionfalismo dei libri di storia ‘partigiani’. Un suggerimento per l’assessore alla cultura dei giorni nostri.

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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