Un pomeriggio, sabato 19, al Piccolo Museo della Poesia di via Pace a Piacenza. Una realtà che, come ricorda il Direttore Massimo Silvotti, risulta unica in Europa. Infatti sono diverse le ‘Case della poesia’ mentre non si hanno notizie di altri ‘Musei’.
L’atmosfera è particolare. Molte riviste e pubblicazioni che hanno fatto la storia della poesia, in Italia e non solo. Numeri rari, in qualche caso numeri praticamente unici raccolti dallo stesso Massimo e messi a disposizione visiva dei poeti.
Ungaretti, Quasimodo, di fatto una rassegna del Novecento in versi. Affiancata di solito dalle opere dipinte realizzate sempre da Massimo salvo, in questo periodo, la mostra in corso con le opere di Giuseppe Donnaloia, artista componente del movimento del realismo terminale.
Poesia, movimento ‘pensato’ e definito col Manifesto del 2010 da Guido Oldani, che ora si allarga alle altre forme dell’arte, la pittura in particolare, come a breve verrà proposto all’Accademia delle Belle Arti di Carrara: una ribellione contro il mondo dominato dalle cose e la vita umana scandita, condizionata dalle cose come principale leit-motive dell’essere.
Dunque il Museo come grande momento d’incontro, di confronto, di ribellione dal gretto e grigio imperante realismo terminale per un ritorno verso il vivere in simbiosi con la natura. Proprio come è stata l’esperienza dei due anni di apertura, con diversi reading, incontri, mostre.
Così sabato, su iniziativa di Giusy Cafari Panico, nominata di recente direttore artistico del Museo, quale occasione per festeggiare l’arrivo della Primavera e la giornata mondiale della Poesia proposta dall’Unesco.
Perchè, va evidenziato, sono tanti i poeti, almeno quelli che scrivono, troppo spesso ognuno per sè, ognuno raccolto in ristretti isolati, qualche volta emarginati gruppuscoli praticamente carbonari, e son quelli che scrivono ma nessuno conosce perchè difficilmente le loro opere escono dai cassetti o da nicchie elitarie. Spesso nemmeno tra di loro, si conoscono, i poeti.
Il Museo voluto da Massimo ha dato tante opportunità. Di conoscersi, di confrontarsi, di uscire dalle grotte eremitiche, una bella opportunità per i poeti piacentini. Anche per crescere, perfezionarsi, sviluppare attraverso l’ascolto delle opere degli altri la qualità delle proprie visioni, delle proprie realizzazioni.
Ma ora ecco il Realismo Terminale, ovvero la realtà dei conti economici che non tornano, un affitto diciamo ‘interessante’ da pagare per uno spazio in pieno centro, la mancanza di adeguati supporti pubblici (una sede a disposizione, innanzitutto), l’impossibilità di garantire quell’apertura indispensabile per poter continuare ad ottenere il riconoscimento di realtà museale.
Insomma, che succederà se il Museo muore? Certo, potremo ritrovarci, noi poeti, nei parchi, nei prati, in riva al Grande Placido Fiume. Ma perderemmo un punto di riferimento importante per cui … se qualcuno ha a cuore la cultura e può, “si faccia avanti, si faccia avanti“.