“Piacenza ammonisce: c’è qualcosa che non va nel mondo del lavoro se si muore per difendere diritti”, di Carmelo Sciascia

21 settembre, vigilia autunnale di una delle più calde estati, Piacenza ha salutato la salma di Abd Elsalam Ahmed Eldanf, operaio della logistica, investito da un camion durante una trattativa sindacale, tra l’Unione Sindacale di Base e la dirigenza della GLS. L’episodio come tutti sanno ha generato un moto d’indignazione popolare che è sfociato nella manifestazione del 17 cm proclamata dal sindacato USB, cui faceva parte l’operaio egiziano. Abbiamo tutti noi piacentini un rendiconto preciso e completo della manifestazione, già descritta dalla stampa, dalle registrazioni audio visive o, come nel mio caso, da una diretta partecipazione. Sui fatti credo ci sia poco da aggiungere, non ci rimane che attendere la conclusione delle procedure legali e giudiziarie per porre la parola fine all’episodio particolare. Ma nel frattempo credo che alcune considerazione possono essere formulate, anche perché ci sarebbe da scindere la storia di questo episodio “stricto sensu” con la rappresentazione simbolica dello stesso.

Il fatto indiscutibile è che siamo in presenza della morte di un operaio che si trovava nel suo luogo di lavoro per portare avanti le proprie rivendicazioni sindacali.
Comunque si siano svolti i fatti è sembrato prematuro che la versione degli organismi ufficiali parlasse, seduta stante, di “incidente”. Una versione che si stenta a credere, dopo le tante precise e dettagliate versioni cui siamo stati abituati in seguito a tanti fatti delittuosi che hanno martoriato la nostra penisola, da Piazza Fontana, fino ai fatti di Genova. Visti i precedenti “storici”, i casi noti e meno noti, sarebbe stato opportuno astenersi da qualsiasi versione ufficiale da dare subito alle agenzie di stampa, sarebbe stato meglio un più razionale e ponderato attendismo: c’era da sentire tutti i testimoni, visionare tutte le registrazioni, fare tutti i rilievi sul mezzo e sul luogo, in meno di mezza giornata sarebbe stato impossibile potere fare tutto ciò.
Un altro fattore di immediato impatto sull’opinione pubblica è stato diffondere un facile allarmismo. Se ad una versione ufficiale che chiudeva il caso come semplice incidente si fosse aggiunto un senso diffuso di paura – può darsi sarebbe prevalso il primitivo istinto di sopravvivenza – la manifestazione poteva andare deserta. Vedere una città privata delle sue vetrine, dei negozi del centro, è stato alquanto deprimente. Negativo per i negozianti che si sono visti decurtati dell’incasso di un giorno settimanale come il sabato, disastroso per l’immagine della città nel suo insieme, se teniamo conto che molti erano venuti da altre città, ed hanno visto solo fogli di carta coprire le vetrine e le insegne. Sarebbe stata bastevole la carta a proteggere i negozi da eventuali danneggiamenti? La città avrebbe mostrato con quei fogli appiccicati con lo scotch il suo aspetto più “accogliente”?
Terza osservazione, l’assenza di qualsiasi altra sigla sindacale che non fosse quella dei Sindacati di base. Porre all’attenzione dell’opinione pubblica un fatto delittuoso che si è verificato su un posto di lavoro, credo vada al di là di qualsiasi sigla sindacale, ed avrei visto come inalienabile la presenza di chi crede di rappresentare i lavoratori. La presenza di altre sigle sindacali sarebbe dovuta esserci: è necessario condividere, a qualsiasi costo, ciò in cui si crede, correndo il rischio anche di venire contestati, se ci si crede davvero.
Altra constatazione, l’assenza di qualsiasi rappresentanza delle istituzioni, a qualsiasi livello. L’istituzione più vicina ai cittadini dovrebbe essere il Comune. L’Ente locale sarebbe dovuto esserci per due motivi: il fatto è avvenuto nel proprio territorio ed in un ambito, quello della logistica, fortemente voluto dalla politica municipale. Quello che comunque risaltava all’occhio del cittadino comune non era l’assenza tout-court di rappresentanti ma l’ immagine che dava di sé l’istituzione comunale: asserragliata nella sala consiliare. Tutti conosciamo la bella architettura di palazzo dei mercanti, quel giorno appariva ancora più maestoso, perché imbandierato, ma spettrale nello stesso tempo, perché il portone principale era presidiato, come sigillato, da una camionetta e da poliziotti in assetto antisommossa. No! Il Comune doveva rimanere aperto, è il presidio che rappresenta tutti i cittadini, tutti i piacentini, comunitari o extracomunitari, che a qualsiasi titolo risiedono e lavorano in questa città, e non dimentichiamo che si manifestava perché un operaio di questa città, in questa città, era morto! Di contro, se le porte del Comune erano sbarrate dai poliziotti, ricordo che al passaggio del corteo in Piazza Duomo, le porte della Cattedrale sono rimaste aperte.
Dicevo all’ inizio: ci sarebbe da scindere la storia di questo episodio “stricto sensu” con la rappresentazione simbolica dello stesso. Ed allora quale il valore simbolico di questo episodio? Credo siamo lontani oramai dal latino “Festina lente” (affrettati lentamente: pensa velocemente senza soccombere al ritmo della velocità quotidiana ) e sia rimasto solo il senso della velocità. Credo che l’operaio ucciso sia una vittima, come lo sono i tanti autotrasportatori che devono essere “veloci”: gli uni e gli altri ,vittime sacrificali della cultura dell’efficientismo e del profitto. Se oltre ad Elsalam, in questi giorni si è continuato a morire sul lavoro, c’è qualcosa che non va nel mondo del lavoro, in particolare nelle leggi sul lavoro che tolgono continuamente salvaguardie, espongono i lavoratori a turni sempre più estenuanti ed a continui ricatti. Ecco per tutto questo io c’ero e, c’ero anche per qualche altra organizzazione che ci sarebbe dovuta essere, quale rappresentante delle vittime, del e sul lavoro, che purtroppo presente in tante altre occasioni, era quel giorno assente.
Carmelo Sciascia

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.