“Le terre del Sacramento”, racconto di Francesco Jovine, Donzelli editore

Un tuffo negli anni venti, terre del Sud. Le terre del Sacramento, terra dura, piena di sassi, feudo incolto già nelle mani della Chiesa, espropriato dallo Stato ai tempi dell’Unità, finito nelle mani di un proprietario, Enrico, signorotto con simpatie socialiste che pensa più alla frequentazione della Casa del Popolo in vista di una possibile candidatura alle elezioni che non a curarsi delle sorti della terra e dei contadini. Dovrà arrivare Laura, giovane avvolta in molti misteri, che non solo lo sposa ma prende le redini della gestione, stringe un’alleanza con Luca, figlio di contadini e quindi dagli stessi ascoltato, con la promessa di dar loro quelle terre a patto di lavorarle, renderle produttive. All’orizzonte le prime camice nere che invocano la rivoluzione contro tutto e contro tutti pur di menar le mani a suon di manganelli. Così nelle grandi città, così a Napoli, ma lentamente la violenza s’affaccia anche nei paesi e per chi lavora sognando di sostituirsi nella proprietà al clero, ai nobili, non son tempi facili. Con i Carabinieri che sembrano non vedere chi di nero vestito si macchia di sangue e la monarchia che non ferma chi marcia su Roma. Così tra zappe e manganelli, capita l’antifona, nasce una nuova classe sociale, la borghesia che sa ben giostrare utilizzando i capitali in arrivo dalle banche e dalla finanza riuscendo alla fine, senza colpo ferire, a prevalere, anche con qualche sotterfugio e senza badare alle parole date, sugli altri protagonisti della storia del BelPaese. Ed è questo, il libro di Jovine, ultimo romanzo del giornalista uscito postumo nel 1950 e subito insignito del Premio Viareggio: uno spaccato di una realtà sociale in movimento, il preludio all’Italia che sarebbe venuta e che ben conosciamo nei suoi attuali equilibri sociali.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.