“Ma le scorie radioattive dove le metto, non si sa. A Caorso non c’è posto, non c’è posto per carità”

Ai primi di maggio ho partecipato alla visita promossa da Sogin alla Centrale nucleare di Caorso destinata, come veniva annunciato, a diventare un ‘green field‘, ovvero ad essere smantellata e sostituita da un ecologico ‘prato verde’ entro il 2030. Niente altro che pie illusioni, secondo un articolo pubblicato dal quotidiano Libertà lo scorso 30 ottobre.

Premessa per il decommissioning (smantellamento e bonifica), infatti, sarebbe la realizzazione del Deposito Unico Nazionale che possa accogliere le scorie radioattive di Caorso e delle altre centrali nucleari italiane in dismissione (si parla di rifiuti di bassa e media radioattività da conservare per un periodo di almeno 300 anni e di rifiuti al alta radioattività da conservare per 50 anni e successivamente da collocare in un deposito geologico da individuare attraverso accordi internazionali).

Purtroppo la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale è in attesa di pubblicazione dal 2015 e non abbiamo traccia di un governo che abbia il coraggio della concreta individuazione del luogo dove avviarne la realizzazione (che comunque richiederà un periodo non inferiore ai 10 anni ovvero ipotizzando con ottimismo si parla del 2027).

Problema non da poco considerato che attualmente Caorso ‘ospita’ 2.450 metri cubi di rifiuti radioattivi contenuti in 10mila fusti che stanno completamente esaurendo la disponibilità dei depositi presenti nell’area della Centrale. Buona parte di questi fusti (quelli contenenti resine dovute al ciclo di funzionamento dell’impianto) come annunciato nel 2016 dovevano partire verso la Slovacchia per il trattamento che li renda conferibili (all’inesistente) Deposito Nazionale peraltro ad un costo stratosferico. Purtroppo la società alla quale Sogin ha affidato l’incarico deve ancora costruire l’impianto pre-trattamento rifiuti per cui non solo la data del 2016 è diventata semplice favola ma non si può prevedere nessuna data.

Il risultato di tutto questo è che di decommissioning, ovvero di concreta attività di samntellamento e di percorso verso il ‘prato verde’ da concludere entro il 2030 non se ne può più parlare: l’intervento infatti produrrebbe rifiuti da collocare in luogo idoneo che non c’è e comunque i depositi esistenti a Caorso (che comunque andrebbero ristrutturati) non sono utilizzabili essendo completamente occupati dai 10mila fusti presenti.

Ma non basta: la giornalista (Paola Romanini), a confronto con Sandro Fabbri, fisico esperto di radioattività, ha evidenziato un altro aspetto fondamentale.

Le barre di uranio partite destinazione Francia e Inghilterra, nel 2025 dovrebbero ritornare e dove metterle se il Deposito Nazionale non esiste e i depositi caorsani sono saturi?

La centrale nucleare di Caorso

 

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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