“Le macchie della Grande Guerra”, una lettera al quotidiano Libertà di Guido Guasconi

Egregio direttore, mi riescono incomprensibili le parole del comandante il Secondo Reggimento Genio Pontieri, a proposito della partecipazione dei piacentini alla Grande guerra: “… con il loro sacrificio ci hanno donato la libertà” . Scusi comandante, intende dire che nel 1915 non eravamo liberi e che dopo il 1918 lo siamo diventati? In questi giorni è tutto un fiorire di eventi celebrativi per il centenario dell’“Inutile strage (Benedetto XV°)” . Non uno nel quale si dica perché la guerra la facemmo, chi la volle, come la popolazione la visse, cosa accadde al fronte. La guerra l’avremmo fatta “per liberare Trento e Trieste” (che l’Austria era disposta a regalarci purché ne rimanessimo fuori), soldati e popolo erano solidali insomma, essa fu “giusta” come tutte le guerre che si vincono. Nessuno dice che l’Italia aggredì le alleate Austria e Germania, che dopo la firma (segreta) del Patto di Londra appartenemmo per un mese a due schieramenti contrapposti, che nella sola Sicilia vagavano alla macchia non meno di 100.000 disertori (fonte: Ufficio storico dello Stato Maggiore Esercito); nessuno rammenta il migliaio di sentenze di morte pronunciate dalle corti marziali (750 delle quali eseguite), oltre a circa 2.000 soldati fucilati per decimazione e circa 5.000 sbandati fucilati sul campo nei giorni della rotta di Caporetto. Valga per tutti l’episodio accaduto il 3 novembre 1917 a Noventa di Piave, dove il generale Andrea Graziani fece fucilare seduta stante, dopo averlo bastonato, l’artigliere da montagna Alessandro Ruffini, reo di averlo salutato senza levarsi il sigaro di bocca (crf. l’”Avanti!” del 29 luglio 1919 e il volume “Fucilazioni di guerra” di Massimiliano Magli a pag. 40 – Nordpress 2007). Si noti che nella Seconda guerra, quella “fascista”, fucilazioni fra le truppe non ve ne saranno. Talvolta i soldati, quando venivano spinti fuori dalle trincee per andare all’assalto, belavano. Era l’estremo atto di protesta dei morituri, l’unico che veniva tollerato. Insomma: la guerra 1940-45 è considerata uno sbaglio e una tragedia: quella del 1915-’18 che fece il doppio dei morti, una cosa tutto sommato passabile. Eppure ci vorrebbe poco per porre rimedio alla mistificazione: basterebbe rendere obbligatoria, nelle scuole di ogni ordine e grado, la proiezione del film “Uomini contro” di Francesco Rosi e la lettura del libro “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu.”


Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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