L’avventura del proporsi scrittore: l’incontro con Cesarina, 43 anni dopo a Gragnano e … ancora soffia il vento

Giovedi 17 ottobre 2016, Biblioteca di Gragnano Trebbiense. Il pubblico partecipante alla serata di presentazione de “Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo”. In prima fila, Cesarina

L’avventura del proporsi scrittore spesso ti regala sorprese ed emozioni inattese. A Gragnano Trebbiense, giovedi scorso, 17 ottobre, nella sala della biblioteca comunale per la presentazione de “Il soffio del vento, da Chernobyl a Caorso trent’anni dopo”, una ventina di presenti per ascoltarmi e per ascoltare l’esperienza di Diana Medri, nata in Bielorussia a Kransopole (300 km da Chernobyl) nel 1989, adottata da una famiglia italiana dopo la morte dei genitori. Improvvisamente, subito dopo il classico quarto d’ora accademico, mentre Elisabetta Pallavicini presenta l’iniziativa, entra una ‘ragazza’. Cesarina. Eravamo compagni di classe, alle superiori, dalla terza fino al diploma. Classe mista, noi due seduti ai due lati opposti della classe, lei banchi di destra alla luce delle finestre, io banchi vicino all’ingresso, a sinistra (guardando dalla cattedra professorale). Erano in tanti i compagni e le compagne che, come mi dicevano, auspicavano un nostro rapporto, che “ci vedevano bene, insieme”. Ci pensavo, non era escluso senonché io avevo già una ragazza del cuore, Giuliana. Eppoi, dettaglio non trascurabile, chissà mai qual’era l’opinione di lei. Così, sia per l’una o per l’altra, se d’amor s’aveva da parlare, l’amore non è mai sbocciato, la simpatia non è mai diventata amore. Certo, qualche mese dopo la maturità Giuliana s’è involata verso altri rapporti, verso un’altra vita. Purtroppo Cesarina abitava in provincia, non abbiamo avuto occasione di nuovi incontri, messer il fato non ha pensato ad incontri occasionali che forse chissà. Sono passati quarant’anni prima di rivederla, assolutamente per caso, nei corridoi della asl dove lavoro. Abbiamo parlato di banalità. Del resto l’avevo scambiata per un’altra, lei m’ha chiesto se sapevo chi fosse ed io ho detto “ma certo, assolutamente sì” sia pur con un filo d’incertezza e infatti solo dopo averla salutata l’ho riconosciuta veramente. Da quel momento sono passati altri due anni. Forse tre. L’anno scorso Livia, altra compagna di classe non più rivista dai giorni dei banchi di scuola, è venuta a trovarmi nella dacia in riva al Trebbia a Ponte Barberino, poco prima della devastante alluvione che tutto ha distrutto. Con una buona crostata da mangiucchiare. Ricordando “quei vecchi tempi”. Le mie basette, il mio soprannome (‘Conte Oliver’), i molti kili e anni meno, gli scioperi, le lotte studentesche e naturalmente Cesarina. Qualche settimana dopo, capitando in un ristorante ad Agazzano (dove mi risultava abitasse all’epoca) ho chiesto informazioni per scoprire che si è sposata, “dovrebbe abitare a Gragnano dove lavora in banca”, mi han detto. Forse con due figli. Ed ora, a due anni di distanza, eccola entrare nella sala della biblioteca di Gragnano, strappandomi un sorriso, un’emozione, un “ma che sorpresa”. Non abbiamo avuto occasione di parlare se non velocemente alla fine della serata. Giusto il tempo di sapere che per lei (nonostante JenaFornero) è già subentrata la pensione, che fa parte del Gruppo di Lettura della biblioteca e che è intervenuta alla serata senza sapere che ne ero protagonista. Giusto il tempo di acquistare il libro, appunto di scambiare due chiacchiere mentre scrivevo una veloce dedica, poi altri sono subentrati, hanno chiesto il libro facendosi spazio, commentando, richiamando la mia attenzione pretendendo l’esclusiva e Cesarina se n’è andata. Non senza peraltro aver scambiato due chiacchiere con Dalila, lettora dei miei brani e dama consorte da 33 anni annorum. Così, per chiarire che il passato, chiuso nel cassetto dei ricordi lontani, può solo sfiorare presente e futuro, non cambiarli. Lasciandomi comunque l’emozione del ricordo di quel tempo, il tempo delle mele, dei sogni di un futuro oggi tinto di passato. Un brillante futuro alle spalle, come ha già scritto qualcuna. Come dicevo dunque, l’emozione, le gradevoli sorprese regalate dall’avventura del proporsi scrittore, con la gratificazione che anche lei ha voluto copia de “Il soffio del vento“. Che forse (spero) leggeranno i suoi figli, come simbolo di uno sviluppo, di un progresso che rispetti l’ambiente e la qualità della vita. Sviluppo, per dirla in breve, “a misura d’uomo“.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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